Parata di “stelle” al San Paolo con i globe trotters di Parigi a chiusura delle amichevoli azzurre otto giorni prima dell’azzardo dei preliminari Champions con gli orgogliosi baschi di Bilbao.
E’ ancora passerella sul filo degli applausi e dell’emozione per i nostri due vecchi amici, il Matador e il Pocho, trasferitisi nella reggia araba di Nasser Al-Khelaifi, padrone assoluto del Paris Saint Germain che, col vertiginoso budget del Qatar di 480 milioni, spende e spande e da due anni vince il campionato francese. E lo vince sospinto soprattutto dai tentacoli da gol di Zlatan Ibrahimovic, serpente piumato di un metro e 95, lo svedesone che si accende dovunque vada.
Il Matador e il Pocho sono al suo servizio, ma stasera il ritorno al San Paolo, nello stadio e col tifo che li hanno lanciati verso le folies bergere parigine e gli alti stipendi dell’emirato mediorientale, li solleticherà a una gara di nostalgia per farsi rimpiangere un po’, anche se con i 92 milioni incassati dal loro prezioso trasferimento in Francia il Napoli ha rifatto la squadra trovando in Benitez la prestigiosa calamita per attrarre in azzurro nuovi campioni.
Al di là del folclore della nostalgia e degli applausi, il Napoli deve confermare un incoraggiante stato di forma perché i baschi sono dietro l’angolo. E’ andata bene contro il Barcellona-bis e pare che la difesa sia migliorata (scontata la partenza di Fernandez dopo lo slancio con cui Koulibaly ha conquistato un posto da titolare). Proprio le “stelle” di Parigi la metteranno a dura prova e sarà un collaudo interessante perché, nella partita che conterà fra otto giorni al San Paolo, il primo comandamento sarà non prendere gol contro il Bilbao per evitare che le chance azzurre di Champions finiscano, al “ritorno”, nel fuoco dell’inferno basco del San Mamés con cinquantamila diavoli scatenati sugli spalti.
Forse Higuain farà un’apparizione contro i francesi per entrare nel clima-partita mentre si prepara al meglio per la Champions. Più interessante è vedere a che punto sta il centrocampo azzurro che avrà avversari di livello non tanto in Thiago Motta ma in Verratti e Pastore. Test importante per saggiare le condizioni di Hamsik e Inler, il cui rilancio segnerà in meglio la seconda stagione di Benitez. Jorginho è là che non delude mai col suo giochino puntuale e geometrico. Ma sono gli altri due a dovere spingere sul pedale del gas per un Napoli più ambizioso e che voglia saltare l’ostacolo del preliminare Champions.
Non ci sono molti altri problemi se non la migliore condizione dei tre ragazzi sugli esterni, Callejon (in calo?), Insigne (più convinto) e Mertens (ancora con le scorie del Mondiale).
Vedremo Michu più in palla? Alla ricerca della posizione migliore, gli fanno ancora difetto la preparazione e l’ambientamento, non ancora inserito negli schemi e nello spirito della squadra, ma potrebbe essere, fra otto giorni, una pedina importante contro l’Athletic Bilbao, avendo fisico e tecnica per sfondare.
Oscurato dal tandem Cavani-Lavezzi, un altro ex è della partita, il dinoccolato Laurent Blanc, giunto ai 48 anni. Ventitre anni fa era dei nostri nel Napoli allenato da Ranieri. Arrivò dal Montpellier per 5,5 miliardi di lire, ma non attecchì nella mediana con Corradini e Alemao, e c’erano Careca e Zola. Segnò sei gol, aveva classe e portamento, il Napoli fu quarto, mica male, ma eravamo nel disorientamento della perdita del pibe. Niente ci stava bene.
Prima di tornare in Italia approdando all’Inter per due anni (1999-2001), l’elegante francese della Linguadoca, nel sud della Francia, vagò per cinque squadre. Non metteva radici da nessuna parte concludendo la carriera al Manchester United (2003). Strano individuo. Un passaggio anche rapido alla guida della nazionale transalpina. Di Blanc, forse un po’ snob, si ricorda un solo gesto folcloristico quando baciava, da giocatore, il cranio pelato del portiere Fabian Barthez come segno portafortuna, neanche originale. Maradona l’aveva già fatto con Salvatore Carmando, massaggiatore dalle mani d’acciaio e dal cuore d’oro.
Blanc è alla guida del Paris Saiint Germain da un anno, succeduto a Carlo Ancelotti. Ma è un’altra panchina “sofferta”, sempre sul punto di dimettersi, sempre insoddisfatto ed ora, per giunto, alle prese con i globe trotters di Parigi, tante “stelle”, tanti problemi in squadra, e chi comanda è Ibra, il sovrumano del gol.
Nota a margine. Devastati ventidue anni fa da George Weah, sedicesimi di Coppa Uefa, in un altro Paris Saint Germain, due gol del possente centravanti liberiano al San Paolo, poi approdato al Milan e al Chelsea. Ricordo di un Napoli con Giovani Galli, Ferrara, Francini, Crippa, Corradini, Pari, Mauro, Thern, Careca, Zola, Fonseca, l’ultimo acuto del presidente Ferlaino prima di cedere di schianto, dieci anni dopo.
Mimmo Carratelli