I tifosi del Torino sono simpatici. Ma andiamo con ordine.
Alle due sono a tavola a Sabbioneta, con amici. Sabbioneta è una fortezza gonzaghiana, un paese fatto di regge e di ville, fuori dal mondo, delimitato da mura e stagni con le anatre, a pochi chilometri da Mantova, sul confine con l’Emilia. Sto assaggiando una mostarda di mela sul parmigiano reggiano e gli gnocchi fritti avvolti nel prosciutto cotto. Il colesterolo fa festa, ma godo. Qualcuno mi dice che per le sei potremmo essere a Torino. A Torino? Metti in moto, va.
Fa un caldo estivo, il sole cuoce, non si può correre, c’è il tutor e ci sono centinaia di camion. Ma a Torino si arriva in tempo. solo che Sky ha pensato bene di mettere alle sette una partita che si gioca in una zona di città che alle sei è rallentata di traffico lavorativo. Chi mi ha portato fin qui ha un problema, non può venire allo stadio con me. Resto davanti alle biglietterie, in mezzo ai torinisti.
Max Gallo una volta ha detto che non sono tipo da trasferta. Ha ragionissima. Mi sento solo, mi scoraggio, me ne vado. vivo già da solo, non ci voglio andare da solo alla partita, in mezzo a ventimila di loro. Ma la partita voglio vederla. E in corso Vittorio Emanuele c’è il pub giusto, lo so perché un po’ conosco Torino. Entro. Mi piazzo a un metro dal maxischermo, ordino un’aranciata (sono astemio, lo sapete) e a seguire un’insalata. Fa tutto schifo, ma potrei anche mangiare fiele quando gioca il Napoli, non me ne accorgerei.
Siamo una decina, cinque torinisti. Altri tre o quattro ragazzi dietro di me, che ordinano con accento piemontese le loro birre. Come ho detto fa caldo, sul lato strada il pub è aperto e quando da un auto che passa urlano “Alè Juve”, parte un “merde” così fulmineo che mi congratulo con l’autore. Uno dei torinisti. I ragazzi con l’accento piemontese alle mie spalle stanno dicendo “o’ Napule sarrà cazzo e perdere? sperammo che no”. Parlavano piemontese.
La partita è il tormento che sapete e io sto zitto, ho ordinato un’acqua minerale in bottiglia vetro, mi contorco sulla sedia. Mi contorco tanto che al tiro di Mertens più bello la sedia deborda dalle pedana, cado, mi faccio male. “Capo, ve site male?” chiede uno dei ragazzi. Con accento piemontese. I torinisti prendono garbatamente per il culo. Ma ci sta. E devo starci io. Alle loro occasioni sprecate vorrebbero ammazzare i loro. Sono come noi, non si sentono superiori, sono autodistruttivi.
Ultimo minuto, succede quello che succede. Il mio aplomb segreto di Pulcinella cede. Mi alzo, urlo e salto agitando la bottiglietta di vetro che stavo tormentando. Uno dei ragazzi mi dà il 5 che provo a restituire. Manco per tre volte la mano del ragazzo, che ride senza vergogna. “o’ zio s’è mbriacato”. Un tifoso del Toro mi urla:” è una partita rubata, lo sa?” Mi giro e gli dico “sí, siamo un popolo di ladri, rubare ci piace”. Esagero e agito, senza intenzione, la bottiglia. La cameriera, dolcemente, me la toglie di mano. I torinisti mi guardano esterrefatti. Non pensavano neanche lontanamente alla rissa. Perdono e sono un po’ incazzati. Ma finisce tutto qui. In fuori gioco sono andato io.
Poi qualcuno mi ha messo in auto. Mi ha portato in una casa. Conosciuta, tranquilli. Ma non dormo. Sono le undici. E se l’Udinese non fosse una la squadra loffia che è, sarebbe una notte di delirio. Ma anche così va bene.
Vittorio Zambardino