
Oggi a Dimaro è stato il giorno di Marek Hamsik. È stato lui a presentarsi in conferenza stampa. Lo slovacco, acquistato dal Brescia da Pier Paolo Marino, è all’ottava stagione nel Napoli. Quella di crisi, non a caso, è stata la settima. La stagione in cui è stato promosso capitano ha coinciso con l’annata in cui ha realizzato meno gol: appena sette. Pochi per un calciatore che ogni anno, tra Campionato, Coppa Italia e Coppe europee, è sempre andato in doppia cifra.
Marek Hamsik, da sempre croce e delizia dei tifosi, è la bandiera di questo Napoli. I numeri sono inequivocabili. Nella classifica di presenze di tutti i tempi con la maglia azzurra, Marek è quinto a quota 303, reduce dai festeggiamenti per aver tagliato il traguardo delle 300 maglie azzurre. E quest’anno potrebbe scavalcare Ciro Ferrara, quarto con 322. In testa, al momento irraggiungibile, c’è Bruscolotti con 511 partite. Marek ormai compare nella top ten di tutte le classifiche di fedeltà al Napoli. Non a caso, a lui Benitez affidò lo scorso anno la fascia di capitano.
Eppure è stato tra i giocatori che più hanno sofferto il passaggio da Mazzarri al tecnico madrileno. Complice anche l’infortunio al piede, il primo vero infortunio della sua carriera, Hamsik lo scorso anno è stato a lungo l’ombra di se stesso. E dire che era partito fortissimo, con la doppietta al Bologna e quella al Chievo. Bellissima la rete a Verona. Sembrava che il nuovo modulo gli calzasse a perfezione. Non era così.
Ha sofferto anche il nuovo ruolo, Marek. Ha sofferto quella fascia. Non ha vissuto bene la detronizzazione di Paolo Cannavaro. È parso uno dei più nostalgici del gruppo. Qualche mese fa, non a caso, venne ventilata – dai giornali, non da lui – la sua cessione. Non è stato così. Per tanti, non è un leader, non è un calciatore capace di prendere la squadra per mano nei momenti che contano. Purtroppo è sempre stato così. Anche Benitez ha provato a sollecitarlo in questo senso, in maniera fin troppo evidente. Eppure, in quella maledetta sera del 3 maggio, fu l’unico a metterci la faccia: criticato da tutti per quella chiacchierata sotto la curva Nord con Genny, lui ha incassato senza mai rispondere.
Oggi ha tenuto la consueta conferenza stampa. Non ha detto nulla di clamoroso, com’era prevedibile. Del resto che cosa doveva dire? Leggiamo titoloni sullo scudetto. Molto forzato, direbbe Dan Peterson. “Io vorrei vincerlo, come tutti, sarebbe fantastico per la città e per noi. Servirà una stagione perfetta, mia e di tutta la squadra altrimenti non ce la faremo. Ma siamo forti e puntiamo al massimo. Chi temo? La Juventus è sempre favorita, Roma e le milanesi che torneranno. Il campionato sarà competitivo”. Ordinaria amministrazione. Sulla leadership si è schermito come al solito: ”Per me tutta la squadra deve sentirsi leader, non sempre i singoli da soli riescono a fare la differenza. Tutta la squadra deve essere unita”
Semmai, la frase che più ci ha colpito è stata un’altra: “Abbiamo fatto tanti gol, il problema è prenderne meno, ma è tutta la squadra che deve essere più compatta e cattiva nel rimediare quando perdiamo palla”. Che fa il paio con la dichiarazione di Benitez dell’altro giorno sui gol subiti: 57 in 53 match, più di uno a partita, decisamente troppi. Anche Marek, come Rafa, ha usato la parola equilibrio, termine decisamente in voga nel Napoli di Benitez. Il salto di qualità passa di lì, da un maggiore equilibrio che può voler dire subire meno gol magari senza abbassare di troppo la soglia dei 104 gol fatti la scorsa stagione. E tanto dipenderà dall’equilibrio che raggiungeranno Napoli e Hamsik.
Massimiliano Gallo