Il Napoli ha giocato la partita più importante con un uomo in meno. No, no parlo di Lorenzo Insigne. Parlo del San Paolo, uno di quegli stadi capaci di mettere pressione non agli avversari né all’arbitro, bensì alla squadra di casa. Chiariamo subito, gli azzurri non sono stati imbrigliati dagli spagnoli per colpa del pubblico. Ed è certamente vero che la squadra è arrivata incompleta al preliminare. E però. Se prima della gara la Curva A grida «meritiano di più» (più della Champions?!), se alla fine del primo tempo la squadra in svantaggio viene fischiata e poi l’unico napoletano in squadra si becca insulti irriferibili al momento della sostituzione, forse è anche giusto che tanti calciatori rifiutino Napoli per altri mondi dove, Benitez docet, uscire al preliminare non è una tragedia. Non muore nessuno, ricordiamocelo. Sta morendo invece l’anima del tifoso napoletano, che sta mutando geneticamente come la sua città. Ha ragione Zambardino, siamo un popolo che chiede senza dare. Vogliamo bus efficienti, ma non facciamo il biglietto, aliscafi puntuali, ma non paghiamo i bagagli, una pubblica amministrazione trasparente, ma siamo i primi a cercare scorciatoie. Vogliamo che si spendano milioni per la squadra, e ci abboniamo in cinquemila. Poi una sera d’agosto andiamo in 50 mila allo stadio per fischiare al primo passaggio sbagliato. Andateve su youtube, amici, riguardatevi il filmato della finale di Champions a Istanbul, Milan Liverpool. Fine primo tempo 3 0. Ascoltate i cori nell’intervallo, erano tutti per i Reds. Il risultato finale lo conoscete. Benitez lo ricorda benissimo.
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I tifosi del Napoli e quelli del Liverpool (sullo 0-3)
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