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Il Parma è fallito. Ha un debito di 218 milioni. Fiorentina, Napoli e Torino sparirono per molto meno

Il Parma è fallito. Ha un debito di 218 milioni. Fiorentina, Napoli e Torino sparirono per molto meno

Nel primo pomeriggio di oggi 19 marzo, il Tribunale di Parma ha dichiarato il fallimento del Parma FC, contestualmente ha nominato due curatori fallimentari e concesso l’esercizio provvisorio. Questo vuol dire che i curatori fallimentari proveranno a far finire la stagione al Parma giocando le partite che mancano, sempre che riescano a trovare il denaro necessario per coprire i costi da qui a giugno.

La Lega Serie A ha in realtà già deliberato di stanziare la cifra di 5 milioni come prestito alla società sportiva per poter disputare le gare che mancano, garantendo la regolarità del campionato. Regolarità solo apparente ormai. La sentenza di fallimento ha quantificato il totale dei debiti in oltre 218 milioni di euro, mentre i soli debiti sportivi ammontano a 74 milioni di euro [Qui è possibile leggere il documento della sentenza di fallimento]. È bene ricordare che per salvare il titolo sportivo (ormai di Serie B) sarà necessario saldare i debiti sportivi, e anche se saranno ridotti in trattativa a una ipotetica cifra di 30-40 milioni, sarà comunque altamente improbabile che un imprenditore voglia spendere quella cifra per un club di Serie B. Probabilissimo che dunque il prestito della Lega Serie A finisca per andar perso, incrementando il debito complessivo e sperperando soldi che sarebbero stati destinati ad iniziative sociali (campi in periferia, progetti in oratori, etc).

Naturalmente viene da sorridere pensando alla disparità di trattamento riservata ad altri club che negli ultimi 15 anni hanno affrontato in Serie A o Serie B serie difficoltà economiche, come ad esempio la Fiorentina fallita per un debito totale di soli 14 miliardi di vecchie lire nel 2002, oppure il Napoli fallito nel 2004 con un debito totale di 79 milioni di euro, o ancora il Torino cancellato nel 2005 per un debito di 60 milioni di euro.

Si trattava di società con ben altro peso, in termini tradizione sportiva, valore economico, seguito di tifosi, potenziale commerciale rispetto al Parma, eppure nulla fu fatto dalle istituzioni calcistiche per salvaguardarne la sopravvivenza, nonostante il loro passivo sommato non raggiungesse quello del Parma attuale, che ripetiamo è di 218 milioni di euro. Si dirà che le situazioni sono diverse, perché quelle società sono fallite a campionato fermo, ma non c’entra nulla, visto che le istituzioni allora ribadirono a più riprese in Consiglio Federale che il regolamento andava rispettato. Andava rispettato allora, e andrebbe rispettato oggi, laddove un regolamento esiste e prevede come una possibilità (per quanto remota) il ritiro di una squadra dal campionato, con la conseguente sconfitta a tavolino per le restanti partite da disputare.

L’operazione messa in atto dalla Lega Serie A con la regia del presidente federale Tavecchio è solo un tentativo di coprire forse la mancata vigilanza sulle vicende del Parma, l’aver ignorato i rapporti della Covisoc che allertavano la Figc sulla situazione evidentemente critica per il club parmigiano come segnalato oggi da Aligi Pontani su Repubblica. A maggior beffa, l’eventuale copertura dei debiti sportivi non tutela affatto dipendenti del Parma che non essendo tesserati, finirebbero insieme a tanti altri creditori a sperare di recuperare qualcosa dalla vendita dei beni del club.

Adesso si attende di valutare l’operato dei curatori fallimentari a partire dalla gara di domenica prossima in casa contro il Torino per la quale ad ora non ci sono ancora certezze, mentre ieri la Lega Serie A si era premurata di fissare già i recuperi delle gare con Udinese e Genoa. Di certo c’è che in caso di definitivo fallimento e ripartenza dalla Serie D ci sarebbero già dei soggetti pronti a rilanciare la società come la Dallara Automobili, che però ha smentito la possibilità di subentrare nella situazione debitoria attuale. Evidente quindi come un imprenditore assennato quale Giampaolo Dallara giudichi non sostenibile l’investimento necessario a saldare i debiti sportivi ripartendo dalla Serie B.

E dunque, vien da credere che tutto lo zelo del presidente Tavecchio e della Lega Serie A siano stati volti solo a salvare in qualche modo la faccia al campionato, al termine del quale varrà il sempre attuale proverbio “Ognuno per sé e Dio per tutti”.
Andrea Iovene

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