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La strana pretesa di tifare a patto che si vinca, altro che al di là del risultato

La strana pretesa di tifare a patto che si vinca, altro che al di là del risultato

Tra le molte cose viste, sentite, lette e scritte in questi giorni dopo Napoli-Empoli, ce n’è una che come un tarlo si è fatta strada nelle mie riflessioni. Perché seguiamo il calcio? Perché andiamo a prenderci una dose di freddo e scomodità sugli spalti di uno stadio? Credo che per tutti la risposta sia la medesima: passione.

Mi sembra banale sottolineare come ognuno desideri vedere il Napoli al vertice e raggiungere obiettivi e magari successi della più ampia portata, ma è altrettanto banale ricordare come solo uno vinca e gli altri debbano accontentarsi di piazzamenti e risultati comunque importanti, ma che non sono una vittoria assoluta.

Noi tifosi del Napoli ci siamo sempre considerati in qualche maniera diversi dagli altri, per la portata del nostro affetto sempre proclamato come incondizionato. Non è un caso che al San Paolo campeggi un grande striscione con la scritta al di là del risultato. Ma ci crediamo ancora sul serio? A me non sembra davvero così, se ogni occasione in cui non arriva la vittoria diventa ragione sufficiente per esprimere dissenso, insultare o finanche contestare.

Chi ha praticato uno sport, dalle bocce al basket, dalla pallavolo al tennis, dal ping-pong al calcio e via discorrendo, sa che vittoria e sconfitta sono entità indissolubilmente legate tra loro in ogni istante del gioco. Un tiro che si ferma sul ferro del canestro oppure che entra nel cesto, una pallina che tocca la rete e cade nel tuo campo o in quello del tuo avversario. Vittoria e sconfitta coesistono in ogni azione, in ogni quarto, game, set, in ogni tempo di una partita di calcio, in ogni tiro che entra all’incrocio dei pali o si stampa sui legni.

Questo fatto, chi pratica o ha praticato uno sport lo sa e lo accetta come parte integrante dell’idea stessa di sport, dove ci si affronta su un campo e si parte sempre da 0-0: non conta quanto guadagni, non conta il tuo blasone, non conta il tuo stipendio. Ad ogni match ci si deve conquistare la vittoria sapendo però che potresti commettere degli errori oppure che il tuo avversario quel giorno, in quel momento, potrebbe fare meglio di te. Per questo, quando scendi in campo sai che tu e il tuo avversario lotterete entrambi per la vittoria ma che solo uno dei due la raggiungerà. Insomma, roba da seconda elementare, quel che insegniamo ai nostri figli.  

Questo ovviamente non è in contrasto con il riconoscere che ogni tifoso azzurro ha il diritto sacrosanto di arrabbiarsi se il Napoli non gioca bene, come ha il diritto di protestare (ma solo a fine gara e non durante) se ritiene che i giocatori avrebbero potuto fare meglio, ma, e questo lo sottolineo, il tifoso non ha alcun diritto di arrabbiarsi perché la squadra non ha vinto, giacché nello sport la vittoria non è garantita a priori a nessuno.

È questa consapevolezza che marca la differenza tra la tifoseria ad esempio del Newcastle o del Southampton, del Saint Etienne o del St. Pauli, squadre che contano su di un supporto incredibile pur vincendo quasi mai, e la tifoseria di buona parte delle squadre italiane e in parte anche di quella napoletana. La differenza tra una tifoseria che sta unita al fianco della propria squadra, accada quel che accada, ed una che invece condiziona il suo sostegno a una moneta di scambio: la vittoria.

Dunque davanti a ognuno di noi c’è questa domanda: noi vogliamo tifare o vogliamo vincere? Cosa è prioritario? Perché sono due cose molto diverse.

Se ci interessa solo vincere, è giusto spiegare come nello sport non esista un atleta o una squadra che possa garantirci per contratto ad ogni stagione un certo numero di successi. Ma se la vittoria è il nostro unico orizzonte allora la condanna è alla perenne insoddisfazione. Se viceversa il nostro desiderio è quello di tifare, vuol dire che per noi è più importante seguire e supportare il Napoli perché si ama la sua storia, la sua specificità, i suoi colori (e magari lo si è seguito e tifato anche quando navigava nei bassifondi della Serie A o bivaccava in B per non dire peggio). Quando si è tifosi la vittoria è una possibilità che può concretizzarsi o meno, ma non è l’unico orizzonte possibile.
Andrea Iovene

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