Se rap deve essere, allora sia. Stavolta non per l’inno della squadra, stavolta per l’inno di Mameli. Se il rap è il registro della rabbia, proviamo anche col rap. Proviamo a dire che fratelli d’Italia vorremmo sentirci ogni giorno, non soltanto quando ci chiedono di essere politicamente corretti, una sera, prima di una partita di calcio. Fratelli d’Italia, in uno stadio, vorremmo sentirci ogni domenica, anziché raccogliere l’augurio di essere arsi vivi dal nostro meraviglioso vulcano. Fratelli d’Italia, fuori dallo stadio, non c’è neppure bisogno che io lo dica, e soprattutto non lo deve dire un ciuccio. Se deve essere rap, allora sia. Il mio inno sabato lo canto così
Coltelli d’Italia / l’Italia mo’ è questa
Vi-facciamo schifo / dai piedi alla testa
La solita storia / noi piccoli e in coma
L’alcova di Roma / l’Italia creò
Brandelli d’Italia / l’Italia ci appesta
Dal mio municipio / salì la protesta
Dov’è la memoria / del mio cromosoma
Il sangue per Roma / il Vesuvio donò
Il sud è consorte
Non è cassaforte
Chiudeste le porte
E l’Italia sfumò
Il sud è consorte
Non è solo morte
Non è solo morte
L’Italia ci amò
Il Ciuccio