ilNapolista

In una squadra senza leader, l’unico che ha carattere è Gargano

In una squadra senza leader, l’unico che ha carattere è Gargano

Trentacinquesimo del primo tempo. In un capovolgimento di fronte, Hamsik fa una delle poche giocate pregevoli della sua serata: spostato sulla fascia sinistra, apre a memoria su quella opposta con una potente girata. La palla finisce a Gargano, che la controlla, la tocca un paio di volte mentre i compagni provano a dettargli i movimenti, si accentra e poi colpisce debolmente verso la porta del Palermo. Parte dello stadio lo fischia.

Dieci minuti dopo lo stesso Mota indovina la verticale per il 3-2 di Callejòn. Nei primi venti minuti della seconda frazione, quando il Napoli sembra gestire la partita ed esprime un buon gioco, libera con un filtrante Zapata al tiro in area. In questo frangente il San Paolo, in maniera piuttosto omogenea, applaude Gargano.

E’ in quest’arco temporale che si consuma la partita nella partita del giocatore uruguayano. Perché un segmento del pubblico partenopeo lo contesta apertamente. Il gruppo Ultras della Curva B è quello che esplicita in maniera più sfacciata l’ostilità. Nei loro pensieri, il Mota è secondo solo al presidente De Laurentiis. “Togliti la maglia” è il coro che gli dedicano. Ma sono in molti a nutrire diffidenza verso il mediano azzurro. Anche chi scrive, quando nel mese d’agosto si delineava il suo ritorno di forza nelle gerarchie di Benitez, non se ne diceva entusiasta.

Eppure Gargano, dai preliminari di Champions in poi, è spesso tra i migliori, se non il migliore, in campo. Volitivo, grintoso, a volte confusionario (ma se fosse stato un centrocampista senza difetti avrebbe interpretato una carriera diversa), sempre nel cuore dell’azione, in un Napoli più tecnico (per quanto depresso) rispetto all’ultimo in cui aveva militato dimostra una qualità di gioco che non gli ricordavamo.

Certo, ce ne vorrà di tempo prima che la sua battuta “Da bambino tifavo Inter, la sceglievo sempre alla PlayStation” sia dimenticata. E non c’è dubbio che il complesso di colpa, unito alla consapevolezza di dover riconquistare un posto nel cuore dei tifosi, sia la molla che lo spinge a dare tutto se stesso. Sarebbe bene, intanto, che i tifosi mettessero da parte (qui lo stiamo facendo) la propria acredine verso il giocatore, perché in attesa dell’esplosione di David Lopez o dell’acquisto di un top player sulla mediana, si può immaginare che Gargano sia destinato a giocare ancora molto.

Ecco, qui veniamo al punto. L’affermazione del Mota ci ricorda continuamente due cose. La prima: il cognato di Hamsik riempie un buco della rosa causato da una défaillance di mercato. Se la società avesse fatto la campagna estiva che ci si aspettava, fisiologicamente lo spazio per lui non ci sarebbe stato. Per questo il pubblico continua a percepirlo come un elemento allogeno.

La seconda: il carattere. Il Napoli è una squadra piena di giocatori “unfit to lead”, parafrasando il famoso titolo dell’Economist. Hamsik non è un leader, Higuain fino a un certo punto, Callejòn e Mertens tanto meno, Inler è un’eterna incompiuta, Insigne ha altri problemi ambientali, Raul Albiol non sembra intenzionato ad assumersi l’onere, Reina se n’è andato. In una squadra dall’umore sotto i tacchi e che ha problemi a reagire alle avversità, Gargano è l’unico che ha carattere. E’ nelle sue caratteristiche. Ha la “garra”, come definiscono gli uruguaiani la voglia di combattere e sacrificarsi. Per questo, poi, lo stesso pubblico del San Paolo non riesce a non applaudirlo: perché è uno dei pochi, al momento, che dà tutto quello che ha. Ed è la cosa più preziosa che può dare un giocatore.

Se Gargano riuscisse a trasmettere il proprio agonismo anche ai compagni di squadra, sarebbe il capitano in campo di cui abbiamo dannato bisogno. Ma un fatto è certo. Con un Napoli così sciatto e così cupo, non possiamo permetterci di snobbare l’ardore di Gargano.
Roberto Procaccini

ilnapolista © riproduzione riservata