I fischi di martedì sera a Lorenzo Insigne sono stati ingenerosi, neanche giustificati dalla prova opaca del giocatore. Il pubblico napoletano sa essere crudele come pochi. Pronto alle bocciature, facile alle antipatie “a pelle”, criticone oltre misura. Fischi sono andati all’intera squadra, sotto 0-1 contro il Bilbao alla fine del primo tempo, quando era invece necessario, per le difficoltà della gara, un sostegno appassionato e continuo almeno fino al termine del match.
Lorenzo Insigne ha replicato con gesti censurabili e non vogliamo neanche giustificarlo con i suoi 23 anni. In ogni caso, un professionista anche giovane deve avere sangue freddo e correttezza assoluta.
Qualcosa non quadra nella situazione di Lorenzinho. Si pretende molto da lui, avendo qualità, ma non gli si perdona nulla. E, forse, la sua posizione, in società e in squadra, avrebbe bisogno di chiarimenti e incoraggiamento. Insigne in difficoltà non può essere bersaglio di fischi perché il giocatore va recuperato e, se è vera la sbandierata generosità napoletana, va aiutato e sostenuto dagli spalti proprio nelle giornate buie.
Siamo al solito “nemo propheta in patria”, ma questo è vero sino a un certo punto. Quanto scetticismo, quanti fischi anche, quanta poca solidarietà dagli spalti ha avuto Antonio Juliano? Ma lui è stato più forte di tutto e di tutti. Un formidabile carattere lo ha aiutato a tirare dritto e a costruirsi una formidabile carriera con un misto ben miscelato di umiltà e orgoglio.
Ora è vero che se uno il carattere non ce l’ha non può darselo, ma anche questo vale sino a un certo punto. Un ragazzo il carattere deve costruirselo proprio nelle difficoltà, nella sopportazione dei momenti avversi, contro il giudizio secco e sbrigativo che lo colpisce.
Juliano, sempre ritenuto un “napoletano atipico” per le sue doti di serietà e impegno, superando ostacoli e giudizi facili, dovrebbe essere di esempio a tutti i ragazzi di Napoli che giocano nel Napoli. È pur vero che questo Napoli ha tagliato i ponti col passato e con la storia azzurra e, invece, avrebbe avuto e avrebbe bisogno dell’esperienza e della passione di quei giocatori napoletani che hanno fatto la storia del Napoli per impegno, generosità, carattere, valori tecnici e morali.
Molte società trattengono nelle loro strutture i campioni di casa per costruire il futuro del club avvalendosi della loro esperienza, della passione e della fedeltà ai colori sociali una volta che hanno smesso di giocare.
Antonio Juliano sarebbe potuto essere un eccellente maestro di vita per Lorenzo Insigne. Il Napoli non ha più nulla di napoletano. La globalizzazione ne ha fatto, non meno di altri club, una squadra internazionale. Un ragazzo napoletano a chi dovrebbe chiedere conforto, sostegno, insegnamento se non a un campione di casa che ne comprenderebbe, più di chiunque altro, i difetti e le difficoltà?
C’è un’altra situazione da non sottovalutare. I calciatori napoletani che si sono maggiormente affermati hanno goduto, in un calcio d’altri tempi, degli insegnamenti, dell’esempio e del sostegno di autentici campioni che giocavano nel Napoli. Juliano s’è affermato giocando con Altafini e Sivori. Ciro Ferrara nella squadra di Maradona. Ed è stato notevole il “peso” degli allenatori napoletani nel cuore, come Pesaola e Vinicio, che avevano un occhio di affettuoso riguardo per i ragazzi di casa. Il petisso li ha lanciati quasi tutti in prima squadra.
In un calcio oggi arido, in cui sono saltati i legami sentimentali, amichevoli e di affetto che una volta facevano di una squadra una famiglia (non escludendo pubblico e giornalisti), è facile sentirsi isolati, incompresi, giudicati sbrigativamente e perdersi.
Lorenzo Insigne deve reagire da giovane uomo. Ha famiglia e, quindi, conosce il peso delle responsabilità. Non deve farsi trascinare dall’emozione e soprattutto dal convincimento di essere sottovalutato e, peggio ancora, ostacolato. Benitez gli ha dato ampia fiducia e Lorenzo sta partendo titolare in tutte le partite.
Il carattere, che esclude il vittimismo e le sensazioni sbagliate, aiuta nella vita e nelle professioni, quindi anche nel calcio, ambiente oltretutto volubile e spesso condizionato dalla fortuna in cui bisogna essere molto forti. Giocatori napoletani che non hanno avuto lo straordinario carattere di Juliano, pur dotati di qualità tecnica innata forse superiore, sono rimasti a mezza strada. Come l’indimenticabile Nino Musella che sarebbe potuto diventare Rivera. Come molti altri giocatori del vivaio azzurro. Come Vincenzo Montefusco, che pure ha avuto una magnifica carriera, però troppo “dolce” di carattere per imporsi al livello di Juliano.
Spesso, tuttavia, il Napoli napoletano di una volta non ha avuto pazienza con i ragazzi di casa, a prescindere dalle valutazioni tecniche. Non ha avuto pazienza con Improta, per esempio. Con Abbondanza perché non aveva il fisico ma era pur sempre il “Sivorino”. Con Floro Flores, ceduto sbrigativamente.
Coraggio, Insigne. Incassa e tira dritto senza farti condizionare dai fischi e, nello stesso tempo, dall’affetto familiare che twitta sbrigativamente su Lorenzo: “Non lo meritate a Napoli”. Non è così che si aiuta Insigne. Sui suoi problemi tecnici e tattici c’è un maestro attento come Benitez che li risolve. Forse servirebbe qualche “carezza” dalla società che una volta aveva gli uomini (Ciccio Alfarano, Mirenghi, Tullio Conte, Sasà De Caro, Dino Celentano per citarne alcuni) che curavano i “rapporti umani” con i giocatori. Ma era un calcio romantico. Insigne vive e gioca in un mondo cambiato e in un calcio che ha perduto molti valori. Coraggio.
Mimmo Carratelli