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Insigne prenda esempio da Del Piero fino in fondo

Se il suo idolo deve essere Alex Del Piero, allora tragga esempio da lui fino in fondo. Non solo nei tiri a giro dal vertice dell’area di rigore, ma anche nel momento di estrema difficoltà. Lorenzo Insigne sta diventando un caso: non segna, per lui solo due reti in Champions e zero in campionato in poco più di quattro mesi. Il Pinturicchio ha fatto di peggio: a secco (su azione) tra la quinta di campionato del ’98-’99 e la penultima del ’99-’00.
Certo, le situazioni sono molto diverse. Il Pinturicchio nel ’98 aveva 24 anni, aveva già segnato un’ottantina di gol da professionista ed era da due anni nella nazionale maggiore. E poi si era fatto tra il novembre e del ’98 e l’estate del ’99 otto mesi in infermeria per un infortunio al ginocchio. Lorenzinho ha due anni di meno, di fatto è poco più di un esordiente e questa è la prima stagione che si confronta con la responsabilità del posto da titolare nel Napoli.
Se le vicende dei due, modello e aspirante numero 10, hanno però una cosa in comune, è il lato nervoso e mentale della loro crisi del gol. Del Piero per le prime 33 giornate del ’99-’00 non andò mai a rete su azione. Si sbloccò alla penultima, al Delle Alpi contro il Parma. Prima aveva marcato otto volte il cartellino, ma sempre su calcio piazzato. Alex di quella Juve (che perse lo scudetto all’ultima sul pantano di Perugia) era il capitano e il più presente (34 presenze su 34). Ma visse un anno da impotente del gol: 2873 minuti complessivi in campo con la media di una marcatura ogni 4 partite circa, nulla per uno abituato a segnare gola grappoli. Una roba così nervosa che con ogni probabilità rovinò qui i rapporti con la sua spalla in attacco, il famelico Pippi Inzaghi che sotto porta non gli lasciava neanche le briciole.
Be’, Insigne non viene da un infortunio e non ha neanche il contentino di essere il rigorista della squadra. Ma nella sua crisi sui diversi elementi oggettivi (l’uso prevalente del piede destro, l’ostinazione in certe giocate, la scarsa presenza fisica) grava l’unico fattore soggettivo: quello mentale. S’è azzeccato, come direbbero i giovini d’oggi. E’ presente nel gioco, ha la fiducia di Benitez e può comunque vantare di aver mandato sei volte i compagni di squadra a rete con altrettanti assist. Ma non viene il gol, e il tiraccio di domenica nel secondo tempo contro la Samp è la miglior fotografia della sua tensione psicologica.
Allora, mentre parte del pubblico rumoreggia, molti corrono ad affibbiargli l’etichetta di promessa inesplosa, altrettanti gli augurano di rigenerarsi in panca o in altri lidi, Lorenzo guardi al suo idolo, Del Piero. Che pure nella peggiore stagione della sua carriera non si è mai arreso, ha stretto i denti e continuato a giocare. Fino all’inzuccata liberatoria contro il Parma. Era il 7 maggio 2000: il Pinturicchio ha giocato altri 12 (quasi) ininterrottamente in serie A, buttandola dentro una cosa come 200 volte.
Roberto Procaccini

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