
Non c’è bisogno di interpellare Francesco Alberoni. Di quanto tempo abbiamo bisogno per innamorarci? La risposta la conosciamo già. Un secondo, o anche meno. Pepe Reina ha impiegato poco di più per entrare nel cuore dei tifosi del Napoli. Sarebbe stupido negarlo adesso che il portiere spagnolo è in viaggio per Monaco di Baviera per sottoporsi alle visite mediche. Giocherà in uno dei club più prestigiosi del mondo. Sarà la riserva di Neuer.
Sapevamo tutto. In fondo, era chiaro sin da gennaio. Da quando il Napoli acquistò Andujar dal Catania per dare concretezza al progetto avviato in estate: puntare su Rafael. Ma, come tutti gli innamorati, abbiamo fatto finta di non vedere. Non volevamo rassegnarci. Perché Pepe era entrato nei nostri cuori una sera d’estate. Prima di campionato: Napoli-Bologna. Fa il suo ingresso in campo e comincia un riscaldamento mai visto prima. Calcia. Reina calcia, soprattutto. Sempre più lontano e sempre più angolato. Poi si allena anche a parare, ma lo spettacolo è quel che riesce a fare con i piedi.
E poi in campo. Reina è una presenza. Si avverte. Si sente. È una sorta di Peruzzi. Meno esplosivo (e sì che Reina è esplosivo), con più visione di gioco e probabilmente più tempismo. Insomma, Reina sembrava coprire tutta la porta. In realtà non era così, ma poco importa. È la percezione quel che conta. E poi quegli assist, quella rapidità – unita a una precisione nei lanci non vedevamo da quel dì – a far ripartire l’azione. La capacità di bloccare il pallone, di “azzeccarlo” al corpo. Per non parlare di quei salti ai gol del Napoli. Di quella maniera di incitare i compagni. Diciamolo, Reina è un condottiero. Era il nostro leader. Quello di cui spesso avvertiamo la mancanza in campo.
Poi, per carità, i suoi errori li ha commessi. E chi non li commette. Era arrivato da Liverpool dopo una stagione disastrosa, al punto che i Reds di lui non volevano saperne più niente. Lo abbiamo avuto un anno a Napoli grazie a Benitez, altrimenti non sarebbe mai venuto. E lui ha risposto come meglio non avrebbe potuto, garantendo la caratteristica più importante per un portiere: la sicurezza. Con lui ci sentivamo sicuri. Il momento più elettrizzante è stato sicuramente il rigore parato a Balotelli a San Siro, il primo sbagliato in carriera da SuperMario. In quel momento Reina sembrava davvero invincibile. E infatti pochi giorni dopo incappò nella prima distrazione, in condominio con Paolo Cannavaro: il gol di Zaza del Sassuolo sotto la traversa. Anche con la Fiorentina, a Napoli, non fu esente da colpe nell’occasione dell’azione che portò al gol decisivo dei viola. Così come resta la papera di Bergamo.
Sappiamo come va il calcio. E quindi a un certo punto della stagione fu anche messo in discussione. Sia per le ottime prestazioni di Rafael, sia per qualche infortunio di troppo. Fesseria ’e cafè, diremmo a Napoli. La verità è che la sua partenza ci fa sentire qualcosa in petto, molto simile a quella sensazioni che provano gli innamorati. Non ce ne voglia Rafael, non è mancanza di fiducia nei suoi confronti. Ma il feeling è qualcosa che non ha tante spiegazioni logiche. Pepe se ne va al Bayern dopo appena un anno. Come Eraldo Pecci, altro giocatore di cui forse non ci innamorammo ma che stimammo tantissimo.
Uno come te non avremmo mai voluto perderlo. Uno come te serve come il pane in ogni squadra. E infatti vai a giocare al Bayern. Facendoci capire ancora una volta quale sia il nostro posto, quale sia il posto del calcio italiano. Per noi è un colpo. Poi passa, lo sappiamo. Almeno speriamo. Abbiamo sognato di averti ancora con noi. Ma ormai è andata. In bocca al lupo, Pepe, ci mancherai. E chissà, magari mancheremo anche noi a te.
Massimiliano Gallo