ilNapolista

Solo otto le vittorie del Napoli in casa dell’Inter. Storici i gol di Rocco e Pesaola

Solo otto le vittorie del Napoli in casa dell’Inter. Storici i gol di Rocco e Pesaola

Quel primo giorno di ottobre, era sabato, tre anni fa, andammo su a Milano a giocarci l’anticipo contro l’Inter di Ranieri e per festeggiare i 50 anni di Mazzarri. L’uno di ottobre era proprio il suo giorno. Festeggiammo un grande Napoli che schiacciò l’Inter dopo una ventina di minuti e la batté alla fine per tre coriandoli a zero. Un trionfo. Champagne per Mazzarri e per tutti gli azzurri.

A San Siro, contro l’Inter, il Napoli non vinceva da 17 anni. L’ultima sorpresa l’aveva fatto il Napoli di Vujadin Boskov nel 1994. Una delle poche sorprese sul campo degli interisti, ad oggi appena 8 vittorie del Napoli, 15 pareggi e ben 45 sconfitte.

Fu un bel colpo quel sabato dei tre coriandoli. Era il Napoli di Hamsik e Lavezzi. Non c’era Cavani. La mediana azzurra con Gargano e Inler potrebbe essere la stessa che giocherà il 19 sera contro l’Inter di Mazzarri. C’erano altri giocatori ancora in forza al Napoli (Maggio, Zuniga). Campagnaro è passato all’Inter l’anno scorso.

L’Inter giocò bene all’inizio e un gol di Pazzini fu annullato per fuorigioco evidente. Poi il Napoli spense letteralmente la squadra milanese. Erano tempi in cui Maggio dominava sulla fascia destra. Alla fine del primo tempo (42’) filò in area e Obi lo mise giù. Julio Cesar respinse il rigore di Hamsik, ma Campagnaro mise dentro la ribattuta. All’Inter saltarono i nervi. Obi, al secondo “giallo” per il fallo su Maggio, fu espulso. Con l’Inter in dieci, Ranieri fece l’ossesso e fu espulso anche lui nell’intervallo.

La ripresa fu uno spettacolo azzurro, l’Inter cancellata dal campo. Maggio e Zuniga martellavano sugli esterni mandando in tilt gli avversari diretti. Inler e Gargano giocarono una grande partita. Hamsik si fece perdonare il rigore parato con una prestazione magistrale. A centrocampo, gli azzurri superavano gli interisti in velocità e, negli ultimi venti metri, la difesa milanese gemeva contro gli scambi volanti del Napoli. Da applausi un’ampia triangolazione Zuniga-Hamsik-Zuniga che il colombiano concluse alto davanti alla porta.

Era entrato Mascara al posto di uno spento Pandev e lanciò Maggio che dal limite segnò il secondo gol (56’). La difesa dell’Inter (Maicon, Lucio, Samuel, Chivu) veniva colta sempre fuori posizione. Fu un gioco semplice il 3-0: Inler a centrocampo toccò lateralmente per Lavezzi svelto a pescare in profondità Hamsik fra tre difensori troppo larghi e sorpresi e Marek andò a segno (75’).

In quell’Inter giocavano Zanetti e Cambiasso a centrocampo, in attacco Pazzini e Diego Furlan, 18 partite grigie dell’uruguayano con la maglia nerazzurra. Il Napoli (3-4-2-1) schierò De Sanctis; Campagnaro, Cannavaro, Aronica; Maggio, Inler, Gargano, Zuniga; Pandev, Hamsik; Lavezzi. Il Pocho, per l’assenza di Cavani, fu schierato da prima punta, ma giocò a tutto campo. Mascara entrò nel secondo tempo (51’). Spiccioli di gara giocarono Fernandez (dall’87’ per Aronica) e Hugo Chavez (dal 79’ per Lavezzi). Fu una delle più belle partite esterne del Napoli di Mazzarri.

Diciassette anni prima (11 dicembre 1994), il Napoli di Boskov piegò un’Inter fuori dai giochi-scudetto: la squadra nerazzurra allenata da Ottavio Bianchi era a -12 dalla Juve capolista. Il Napoli tirò un magnifico scherzo all’allenatore del primo scudetto azzurro. André Cruz, brasiliano di Piracicaba, la città di Altafini, battitore libero e specialista dei calci piazzati, siglò il raddoppio dopo l’autorete di Jonk (2-0). Era il Napoli di Benny Carbone, del Condor Agostini, di Freddy Rincon, di Buso, di due eccellenti operai di centrocampo, Bordin e Pari, con Batman Taglialatela in porta, al suo secondo anno in maglia azzurra dopo le stagioni al Palermo, all’Avellino e al Bari.

Vujadin Boskov aveva sostituito Guerini alla settima giornata, infilando una vittoria e quattro pareggi su sei partite, e andò a vincere a Milano. Aveva l’aureo titolo di direttore tecnico con Faustinho Canè, il nostro cuore di cioccolato, in panchina. Boskov fallì la zona Uefa per un punto. Di Benny Carbone diceva che faceva cose come le sapeva fare solo Maradona. Chiamò “tagliatella” Taglialatela. Fu l’anno (1994-95) in cui la vittoria cominciò a valere tre punti.

Ferlaino voleva prendere Pippo Inzaghi dal Parma, ma l’attaccante segnò un gol in Coppa delle coppe e il Parma lo tolse dal mercato. Allora Boskov disse: “Ho Imbriani, non mi serve Inzaghi”. Carmelimo Imbriani, beneventano, aveva esordito nel Napoli l’anno prima con Lippi. E’ venuto a mancare l’anno scorso, a Perugia, colpito da un particolare tipo di linfoma.

