C’è un “problema” razzismo negli stadi inglesi? A giudicare dai dati raccolti dal governo non esattamente. Nella stagione 2013/2014 sono stati 21 (in calo rispetto al 2012/2013 quando furono circa 42) gli arresti per “racist or indecent chanting”. È il numero più basso da quando nel 2000 sono iniziate le rilevazioni.
Lo abbiamo raccontato tante volte, il modello anglosassone ha le sue pecche e, come dimostrano i fatti della metropolitana di Parigi, l’Inghilterra non è solo il paese di lord o baronetti. Quello che però consente agli inglesi di guardarci con sufficienza, nonostante gli scivoloni, è la capacità di governare, cioè intervenire e sanzionare, questi fenomeni d’inciviltà e non liquidare superficialmente la questione.
In queste ultime quarantott’ore, la cronaca ci racconta come un ragazzino di quindici anni sia stato arrestato per aver pubblicato su Twitter un presunto messaggio razzista nei confronti di Danny Welbeck, attaccante dell’Arsenal a segno nei quarti di FA Cup. Un portavoce della polizia di Wiltshire ha dichiarato: “Un quindicenne della zona di Salisbury è stato arrestato la sera del 12 marzo, sospettato di razzismo. È stato rilasciato su cauzione fino al 13 aprile. L’indagine è in corso”.
Lunedì sera un tifoso del Bradford, durante il replay dei quarti di FA Cup, è stato arrestato per presunti insulti razzisti verso l’attaccante del Reading, Garath McCleary.
In Inghilterra il razzismo è un tema molto sentito. Commentando i fatti di Parigi, Marina Hyde, editorialista del Guardian, scrive come i tifosi razzisti siano un problema di tutti e non solo del calcio. ”Immaginate per un momento che quei tifosi non fossero in viaggio per un match di Champions ma per un addio al celibato, condividendo così alcune caratteristiche di una partita di calcio, come l’alcool. Un coro simile non ci sarebbe mai stato. La differenza più significativa sta nella reazione, mi auguro, come quella di Cameron che ha definito molto grave quanto accaduto.[…] La stragrande maggioranza dei tifosi non ha nulla a che fare con questi episodi, anzi attivamente disprezzano, come dimostra l’aiuto che i fan del Chelsea stanno dando all’autorità per individuare i colpevoli. Ma questo senso di vergogna riguarda solo i tifosi del Chelsea o anche altri tifosi di calcio? Una/due volte a settimana, alcune persone si comportano come quei tifosi nel video. E nel resto della settimana? Camminano in mezzo a noi e quegli atteggiamenti rimangono esattamente gli stessi. Sono membri della società, un problema di tutti.”
Sfatiamo dunque quella sorta di autodichia che sembra vigere negli stadi, per cui una volta dentro “vale tutto” o quasi. Non desidero che lo stadio diventi il circolo del polo o che si sorseggi tè al posto del Borghetti. Mi sfugge però il motivo per cui una volta superati i tornelli, un insulto non è più tale, trasformandosi magicamente in folklore o sfottò, come ebbe a dire De Laurentiis qualche anno fa.
Mentre in Italia ci balocchiamo in attesa “dell’individuazione chirurgica dei soggetti” perché “non bisogna confondere i 10-15-50 elementi tra la massa” e “chiudendo gli stadi non si risolve il problema” (cit. Malagò), nel resto d’Europa si provano a mettere dei limiti. Non solo punendo, ma anche educando. In Spagna la Liga de Fútbol Profesional (LFP) ha lanciato una campagna per sensibilizzare i tifosi rispetto al tema della violenza fisica e verbale. Sia a seguito della morte del tifoso del Deportivo La Coruna, sia al coro che i tifosi del Betis hanno cantato in difesa dell’attaccante Ruben Castro, accusato di violenza dalla sua ex fidanzata “Rubén Castro alé / Ruben Castro alé, /no fue tu culpa/ era una puta / lo hiciste bien”
In Inghilterra il ministro dello Sport, Helen Grant, ha proposto una campagna contro il sessismo negli stadi inglesi. Sono stati registrati 13 episodi riguardanti personale femminile, giornaliste, funzionarie e cheerleaders. La più bersagliata è il medico del Chelsea, Eva Carneiro, pesantemente insultata dai tifosi del Manchester United e dell’Arsenal con cori come:“Get your tits out for the lads”; “Show us where you piss from, you slag, show us your minge” ; “Have you ever had a Gooner up your arse?”
È stata lanciata una campagna in concomitanza con il progetto “Everyday Sexism” in occasione della giornata internazionale della donna, per evidenziare tramite i social media il crescente numero di donne che lavorano nel mondo del calcio. Avrà lo scopo di sensibilizzare rispetto alle discriminazioni e agli abusi sessisti, soprattutto durante le giornate di campionato.
Owen Gibson ritiene che i cori sessisti contro Eva Carneiro non posso essere messi sotto il tappeto. “Sembra di ascoltarli. Quelli che telefonano nelle radio o quelli che commenteranno l’articolo. I canti sessisti allo stadio? Non prenderli così sul serio. È solo un po’ di divertimento. Tutte cose che venivano dette 25 anni fa, quando i giocatori neri sono stati presi di mira […] I club sembrano riluttanti ad affrontare la questione. Un altro “ismo” da trattare. Quando gli incidenti di Old Trafford o dell’Emirates Stadium sono stati segnalati, si è detto che non vi era alcuna prova o che avevano capito male.”
L’ex capitano della nazionale femminile inglese di calcio, Casey Stoney, sostiene che per sradicare il sessismo dal calcio bisogna educare e non punire. “I club non posso far finta di nulla. Non vorrei portare i miei nipoti ad una partita ed ascoltare quel tipo di coro.”
Infine in tema di cori è d’obbligo un riferimento al “Ciccione-Ciccione-Ciccione” cantato dal Bentegodi a Benitez. I tifosi del Verona sono originali come una banconota da 3 euro. Ai tempi di Liverpool, in gran parte degli stadi inglesi gli urlavano “Fat Spanish waiter / he’s just a fat Spanish waiter“ (grasso cameriere spagnolo, è solo un grasso cameriere spagnolo). Come sottolineato da Paolo Bandini sul Guardian, “Rafa ha scherzato abbastanza nel corso degli anni circa le sue abitudini alimentari” . Come tutti gli uomini intelligenti, Benitez è dotato di grande autoironia: “Allo Sport Hotel Rosatti mi vogliono viziare: provi, Mister, ad assaggiare questo, quello e quell’altro, solo un pezzettino. Io invece sono qui per lavorare anche sulla mia forma fisica e allora mi cucio la bocca fingendo d’essere già sazio”.
Prosit, Rafa !
Alfonso Noël Angrisani