Certe volte il presidente del Napoli va, come si dice da queste parti, “a vento”. Nelle ultime 48 ore due dichiarazioni fra mille – anche i tempi di questa bipolarità che vede silenzi di mesi alternati ad alluvioni di parole andrebbe indagata, ma non ci intendiamo di mente umana – hanno colpito l’ambiente come due schiaffi. La prima su Cannavaro. La seconda sulla “pazziella” in mano ai bambini, con annessa minaccia di andarsene a fare l’imprenditore di pallone in Inghilterra, lasciarndo a noi la serie C ,che è dove lui ci ha preso. Insomma due offese: siete un popolo di venduti e non meritate la mia presenza.
Volendo mettersi sullo stesso piano si potrebbe essere molto sgradevoli, visto che la minaccia di mollare tutto non ha fondamento economico ed è solo una bullata borgatara (in senso romano), fatta con modalità borgatare. Piuttosto il presidente, volendosi liberare del peso Napoli, cercherà, come forse ha già cercato, acquirenti in qualche parte del mondo, e in questo senso il nome Napoli potrebbe tornargli utile. Ma cerchiamo di non perdere il focus del ragionamento.
Su Cannavaro: “Ho preferito cedere Cannavaro che si trovava meglio nella difesa a tre. Paolo è un signore. Per quello che ha fatto. È stato attaccatissimo alla maglia fino all’ultimo. Un vero signore. Poco napoletano da questo punto di vista”.
Ora, tralasciamo il video “rubato” in cui al capitano del Napoli il presidente dà dello “stronzo”, che non è proprio un elogio (e quindi, coerenza mia, saltami addosso). Il botto viene quando si dice che Cannavaro sarebbe stato “poco napoletano” perché attaccato alla maglia fino all’ultimo. Cioè, i napoletani sono banderuole che si comprano con due soldi?
Pare quasi liturgia ipocrita ripetere che tutti riconosciamo a De Laurentiis di aver costruito quello che ha costruito, glielo ripetiamo anche oggi che non è giornata di porgere l’altra guancia. E concediamo all’imprenditore romano, abituato all’alta qualità del suo prodotto cinematografico, un moto di fastidio per l’obbligo di aver a che fare con la disastrosa classe dirigente di qui. Ha ragione, presidente. Sono una manica di inconcludenti. Tutto vero.
Ma qui qualcuno deve recuperare un minimo di rispetto per i suoi clienti. Rispetto commerciale, educazione minima nei rapporti sociali. Diciamo: civiltà. Quello che qualsiasi macellaio o barbiere garantisce da secoli a chi gli dà da vivere.
Presidente, ma si rende conto? Lei non perde occasione per ripetere a questa città che Aurelio de Laurentiis con Napoli non c’entra niente e che ne ha le scatole piene. Noi l’abbiamo difesa più volte dagli insulti più beceri. Anche se lei pratica un modello di gestione, quello famigliare, molto attento agli utili personali ma un po’ antiquato. Ad una analisi economico-finanziaria, la società appare ben lontana dall’avere quella struttura industriale e patrimoniale che fanno grandi i club che sono grandi – e creda, non è solo questione di stadio, di negozi e magliette vendute. E’ questione di docce calde per i giocatori e di un corretto rapporto con la città.
Lei invece non capisce “l’antropologia” dell’oggetto che ha in mano. Lei, caro presidente, fa i suoi utili su una materia che ha la consistenza delle ali di una farfalla e la fragilità del sogno. Lei ha in mano i sentimenti di una città. E non guardi sempre dalla parte della Juventus, quella è un’industria a dimensione nazionale che ha “clienti”, anche da offrire a Sky, sparsi in tutta Italia. Il Napoli è dei napoletani, il Napoli vive dove noi siamo. Lei ha in mano la cassa. Noi ci mettiamo il cuore. E i soldi.
E allora si renda conto che Lei deve a noi, “stakeholder” morali del Napoli, un rispetto commerciale e morale, cioè civico, politico. Il rispetto che perfino uno Zamparini tributa a una città che non gli appartiene. Noi lo esigiamo, mentre sopportiamo prezzi esosi e servizi inefficienti. Ma almeno il rispetto morale, ce lo vuol dare? Ha fatto tutto lei nella grandezza del Napoli? Ne è sicuro? Allora faccia un test: vada in Cina, dica “Napoli” e poi dica “Leeds” e misuri le rispettive reazioni. Poi sul volo di ritorno, studi un po’ l’educazione. Ne ha bisogno come dell’aria.
Vittorio Zambardino