Ci mancava solo l’editto bulgaro della Rai a Maurizio de Giovanni, colpevole di lesa maestà nei confronti di Marco Tardelli, commentatore improvvisato, ma protetto ed inattaccabile come tutti gli opinionisti televisivi ed oltretutto illuminato dalla sacra aureola bianconera. L’epurazione dai palinsesti della Tv di Stato dello scrittore napoletano è ridicola e paradossale, soprattutto per la pretesa tutela del decoro e della professionalità dei cronisti sportivi che si vorrebbe realizzare attraverso questa insulsa iniziativa. La telecronaca della partita con la Lazio era inascoltabile per incompetenza tecnica e faziosa superficialità, forse solo Cerqueti e Mazzocchi commentando Napoli-Roma, semifinale di Coppa dell’anno scorso, erano riusciti a fare di peggio. Mi sembra però fuorviante ed esagerato evocare tematiche antirazziali per stigmatizzare quanto è accaduto. Dobbiamo evitare di cadere nel consueto e vittimistico piagnisteo a difesa della napoletanità che serve solo ad aumentare il nostro isolamento e ad ingrossare il portafoglio follower di tanti novelli masanielli. È innegabile che sta montando una diffusa insofferenza nelle televisioni nazionali nei confronti del Napoli, ma è solo la diretta conseguenza di una gestione dei diritti televisivi sempre più intollerante e invasiva che vuole imporre a tutti regole e comportamenti omologati, anche al di là dei contratti e degli obblighi giuridici.
Una oppressiva presenza che ha stravolto riti, abitudini e antiche consuetudini di milioni di italiani, arrivando a violare finanche l’intimità e la concentrazione dello spogliatoio prima della partita. Quando per pagare l’affitto si è costretti a svendere persino i mobili di casa è inevitabile che il proprietario si senta in diritto di entrare senza bussare e senza consentire né proteste né lamentele. Ieri la Rai, poi Sky e forse domani Mediaset che hanno comprato la voce, la faccia e persino le mutande di calciatori, dirigenti, allenatori e tifosi pretendono inevitabilmente dal Napoli e dai suoi tifosi, il rispetto delle regole senza però mai averne garantito la reciprocità. In questo clima chiunque non si mette in riga suscita reazioni indispettite, piccole vendette e antipatiche rappresaglie, anche se, come de Giovanni, ci si limita a esprimere un pensiero sgradito dalle colonne di un giornale.
Da questo punto di vista il fumino De Laurentiis è un osso duro, senza santi in paradiso, lontano dai poteri che contano, presidente della squadra di una citta che di protezioni importanti ne ha ancor meno. Capace di costruire una Società che, con le sue forze e senza l’aiuto di nessuno, può spendere dodici milioni di euro e portare a casa Gabbiadini, soffiandolo, in pieno campionato, ad una agguerrita concorrenza e di garantirsi la guida tecnica di Rafa Benitez personaggio che, al di là delle masturbazioni tatticistiche, è un fiore all’occhiello dell’intero campionato. Un criterio gestionale che spesso frustra le fantasie di noi tifosi, che ci fa arrabbiare e urlare al papponismo, che deve certamente crescere e migliorare, ma che resta comunque un modello di serietà e trasparenza, soprattutto nell’era dei Ghirardi e dei Thohir. Una insolita ed invidiabile condizione che evidentemente non può essere incoraggiata dai portavoce televisivi di chi, per cultura, organizza collette e saccheggia risorse per rinviare il fallimento del Parma e restituire una parvenza di credibilità alle partite che questa squadra dovrà ancora disputare. Una realtà, quella della Napoli calcistica, squadra e tifoseria, che meriterebbe ben altra tutela e considerazione. Un previlegio conquistato sul campo cha consente oggi al Napoli, con sufficiente credibilità, di sbattere la porta dei salotti televisivi che contano, lasciando di stucco una indispettita Ilaria D’Amico ed un inebetito Massimo Mauro. Re per una sola notte? Forse si ma, a proposito della napoletanità lontana dalla retorica, anche la pernacchia di Eduardo non aveva la pretesa di risollevare le sorti della plebe napoletana.
Claudio Botti