Che cosa è successo? È francamente inspiegabile. Questo Napoli il primo novembre travolgeva la Roma al San Paolo e sette giorni dopo andava a vincere a Firenze. Il brutto inizio di stagione, contraddistinto dalla prematura uscita dalla Champions, sembrava alle spalle. E invece il Napoli è sparito di nuovo. Sul 2-0 contro il Cagliari sono apparsi nuovi fantasmi che via via sono diventati più spaventosi. Fino alla prestazione indecente – non ci sono altri termini – di questa sera a San Siro contro un Milan che è una squadra mediocre. Da Firenze, dall’infortunio di Insigne, questo Napoli in campionato non ha più vinto e non si è più ritrovato.
Questa sera il Napoli è parsa una squadra slegata che non ha mai dato l’impressione di crederci. Mai. Come se svolgessimo il compito senza crederci o, peggio, senza che fosse di nostro interesse. Possiamo anche analizzare la partita ma sarebbe inutile. Il Milan, come al solito, come ogni squadra, ci fa gol al primo tiro in porta. Ma non è questo il punto. Il Napoli sembra subire la partita. Lo svantaggio non ci scuote. E va bene. È una delle caratteristiche di questa squadra che però in genere progressivamente conquista il campo. E invece niente. Nemmeno Benitez si agitava, contrariamente a quanto fatto nelle ultime prestazioni. Assisteva quasi impotente a quello che possiamo definire uno scempio agonistico.
Si possono dire tante cose. Benitez ha lasciato fuori Hamsik, il capitano, quello del «gioca Hamsik più altri dieci». Marek non stava giocando bene da tempo. Ma è come se in campo la squadra fosse smarrita, abbandonata a sé stessa. Una sensazione di straniamento simboleggiata dalla fascia di capitano sul braccio di Mesto. C’è modo e modo di perdere le partite. Non si può perdere una partita senza giocarla.
E quindi? Non siete più rafaeliti? No, noi siamo rafaeliti. Crediamo in Benitez. Ma questa non ci sembra una squadra del nostro amato Rafa. Che cosa è successo? Com’è possibile che sul più bello si sia persa di nuovo? E non è una questione tattica. Né di modulo. La squadra non c’è, è svagata, non sente quel che sta avvenendo. Ricorda l’Antibo – mezzofondista italiano – che perdeva la cognizione della competizione e, afflitto da un male, improvvisamente usciva dalla gara e arrivava ultimo, staccato. Non c’è stato nemmeno l’orgoglio.
Qualcosa è successo. Noi non sappiamo cosa. Ma il Napoli deve assolutamente fermare questa china. Lo so, avevamo scritto più o meno le stesse cose dopo Napoli-Palermo. Eravamo convinti che ci saremmo ripresi. Ci sembrava tutto naturale. Comprensibile. E infatti le successive prestazioni ci hanno confortati. Ora, però, ci appare tutto inspiegabile. Ripetiamo, siamo andati al di là di tattiche e moduli. Oseremmo dire che è quasi una questione di appartenenza. Non si possono giocare partite simili. Perché, poi, se andiamo a rileggere le partite, le occasioni le abbiamo anche avute. Ma abbiamo perso in un modo che non accetta giustificazioni.
Questa squadra può fare molto ma molto di più del settimo posto. Lo sa l’allenatore, lo sappiamo noi. Qualcosa non va, è sicuro. Non può essere che Albiol improvvisamente sembri un difensore inesperto, non può essere che Higuain per sessanta minuti si faccia notare solo per il suo nervosismo. E potremmo continuare all’infinito. Occorre, però, un cambio di marcia.
È stata una serata troppo avvilente per essere vera. E francamente non possiamo pensare che sia solo una questione di contratto. Allora dov’è il professionismo? Capiamo perfettamente la situazione, la conosciamo. Abbiamo letto i bilanci, a differenza di tanti altri. Questo Napoli, con ogni probabilità, sarà costretto a ridimensionarsi. Ma la stagione è ancora tutta da giocare. Lo stesso Benitez ha vinto una Europa League col Chelsea pur sapendo che a fine anno sarebbe andato via. Ci sono un contratto e una maglia da onorare, da parte di tutti, a prescindere da eventuali spaccature nello spogliatoio. La Lazio di Chinaglia si picchiava durante la settimana, eppure la domenica giocavano. Prestazioni come quella di questa sera sono semplicemente indifendibili. E se lo diciamo noi…
Massimiliano Gallo