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Lazio-Napoli, così Boccolini recuperò il pallone di Oj vita mia

Lazio-Napoli, così Boccolini recuperò il pallone di Oj vita mia

PREMESSA. Aspettavano tutti l’uomo biondino, spesso sorridente e con la faccia da “provincialotto” che non se la tira neanche se fa cadere giù lo Stadio Olimpico, quella sera del dicembre 1975 a Sant’Antimo, periferia a nord di Napoli e del Mondo. Quando poi dall’auto scende Lui, Gigi Boccolini da Porto Recanati, con un bel maglione a girocollo marrone ed un impermeabile grigio chiaro stile Humphrey Bogart, è un tripudio, un trionfo al quale l’ex brindisino non è abituato. Lo portano di forza nel club e lo piazzano sotto un megaposter del Napoli dove lui non compare nemmeno. Pensate, il numero 10 titolare era Ciccio Esposito da Torre Annunziata e tra i baffi del neo acquisto Savoldi e i capelli lunghi di Giorgio “Guitar” Braglia lui non c’è. Quel Circolo ricreativo, covo dei tifosi azzurri più sfegatati, era ed è tuttora in una traversa di una delle strade principali della cittadina. Si chiama “Leo Clan” ma non chiedetemi perché. A guardarlo adesso infonde un po’ di tristezza, appare abbandonato a se stesso e i fasti di una volta, il calore che si respirava nell’aria quella sera, fa parte di uno splendido passato. Che oggi non c’è più. Non ci sono i club che soffocano di calore i propri calciatori, non ci sono le attese delle frasi “Arriva, arriva, è lui…”, “Guagliù, è arrivato!”, “Attenzione, nu buttate…” o “Facite passà ‘a macchina” e si guardavano le belle vetture che si avvicinavano ai club per un bagno di folla. Oggi i giocatori non si concedono tanto facilmente ai tifosi, anzi non lo fanno affatto. Non vanno più nemmeno in televisione, figurati se vengono nel Club Napoli di Pollena Trocchia o Caivano.

ANTEFATTO. La partenza del campionato 1975-6 era stata veramente esaltante per i nostri alfieri azzurri se ripenso ai titoli dei quotidiani cittadini quando il Napoli raggiunse solitario la vetta della classifica. Chissà, forse fu la prima volta che iniziarono a crederci tutti e la vittoria del campionato non sembrava più una chimera, i tempi apparivano veramente maturi per coronare il sogno di una vita. Il tricolore sulle maglie, lo scudetto. Fu Boccolini, il numero 10 preso dal Brindisi, che segnò una splendida e diabolica punizione all’Olimpico contro la Lazio dando la vittoria per 1 a 0 al Napoli ed il primo posto in classifica. Il numero tre e tanti zero rimbomba ancora oggi nella mia mente, tutti i giornali furono concordi su quella cifra, tutti stimarono allo stesso modo i napoletani presenti a Roma quel giorno. Nessuna esagerazione, le trasferte erano una festa e purtroppo sono cifre che sui campi di calcio non si vedranno più. Trentamila cuori azzurri batterono all’unisono, un record per le gare fuori casa. Le bandiere sventolarono a lungo, tifosi ubriachi di gioia improvvisarono negli ultimi 15 minuti un continuo “Olè” ( dopo che “Tutto il calcio minuto per minuto” aveva dato il vantaggio del Torino sulla Juve ) e un “Oj vita oj vita mia” cantato a squarciagola che da allora ci ha accompagnato fino ai giorni nostri. Alla fine della gara il tecnico dei padroni di casa Maestrelli dichiarò: «Il Napoli mi ricorda il Torino di Mazzola» tanto fu sontuosa e convincente la partita degli uomini di Vinicio, addirittura privi di Juliano e Pogliana infortunati. Fu quella anche la prima domenica in cui Savoldi si infortunò seriamente per un fallaccio di Ghedin a testimoniare quanto gli avversari temevano le potenzialità del Napoli. Gli azzurri trascinarono il pubblico, l’entusiasmo ed il tripudio erano alle stelle, gli spalti dell’Olimpico erano una Piedigrotta, qualcuno piangeva di gioia e Napoli non fu da meno. Caroselli sul lungomare e in città, bandiere azzurre e macchine strombazzanti, raramente si è visto un’esaltazione e un delirio simili. Fuoco fatuo fu, il Napoli chiuse al quinto posto e ci si accontentò del piazzamento Uefa. I malumori, però, rimasero, la squadra era per nove/undicesimi quella che nei due anni precedenti aveva dato del filo da torcere a Lazio e Juve e che purtroppo non riuscì a ripetersi.

