Il cammino d’una squadra di calcio è legato a molti fattori,non solo strettamente sportivi. E’ storia di sempre, scritta nel tempo lungo delle classifiche, delle polemiche, delle reazioni del pubblico tifoso, oscillante tra entusiasmi e depressioni. Ma non sempre (qualcuno direbbe quasi mai) il popolo del foot ball si tiene saldo a questa riflessione. Da qui, gioie e frustrazioni,rabbie e sogni appassionati che frustrano o esaltano i tifosi, dal primo all’ultimo, sempre piuttosto lontani dalla calma dei filosofi e vicinissimi, invece, ai tormenti del giorno per giorno. A poche ore di distanza, rabbia e pessimismo scaturiti dalla sconfitta del Napoli a Roma si sono stemperati grazie alla vittoria meritata e gradevole di Marsiglia. Il tifo è passione vibrante, pulsione legata all’attimo fuggente. Uno stato d’animo ancor più pronunciato, se i portatori appartengono a realtà esistenziali e sociali che, nel proprio DNA collettivo, posseggano caratteri capaci di infiammare un senso di appartenenza forte e appassionato. Così accade per il Napoli. Entusiasmi spettacolari e gioiosi. Depressioni, quando la ruota non gira, da far sprofondare. È il doppio segno che offre grandi felicità e pesanti scontentezze. E che testimonia di generosità e sincerità, ma anche di possibili sofferenze. La partita di Champions, con la buona vittoria azzurra, ha premuto il primo di questi due tasti, subito dopo la depressione vissuta per la sconfitta all’Olimpico romano. Anni fa (nei lontani Cinquanta) mi capitò di assistere (avevo i pantaloni corti) a un dibattito stradale, in una piazza del Vomero. Da una parte Eraldo Monzeglio, allenatore del Napoli di Amadei, Casari, Krieziu. Dall’altra, un gruppo di tifosi che chiedevano, con toni ironici, se in quell’anno sarebbe arrivato lo scudetto. Monzeglio non entrò nel merito, introdusse un tema di psicologia. «Voi tifosi – disse – un giorno state su, un giorno vi buttate giù. Un giorno parlate di scudetto, un altro vi disperate. Ci vuole più equilibrio e soffrirete di meno…». Quel Napoli non andava oltre discreti piazzamenti intorno al sesto posto, affidando a vittorie di prestigio il senso ultimo del proprio campionato. È trascorso molto tempo dall’epoca di Monzeglio. Oggi c’è in campo un Napoli assai diverso, in una realtà calcistica molto lontana da quella degli anni ’50. Il successo di Marsiglia ha rimesso l’accento sulle potenzialità degli azzurri, affidati a un tecnico di tutto rispetto come Benitez. È lungo il campionato, così come il torneo internazionale. E ogni partita – secondo un saggio modo di dire – fa storia a sé, per tanti motivi. Essenziali, naturalmente, sono l’organico, la preparazione, il talento degli atleti, le scelte dell’allenatore. Tutti fattori che appaiono ben coperti e sistemati. Negativa sarebbe, in questa fase, una pressione psicologica troppo forte sulla squadra. La leggerezza d’animo è un’arma in più, basta usarla. Mimmo Liguoro
Se noi tifosi imparassimo la lezione di Monzeglio sull’equilibrio
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