Lasciate in pace i bambini. Non siete voi, calcio italiano e in questo caso Società sportiva Calcio Napoli, i più qualificati a dare “messaggi” educativi. Come non lo era la Juventus, quando invitò centinaia di ragazzini delle scuole torinesi a curva squalificata e quelli si misero a urlare “merdaaa” ad ogni rinvio del portiere avversario, proprio come i loro adulti e procurando al club un supplemento di multa per bambini maleducati, suppongo.
E lasciate stare i disabili. Perché non c’è niente di peggio che essere piccolamente, miseramente privilegiati in quanto appartenenti ad una categoria. Si chiama ghetto. Si chiama discriminazione al contrario. Si chiama pelo sullo stomaco. Si chiama usare le persone. E che sia già successo qui e là, e che noi non si sia i primi a farlo, non rende meno brutto e sgradevole il nostro gesto.
No, non tiratelo fuori il video di George Samaras, che in piena festa scudetto dei Celtic di Glasgow prende un bambino affetto da sindrome di down dalle braccia del padre e lo porta in giro per lo stadio fra le sue di braccia. Quello è un gesto di “normalità”, significa tu sei insieme a noi nel momento della gioia. È un gesto che spiana il pregiudizio e integra quella persona nella vita di tutti i giorni attraverso un risarcimento manifesto del ppregiudizio. Quello è un “messaggio”.
E voi invece?
Lasciate stare i bambini perché i bambini sono piccoli ma capiscono tutto. E sentirebbero e se lo porterebbero dietro questo gesto di elemosina politica: scusate, piccolini, abbiamo lo stadio squalificato, che non ci verreste a fare un po’ di claque, a occuparci un po’ di posti, sapete non vogliamo fare la figura di essere proprio nella merda?
Lasciate stare i bambini. E se proprio volete dar prova che siamo cambiati tutti, che siamo diventati “normali” la strada è quella di George Samaras. La “normalità” per tutti, che è l’opposto che enfatizzare la diversità. Qui il video.
La normalità per i bambini sarebbe sapere di poter andare allo stadio con papà o con gli amichetti quando lo stadio è pieno. La normalità per il disabile è trovare uno stadio decente, attrezzato, che permette di accedere senza rischi e senza problemi ad un proprio diritto. Signori, la differenza fra le concessioni di un sovrano imbarazzato e il diritto dell’individuo è cosa che nella storia di Napoli ha radici antiche e malate. Il problema esiste. Pensateci.
Ma nel frattempo, mentre pensate, lasciate stare i bambini. Perché bambino potrebbe essere anche – non so se ne abbia – il figlio di Gennaro De Tommaso. Se si presentasse cosa fareste? Lui non lo invitate? I bambini non sono tutti uguali? Lasciate stare e lavorate per un calcio sicuro, svelenito, fatto per tutti e non solo per violenti o privilegiati. Diciamo che si tratta di “diritto al calcio per tutti”: belli, brutti, alti e corti, figli del re e figli di chi non si sa. Altrimenti, se insistete, incarnerete una grande figura retorica della lingua napoletana: “O’ scrupolo do ricuttaro”. Chiedere agli esperti o a Google di cosa si tratta.
Vittorio Zambardino