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Che cosa serve al Napoli e a Napoli per diventare una grande squadra

Ieri sera, guardando il Napoli ancora in lotta per il secondo posto e quindi nei primissimi posti per il secondo anno consecutivo, ho pensato a quale debba essere il sogno di ogni tifoso napoletano.
Uno scudetto? Una Coppa? O forse battere la Juve tra due settimane?
Il mio sogno di tifoso del Napoli è quello che la mia squadra del cuore diventi finalmente una vera “grande”.
Ma cosa vuol dire essere una “grande”?
Una “grande” è una squadra capace di essere per anni stabilmente ai primi posti in Italia, una che vince tante partite durante l’anno. Una che non fa differenze se si gioca in casa o in trasferta.
Una che il pubblico di altre città va allo stadio “perché oggi da noi arriva il Napoli”.
Una che già solo il nome incuta timore reverenziale e che gli avversari rispettino, se non altro per paura di perdere. E che in Europa giochi per vincere. E che prima o poi finisce per vincere qualcosa di grosso con una certa costanza.
Cosa occorre al Napoli per essere considerata una “grande”, almeno in Italia, come Juventus, Inter, Milan (a parte il numero di scudetti che però da solo non fa il blasone, vedi Genoa o Bologna)?
A mio giudizio i fattori principali sono:

Una società capace di convincere i migliori allenatori disponibili a venire a Napoli e costruire un progetto duraturo.

Una società che sia appetibile per i migliori calciatori. E che riesca a convincerli che giocare a Napoli equivale a giocare a Madrid, a Parigi, a Londra, a Roma, Torino o Milano. Con le adeguate contropartite economiche se necessario.

Una squadra che non faccia valere più la “legge del San Paolo”, ma che cerchi la vittoria ovunque, allo stesso modo, in casa o fuori casa, in Italia o all’estero.

Una città rispettata dalla stampa e dalla TV nazionale. Il che vorrebbe dire non essere più un fenomeno di costume nel quale le vittorie calcistiche si trasformano sempre in servizi giornalistici di colore con interviste folcloristiche ai soliti noti nei soliti posti. Ed allo stesso tempo una città che accolga festosamente le vittorie, ma che riesca in futuro ad abituarsi tanto ai successi da riuscire a festeggiarli come a Madrid, a Torino o a Milano.

Una tifoseria che non viva mai più un campionato con il solo obiettivo di battere la Juve, il Milan, l’Inter o la Roma di turno, ma che ritenga ogni partita uguale all’altra e pertanto da vincere. Un campionato è positivo quando finisci ai primissimi posti, indipendentemente da chi batti. La soddisfazione per una stagione non ai primissimi posti, ma allo stesso illuminata da qualche vittoria contro le “grandi”, resta nella storia delle squadre provinciali, non in quella delle “grandi” squadre.

Una tifoseria che smetta di vivere solo di memorie passate, ricordando alcune vittorie come mitologiche. Ciò purtroppo è finora accaduto soprattutto per la rarità di questi eventi. Tanto da dedicarci dei libri. Se ci pensate bene quando ci stavamo avviando a diventare stabilmente una grande neanche le vittorie in casa della Juve diventavano così mitiche. Basti ricordare come è stato mitizzato l’1-3 del 1986 e come nel libro dei ricordi sembri un po’ più sbiadito il 3-5 di appena due anni dopo.

Una stampa cittadina che segua e commenti in maniera critica le prestazioni della squadra e la gestione della società, ricordando sempre che il suo compito è quello di raccontare e di criticare se è il caso, non quello di cercare di influire sulle decisioni tecniche e societarie. Anche perché in fondo il Napoli, pur appartenendo al cuore dei tifosi, resta una società privata.

Una società, una squadra ed una tifoseria che dimentichino che in campo c’è un arbitro. Cominciando a pensare che quel signore c’è solo per far rispettare le regole del gioco e non per danneggiare o favorire una delle due compagini in campo. E che quindi mai e poi mai potrà influire sulla stagione, ricordando che una grande squadra riesce sempre a fare meglio di eventuali decisioni sfavorevoli e riuscire a vincere ugualmente.

Lascio stare per ora altri fattori tipo stadio di proprietà, marketing, ecc. A mio avviso sono fattori decisivi, quando si è già una “grande”, per continuare a competere stabilmente con le “grandissime”. Ritengo che per diventare una “grande” essi non siano indispensabili come gli altri fattori in alto.
Quante delle cose che ho elencato sono già oggi a Napoli?
Qualcosa c’è, qualcosa è sulla buona strada, qualcosa è di là da venire.
Spero solo di non aspettare troppi anni prima di vedere il mio Napoli considerato finalmente da tutti come una “grande”.
Roberto Liberale

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