Gentile signora, gentili signorine Benitez,
so che siete a Napoli per passare il Capodanno assieme al vostro e pure un poco nostro on Rafé e tuttavia, se questo da un lato mi riempie di gioia perché mi fa pensare che sotto sotto se vi ha portato pure a voi qua forse un poco ci vuole bene e a fine stagione non se ne va, dall’altro mi getta nello sconforto perché non vorrei che soggiornando a Napoli proprio in queste ore voi vi faceste un’idea sbagliata degli usi e costumi della nostra città e dei suoi abitanti.
Noi napoletani, infatti, siamo genti normali: checché ne dicano talvolta gli organi di stampa nazionali e internazionali, anche noi apparteniamo al genus dell’Homo Sapiens e pure noi sappiamo che è la terra che gira intorno al sole e non viceversa. E’ vero, oltre al pollice opponibile teniamo pure il chitemmuorto ribaltabile ma questo è dovuto essenzialmente all’alto tasso di disoccupazione tra i giovani, alle buche di via Marina e ai cross di Maggio a cap’e cazz. A parte questo, però, noi siamo gente del tutto normale, con comportamenti e abitudini assolutamente normali: come il resto del mondo anche noi ci nutriamo in quantità bastante a sostenerci nelle nostre attività quotidiane; compriamo il cibo preconfezionato nei negozi; siamo educati quando invitiamo persone estranee a pranzo e a cena e pure noi passiamo il nostro tempo libero coltivando hobby e attività come andare allo stadio, andare ai concerti o andare al manicomio tra le zone a traffico limitato. Abitudini, queste, che voi purtroppo non potrete constatare dato che, ahimé, avete scelto di venire a Napoli proprio nell’unico giorno in cui il napoletano, probabilmente esausto per via di questo fatto che tutto il resto dell’anno deve cercare di dimostrare al mondo di non essere quello non è, abbandona i panni dell’Homo Sapiens e indossa, assieme a una mutanda rosso fuoco di Superman, quelli dell’Homo Tricchitracchis.
Ecco perché, tanto per dirne una, se in queste ore ci vedrete rincorrere anguille giganti per i vicoli o per i corridoi delle nostre case non è perché ci procacciamo ancora il cibo ammazzando gli animali per strada con la balestra: pure noi siamo soliti comprare il pesce e la carne nei negozi a ciò adibiti e solo quando i rispettivi proprietari son passati a miglior vita ma il fatto è che a Capodanno noi per tradizione, pena la scomunica della nonna, ci dobbiamo mangiare il capitone e siccome quello va cucinato ancora vivo non è che lo possiamo tenere al guinzaglio fino al momento di tuffarlo nella frittura di paranza.
Può succedere che scappi. Nel caso non giudicateci male ma anzi, dateci una mano ché si sa, quattro occhi sò meglio di due e può essere che voi di là noi di qua lo acchiappiamo a stu fetent’.
Parimenti, se passando per piazza del Plebiscito ci vedrete urlare che “le domeniche d’agosto quanta neve che cadrà” non è perché non abbiamo esatta contezza dell’alternarsi delle stagioni. E’ solo il concerto di Gigi D’Alessio. Ma poi finito il concerto se ne torna a casa sua a Milano. Allo stesso modo, se affacciandovi da qualche veduta negli istanti precedenti la mezzanotte vi troverete dinanzi a una scena esattamente a metà strada tra Kabul, Hiroshima, Gaza e la festa per lo scudetto del ’90 non pensate che noi napoletani siamo dei violenti guerrafondai che tutte le sere un poco per noia e un poco pure per sbarazzarci dei vecchi complementi d’arredo spariamo in cielo razzi, molotov, bombe carta, parenti anziani e cummò. E’ solo che mentre di solito la fine dei tracchi la facciamo senza sparare niente (chiedete a Rafa, la sera di Bilbao ad esempio) a Capodanno la facciamo usando i petardi. Poi lascia che il più delle volte ci facciamo prendere la mano e dopo ce la dobbiamo andare pure a recuperare abbasce ‘o palazzo però in linea di massima per propiziare la sorte e scacciare gli spiriti maligni di solito ci basta un corno rosso o uno “sciò sciò ciucciuè”. Infine, se nell’attesa della mezzanotte tra un roccocò e uno struffolo ci vedrete abbuffare di male parole i parenti non è perché siamo scostumati o non abbiamo rispetto della famiglia: anzi, se prima delle male parole diciamo un numero e prima di dire il numero qualcuno sale sopra a una sedia e urla “Qua sta la mano qua sta il culo del panarooooo” noi non stiamo insultando nessuno. Semplicemente stiamo tenendo in vita uno dei tesori più preziosi che teniamo, la Smorfia napoletana applicata alla tombola. Perciò, se qualcuno vi dice “‘onna pereta affacciata al balcone” io vi posso assicurare sin d’ora che non ha inteso in alcun modo arrecare offesa a voi o alle vostre figlie. Vi sta semplicemente dicendo che è uscito il 43 e forse forse avete fatto il terno. E se convincete Rafa a restare a Napoli, forse forse lo facciamo pure noi.
Anna Trieste