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Il San Paolo ormai è un lusso per Napoli: uno stadio da 40mila posti basta e avanza

Il San Paolo ormai è un lusso per Napoli: uno stadio da 40mila posti basta e avanza

Si dibatte da tempo immemore sulla questione dello stadio a Napoli, ma la realtà impone di essere molto onesti e diretti: lo stadio San Paolo non serve più agli azzurri. Uno stadio la cui capienza è di 60.240 posti per fare il suo dovere in termini di supporto sportivo alla squadra e di supporto economico alla società non può essere costantemente vuoto per metà. Le ultime stagioni impongono una riflessione sia al Calcio Napoli che ai tifosi: c’è ancora il desiderio di andare allo stadio a vedere la partita?

La media spettatori di questa stagione in campionato vede gli azzurri a 32.000, circa diecimila unità meno della passata stagione e anche gli abbonati sono diminuiti fortemente. Da cosa dipende? Dalla crisi economica, dalla disaffezione, dai risultati alterni, dallo stadio poco confortevole? L’ultima sembra francamente una barzelletta se consideriamo che il San Paolo non ha avuto neanche i sedili fino al 1990, eppure si riempiva ugualmente.

Quando si è all’inizio di un progetto di ristrutturazione di uno stadio, anche inteso come processo in più fasi su un periodo di 3-5 anni, si deve innanzitutto fissare quale sarà la capienza finale e non è un numero determinato in astratto, seguendo l’affetto o i sentimenti. La capienza viene fissata seguendo i numeri, i fatti, il comportamento dei tifosi. Sentire talvolta parlare di stadio da 60-70 mila posti fa sorridere, visto e considerato che non si raggiungono capienze del genere in gare ufficiali da oltre 25 anni.

Se dovessimo progettare oggi il nuovo stadio San Paolo la capienza sarebbe probabilmente di 35, forse 40 mila posti, perché questo è in media il numero di spettatori allo stadio. E pazienza se poi nei match di cartello tanti resterebbero fuori, certamente aumenterebbe il valore del tanto bistrattato abbonamento. La Juventus aveva uno stadio molto simile al San Paolo per struttura: pianta ovale e pista d’atletica con circa 69.000 posti. Uno stadio costruito ex novo nel 1990, quindi piuttosto nuovo, che però raramente veniva riempito, uno stadio che molto di rado riusciva a creare quell’atmosfera di pressione sugli avversari in campo. Molto si è discusso a Torino su quale sarebbe dovuto essere il numero giusto per il nuovo stadio, c’era chi diceva dovessero essere 45 o 50 mila, ma alla fine si è operata una scelta per 41 mila posti per essere certi di averlo pieno e pulsante di passione in 9 gare su 10.

Siamo al quarto anno di apertura dello Juventus Stadium e ovviamente se una società vuol vincere deve incrementare i suoi ricavi per poter essere più competitiva. Tra i ricavi più importanti per i grandi club d’Europa in Inghilterra, Spagna e Germania ci sono quelli da stadio, il “matchday revenue”, ovvero oltre al biglietto anche le bevande, panini, pasti, gadget acquistati durante le partite. Allo Juventus Stadium, di fronte all’esigenza di aumentare gli introiti a fronte di un numero di posti non eccezionale, la strada è stata obbligata: alzare il prezzo dei biglietti. Nella stagione corrente, un posto nelle due tribune sui lati corti (chiamiamole curve impropriamente) costa 30 euro, e non parliamo di gare di cartello ma di partite di medio interesse come la prossima casalinga contro il Genoa. Invece nella Tribuna Est (equivalente ai Distinti), il prezzo varia dai 60 euro della tribuna laterale al 2° anello, fino ai 90 euro per i posti più centrali al 1° anello.

In Germania si è seguita una strada diversa, gli stadi hanno capienza in media superiori (50-60-70 mila) e le società hanno avuto maggior libertà di tenere il livello dei prezzi più basso. Hanno potuto farlo perché i tifosi che la squadra sia prima o ultima, giochi bene o giochi male, riempiono sempre gli stadi fino all’ultimo posto. Naturalmente, se a Napoli dovesse continuare questo trend discendente per gli spettatori allo stadio, è ovvio che le fasi successive di ristrutturazione del San Paolo con l’eventuale avvicinamento delle tribune al campo, potrebbero portare a una significativa riduzione del numero dei posti e alle conseguenze che in Spagna e Inghilterra conoscono bene, con i prezzi dei biglietti schizzati in alto senza però alterare le presenze allo stadio. Magari è cambiato il tipo di pubblico, magari i meno abbienti sono rimasti fuori (e non è bello né giusto), ma l’atmosfera è ugualmente affascinante per chi gioca o assiste alle partite.

Forse stiamo andando troppo il là con le riflessioni? Forse. D’altra parte non c’è motivo di credere che dinamiche uguali portino a risultati diversi, vista la disaffezione dei tifosi per lo stadio. Altrimenti potrebbe esser sufficiente sistemare lo stadio Collana e ritrasferirsi là, 56 anni dopo.
Andrea Iovene

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