Nei giorni in cui a Roma c’è il primo via libera, non ancora quello definitivo, del processo che porterà alla realizzazione dello Stadio della Roma, viene da interrogarsi sul perché una città metropolitana quale è Napoli non possa arrivare allo stesso traguardo.
Per capire meglio quali siano i meccanismi che portano alla realizzazione di uno stadio di proprietà per un club è sufficiente dare uno sguardo ad alcuni casi interessanti in Europa e in Italia.
Un esempio emblematico è quello dell’Arsenal, già proprietario di un impianto (lo storico Highbury), che nei primi anni Duemila decise di realizzare uno stadio nuovo e moderno più adatto alle esigenze di un club a dimensione aziendale come oggi si configurano le società sportive di alto livello.
Nacque così l’Emirates Stadium pagato dall’Arsenal attraverso un finanziamento bancario e con il contributo dello sponsor principale. L’investimento fu possibile perché all’inaugurazione del nuovo stadio, il club poté demolire il vecchio impianto e realizzare edifici residenziali che grazie anche all’elevato valore di mercato dell’area contribuirono a ripagare in parte l’investimento per il nuovo Emirates.
In Italia il caso più rappresentativo è quello dello Juventus Stadium, esempio di partnership e collaborazione tra settore privato e pubblico, che ha visto la demolizione del vecchio Stadio Delle Alpi (proprietà pubblica, realizzato ex novo per i Mondiali del 1990), l’acquisto della superficie per circa 20 milioni di euro e la costruzione del nuovo impianto inaugurato nel 2011 (costo di costruzione circa 105 milioni di euro). L’investimento è stato agevolato dalla realizzazione di un grande spazio commerciale, denominato Area 12, nei pressi dello stadio e prossimamente anche della riqualificazione dell’area della Continassa con la costruzione della nuova casa della Juventus, sede, uffici e centro sportivo, con albergo e foresteria.
A Udine invece si è operato in maniera differente, l’accordo ha previsto la concessione del diritto di superficie all’Udinese per 99 anni, mediante il pagamento di un canone annuale e la ristrutturazione dell’impianto che verrà demolito e ricostruito in gran parte. L’iter per giungere all’accordo definitivo ha richiesto molti anni di trattative tra la società sportiva e il comune friulano, fino al via libera definitivo dello scorso anno. I lavori sono infine iniziati a primavera 2014 con ultimazione prevista per la fine del 2015.
Nella città di Roma si è individuato un ulteriore modello di lavoro, si è scelto infatti di operare su un’area non urbanizzata, quella dell’ex ippodromo di Tor di Valle. L’investimento di quasi un miliardo di euro prevede la costruzione di uno stadio da circa 55 mila posti con annessi museo, ristoranti e negozi. La spesa per lo stadio è prevista in circa 270 milioni e per consentire una remunerazione dell’investimento il progetto prevede la costruzione di circa un milione di metri cubi ulteriori con destinazione commercio, uffici e alberghi.
Guardando poi a Napoli lo scenario si presenta più complesso, la prima opzione resta certamente la ristrutturazione dello Stadio San Paolo, che sarebbe senz’altro possibile ma solo attraverso una concessione di lungo periodo (ad esempio come quella di Udine) che preveda da parte del club l’impegno a ristrutturare e gestire in esclusiva l’impianto versando un canone annuale al Comune. Naturalmente per un club della dimensione del Napoli sarebbe fondamentale poter sfruttare quest’operazione al fine di massimizzare gli introiti realizzando anche spazi commerciali, uffici, etc per creare ulteriori fonti di ricavo. Tuttavia la Variante Occidentale del PRG di Napoli non contempla di fatto nell’area la realizzazione in quantità significativa di nuove cubature, di conseguenza sarebbe necessario in qualche modo adeguare il quadro normativo alle sopravvenute esigenze. Il che è certamente possibile, ma è storicamente tutt’altro che semplice a Napoli.
Qualora qualcuno avesse pensato invece di ubicare lo stadio a Bagnoli, è bene ricordare come anche lì sia molto complicata la situazione; esiste un Piano Urbanistico Attuativo che disegna quell’area in larga parte come Parco Urbano. Il fallimento di Bagnoli Futura e il possibile arrivo di un commissario governativo rendono poi di fatto impraticabile quest’ipotesi.
L’alternativa poteva essere quella prospettata all’inizio del suo mandato dal sindaco De Magistris, ovvero localizzare un nuovo impianto a Napoli Est, sfruttando le numerose aree ex industriali da riqualificare. L’accordo era stato ipotizzato nel quadro dei già avviati progetti di “NaplEst”, ma lo stadio sarebbe stato costruito da terzi con il Napoli poi a giocarvi in affitto. Uno scenario che non avrebbe portato alcun vantaggio al club e quindi tramontato molto in fretta. L’area resta comunque una valida alternativa, è chiaro però che non può esserci un nuovo stadio a Napoli senza l’accordo con la società sportiva.
Sarebbe oggi paradossalmente più facile costruire un nuovo impianto ad Afragola, Giugliano o Caserta (per citare alcune delle città che si sono proposte), ma che senso avrebbe una scelta del genere quando l’obiettivo è quello di far vivere lo stadio ogni giorno della settimana?
Si torna quindi al punto di partenza, il San Paolo. Secondo l’ultimo accordo di convenzione, ancora da ratificare, verrà posto al club il termine del 31 marzo 2015 per presentare lo Studio di Fattibilità per la ristrutturazione dello stadio, se non altro per allora il Napoli dovrà una volta per tutte scoprire le sue carte.
Andrea Iovene