Ogni volta che il calendario annuncia la vicinanza d’una sfida col Bologna, un flusso di immagini lontane si presenta agli occhi della memoria. Un riflesso proustiano o forse solo molecole cerebrali superstiti di quel pomeriggio vomerese, perduto nel tempo ma non nella memoria: correva l’anno 1955 e il Napoli aveva di fronte, in un giorno autunnale, il Bologna di Pivatelli, Bonafin, Greco, Cappello. Una squadra di buon livello, destinata a un quinto posto finale. Lo scudetto andò alla Fiorentina, mentre gli azzurri, in altalena di risultati, si abbandonarono infine al 14esimo scalino della classifica. Ma quella domenica novembrina s’era aperta, sul campo, con ottimi auspici. Due gol di Vinicio e uno dell’ala Vitali resero frizzante l’umore dei tifosi. Applausi, cori, ironie sugli avversari. Il nazionale Cappello, noto per la sua bravura (e per il suo naso molto pronunciato) non sfuggiva alle ironie a gola spiegata. “Ti e’ rimasto solo il nome”, gridò un tifoso. E un altro aggiunse subito: “‘O nomme e pure ‘o naso…”. Ma il destino fatale era in agguato. I rossoblu segnarono due gol al portiere di riserva Fontanesi, sostituto di Bugatti. E allo scadere del tempo, l’arbitro Maurelli fischiò un rigore per il Bologna – molto dubbio – che Pivatelli trasformò nel gol del pareggio, rimonta in extremis. Un attimo di sgomento generale, poi la delusione si trasformò in rabbia. Le reti di recinzione del campo presero a scuotersi, spinte da migliaia di mani, fino ad abbattersi. Fuga dei giocatori e dell’arbitro, bersaglio di fischi, esclamazioni rabbiose e oggetti lanciati in campo. Si schierarono i poliziotti ma l’invasione ci fu, in un clima di guerriglia, con i tifosi più agitati colpiti dai manganelli. Tra loro, “‘o barbiere ‘e Pusilleco”, la cui fronte sanguinante apparve in prima pagina sulla stampa del giorno dopo. Fece scalpore in tutta Italia quell’invasione, cui furono dedicate cronache e analisi non solo calcistiche ma anche socio-economiche e politiche. Quando finalmente uscii dallo stadio, con la voce rauca e la fronte madida (ma mi ero limitato a urlare…) mi diressi verso una gelateria per un conforto fresco e dissetante. Entrai e mi avvicinai alla cassa. La signora addetta mi guardò con occhi sbarrati e poi, con fare materno, mi disse: “Giuvino’, iatevenne ‘a casa vosta…”. Mimmo Liguoro
Si avvicina il Bologna e mi ricordo la testa insanguinata d’o barbiere ‘e Pusilleco
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