Dopo la netta ed entusiasmante vittoria del Napoli contro la Roma, l’aria è cambiata. Molti tifosi hanno riacquistato fiducia nella squadra e nel mister (i rapporti col presidente continuano ad essere burrascosi) e, soprattutto, una parte del giornalismo locale, che era giunta persino a chiederne le dimissioni, ha fatto pace con Benitez.
Si tratta di una pace perniciosa, però, che si basa su un equivoco enorme.
La stampa napoletana si è convinta che la squadra sia tornata a vincere perché Benitez si è arreso all’evidenza, si è finalmente italianizzato, ha rinunciato al suo credo. “Benitez l’ha capito”, titola il Mattino, “si vince solo con i titolari”. Pure Corbo su Repubblica, sulla stessa linea: “Benitez si è dato una dimensione diversa. Il senso delle cose. Ha capito che i turnover sono impossibili senza ricambi di qualità”.
Devo dire che questa interpretazione dei fatti mi ha fatto sorridere non poco.
Mi hanno ricordato, questi commenti, un proverbio barese: “Se Parígge tenéve u mare jève na pìccole Bare” (mi scuso con i baresi per la grafia ovemai non fosse corretta. Il detto sta comunque per “Se Parigi avesse il mare, sarebbe una piccola Bari”).
Solo così, con l’incapacità di spiegare un fenomeno se non con la riduzione a qualcosa che si ha in testa, si può capire il gigantesco fraintendimento al quale abbiamo assistito.
Benitez, ormai, ha rinunciato a spiegarlo. In conferenza stampa gli ho sentito rispondere, più o meno testualmente, alla ennesima domanda sul turnover: “ormai questa è una partita che ho perso con voi giornalisti, non riesco a capire perché se cambio due giocatori non è turnover, se ne cambio tre sì. Per me è gestione della rosa”.
E proprio da qui si evince che il mister e la stampa parlano di due cose diverse. I giornalisti vengono dall’esperienza napoletana di Mazzarri, in cui c’erano i “titolarissimi” e le riserve. Due entità separate per il tecnico di Livorno, destinate a non incrociarsi mai, se non in casi di emergenza.
Benitez, invece, parte da tutt’altro presupposto.
La dimostrazione sta nel fatto che per trovare due formazioni uguali del Napoli bisogna saltare, alle volte, anche 10-15 partite. Chi sono i centrocampisti titolari del Napoli? E chi è l’esterno sinistro di difesa? Chi è il titolare tra Insigne e Mertens?
Domande destinate a rimanere senza risposta, per il semplice fatto che per Benitez gioca chi sta meglio in quel momento. Ovvio che tra Higuain e Zapata in campo ci vada quasi sempre il primo, ma se Benitez ritiene che abbia bisogno di rifiatare, com’è accaduto tante volte, non esita a far partire Gonzalo dalla panchina. A ben vedere, la formazione schierata contro la Roma è proprio figlia di questa gestione sapiente della rosa. Se Koulibaly, ad esempio, non avesse rifiatato contro lo Young Boys, avrebbe giocato così magnificamente contro la Roma? E se Insigne non avesse riposato per oltre un tempo contro l’Atalanta?
La verità, piuttosto che nella interpretazione distorta della stampa napoletana, sta nelle statistiche. In 10 partite di campionato il Napoli ha solo 3 giocatori sempre presenti: Rafael, Albiol e Koulibaly e ben 15 elementi hanno giocato oltre 300 minuti. L’Inter, per capirci, ha solo 11 giocatori ad aver giocato oltre i 300 minuti. 5 giocatori sopra i 700 minuti per il Napoli, 8 per l’Inter e per la Juventus.
Altrettanto priva di fondamento è la tesi, pure da qualcuno sostenuta, che la vittoria sia arrivata perché Benitez si è rassegnato a cambiare modulo. La prova di questa tesi starebbe nell’ingresso di Gargano per Hamsik a 24 minuti dalla fine. Che dire: il Napoli ha dominato in lungo e largo e se fosse andato al riposo con quattro gol di vantaggio nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare, in questo contesto si vuole attribuire all’ingresso di Gargano il valore di una redenzione tattica. Ah, se Parigi avesse il mare…
Fabio Avallone