Boskov andò via dopo due anni lasciando questa memorabile epigrafe sul rispetto dei semafori a Napoli: “Qui sono tutti daltonici, rosso o verde non fa differenza”.

E’ stato sempre difficile per il Napoli cavarsela a San Siro contro l’Inter e ci sono stati anni in cui era letteralmente proibito quando l’Inter dettava legge a tutti i livelli con Moratti padre. Nei sette anni di Maradona, San Siro rimase tabù (due pareggi e cinque sconfitte), il Napoli battuto dall’Inter anche nei due campionati degli scudetti.

Due sono state le vittorie più clamorose colte dagli azzurri a Milano: il 5-3 del Napoli di Garbutt nel torneo 1932-33 e il 4-1 della squadra di Monzeglio nella stagione 1954-55.

Negli anni Trenta, la squadra milanese si chiamava Ambrosiana (si chiamò Ambrosiana-Inter fino a prima dell’ultima guerra, poi semplicemente Inter). Fiera la rivalità del Napoli con il club nerazzurro, rivalità accesa dal dualismo fra Sallustro e Meazza, gli idoli delle due squadre con i napoletani indispettiti perché il commissario tecnico della nazionale Vittorio Pozzo preferiva il milanese al campione di casa.

Fu celebrato come un trionfo (unico e raro) il 5-3 degli anni Trenta (Meazza non giocò). Andarono a segno Vojak (due gol), Sallustro, Gravisi e Ferraris II. Il Napoli di Garbutt era uno squadrone. Quell’anno si piazzò terzo, dietro l’Ambrosiana seconda.

Negli anni Trenta, il Napoli batté una seconda volta l’Inter sul suo campo e Nereo Rocco segnò il secondo gol del 2-1 dell’aprile 1939 (il primo fu di Mian). Rocco era un beniamino di Lauro che l’aveva preso dalla Triestina per 160mila lire. Mezz’ala sinistra, era tutto mancino. Nel Napoli giocò tre campionati e portò una ventata di allegria. Quando il “paròn” si affermò da allenatore, Lauro lo chiamò sulla panchina del Napoli. Era il 1959. Rocco rifiutò.

Il Napoli di Sentimenti II, Pretto, Berra, Andreolo, Di Costanzo, Busani, Verrina e Barbieri vinse a Milano (3-2) il 29 dicembre 1946. Busani segnò due gol, uno Di Benedetti. Umberto Busani è stato una delle migliori ali del Napoli, velocissimo, dal cross irresistibile e buon goleador. Morì negli anni Sessanta, vittima dell’epidemia di “asiatica”.

Sonoro il 4-1 del Napoli di Monzeglio con “doppiette” di Masoni e Beltrandi. Nell’Inter giocavano Ghezzi, Lorenzi, Skoglund. Per via dei capelli dritti in testa, Masoni era chiamato “spazzolino”, in anticipo sull’artistica cresta di Marek Hamsik. Un ragazzo dal nome storico, Farnese Masoni. Pisano, ala minuscola e scattante, ebbe la carriera stroncata, lui giovanissimo, da tre gravi infortuni al ginocchio sinistro.

Un gol memorabile fu quello di Pesaola che decise la vittoria (1-0) del 5 gennaio 1958. Dopo avere evitato il terzino Fongaro, il petisso fulminò il portiere Matteucci con un gran diagonale da sinistra nell’angolino alto opposto. L’immagine di quel gol divenne per lungo tempo la sigla della “Domenica sportiva”.

Il 2-1 del 5 maggio 1968 (seconda vittoria consecutiva in trasferta dopo il 2-1 sul Torino) regalò al Napoli uno storico secondo posto. La squadra azzurra non era arrivata mai tanto in alto. L’allenava Bruno Pesaola in una stagione di liti e veleni in società. A Torino avevano segnato Canè e Altafini, a Milano andarono in gol Canè e Barison. Era l’Inter di Sarti, Burgnich, Facchetti, Mazzola, Suarez, Corso, allenata da Helenio Herrera. Il Milan dominò il campionato, finendo nove punti avanti al Napoli.

Racconta Pesaola: “Nel Napoli c’era il caos. La società non ci seguiva più. Lo dissi ai giocatori: ci hanno abbandonato e sperano che perdiamo così non ci pagano i premi. Poi telefonavo in sede e gli dicevo: scusatemi, ma abbiamo vinto anche oggi. Facemmo uno sprint fantastico per il secondo posto. Sivori si chiamò fuori. Non aveva più voglia di giocare. Lauro aveva mandato il figlio Gioacchino in Australia togliendolo dal Napoli. Con Gioacchino avevamo comprato Zoff e Pogliana. Corcione fremeva per diventare presidente. Omar fece combutta con Corcione per diventare allenatore. Avevano il loro bel programmino. Corcione avrebbe chiamato Parola per allenare e Parola avrebbe fatto da chioccia a Sivori direttore tecnico per un anno, poi allenatore. Per me tenevano pronto il foglio di via. Credevano di fare i furbi, io sapevo tutto. Conquistammo il secondo posto a dispetto dei santi. Poi il Napoli andò in tournée in America. Io non ci andai. Corcione mi comunicò l’esonero con una lettera di dieci righe. Tengo a mente la data della lettera: 21 giugno 1968. Avevo dato tanto al Napoli, mi misero alla porta. Andai a Firenze e vinsi lo scudetto”.

MIMMO CARRATELLI

 

ilnapolista © riproduzione riservata