Quella punizione letale fu anche il primo gol segnato in serie A dal ventinovenne ex brindisino, un episodio legato ad un curioso evento che probabilmente Boccolini non dimenticherà mai. Alla fine della partita il numero 10 azzurro voleva portarsi a casa il pallone della sua rete per ricordo/cimelio ma si rese conto che quello con il quale l’arbitro Casarin aveva chiuso la gara non era lo stesso che era finito alle spalle di Pulici al 12′ del primo tempo. Cerca e cerca, venne fuori che quel pallone era finito nel settore occupato dai tifosi azzurri i quali non lo restituirono costringendo Casarin a cambiare sfera. “Verba volant” ed il giorno dopo si seppe chi aveva sequestrato quel pallone. Era stato un gruppo di tifosi di Sant’Antimo e Gigi Boccolini riuscì felicemente ad entrare in possesso della palla del gol alla Lazio la domenica precedente con la promessa che sarebbe andato a prenderselo di persona. Naturalmente il prezioso oggetto del desiderio, un tipico Adidas bianco con pentagoni neri, fu riconsegnato al legittimo proprietario dietro visita dello stesso in quel di Sant’Antimo, al circolo culturale “Leo Clan”, dal dottor Ponticiello, dal signor Pietroluongo e dall’allora tecnico del Succivo Peppino Cresci, futuro allenatore delle giovanili del Napoli tra gli anni 80 e 90, recentemente scomparso. La cosa curiosa fu che Cresci era il papà di una mia amica di classe al Liceo, Giovanna, la quale andrebbe a tutt’oggi messa al rogo come la Jean d’Arc perché non parlava mai di calcio in classe. Chiaramente la mia compagna non sapeva nemmeno dove fosse il padre quella sera di dicembre altrimenti potevo avere l’occasione di conoscere Boccolini che pochi giorni prima mi aveva reso ebbro di felicità.

SINTESI FINALE. Purtroppo, per ragioni che ancora oggi potrebbero aprire dibattiti televisivi lunghi quanto una diretta del Papa, l’anno dopo il capolavoro sul campo della Lazio, Boccolini seguì Vinicio alla Lazio, il Napoli prese un giovanissimo Vinazzani dalla Massese per sostituirlo e acclamò il ritorno del “Petisso” Pesaola. Intanto la stella del biondino andava spegnendosi con le meste stagioni al Catanzaro e di nuovo nel Brindisi dopo aver toccato con mano la gloria ed i grandi palcoscenici di una serie A conquistata alla veneranda età di 29 anni. Col Napoli giocò quasi tutte le gare in campionato (28 su 30) e mise a segno due reti, quella ai biancocelesti laziali ed un’altra con una velenosissima punizione, sfuggita dalle mani di Zoff, nel pareggio 1 a 1 in casa contro la Juventus.

Oggi Boccolini ha 69 anni e sono sicuro che, tra i ricordi che lo legano alla sua vita calcistica partita dalla provincia con il Pescara, il Matera ed il Brindisi, dove l’aveva notato Vinicio, conserva ancora quel pallone bianco con i pentagoni neri. Chissà, in una teca che guarda oltre la finestra di casa, verso il mare di Napoli.
Davide Morgera (materiale dall’archivio Morgera)

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