ilNapolista

Espedito Peluso da Londra: «Può ancora succedere di tutto, si può vincere e perdere, non è questo il problema, purché l’impegno sia massimo»

Espedito Peluso  da Londra: «Può ancora succedere di tutto, si può vincere e perdere, non è questo il problema, purché l’impegno sia massimo»

Espedito Peluso (50 anni) è l’anima “dietro le quinte” del Napoli Fans Club London, fondato da Marco La Nave nel 2009, dopo l’amichevole West Ham–Napoli. Vive ad Hampstead, Londra, da ventuno anni, lavora nella City in una banca di investimento: «Ci sono venuto per scelta – spiega – né per bisogno né per amore, ma solo perché chi me vo’ ben’ appress a me ven’».
Riconosce che a Londra si vive meglio che in questa Napoli “violentata”, ma anche che nessuna città è perfetta: «Ah, dimenticavo la Svizzera, ma che palle la Svizzera», aggiunge.

Ama moltissimo la pizza. Ne mangia due alla volta, margherite bufaline, dice che può arrivare anche a tre, se la compagnia è buona.  Agli inglesi che lo guardano esterrefatti risponde sempre che è abituato a mangiare primo e secondo. Sostiene che con i nuovi ristoranti napoletani, la pizza a Londra è quasi meglio che a Napoli. 

Gli piace il blu in tutte le sue tonalità, soprattutto l’azzurro, beve caffè nero amaro, a casa rigorosamente in moka «perché fa profumo di caffè dalla cucina». Di Napoli, che definisce mamma (mentre «Londra è moglie e New York love affair»), gli mancano soprattutto i colori. Appassionato di storia napoletana, adora i racconti della Repubblica Napoletana del 1799, troppo dotta per avere seguito popolare, «mi sa che non conoscevano il calcio italiano», sorride. L’angolo cittadino che preferisce è Borgo Marinari, perché riunisce tutti gli altri.  

La sia prima partita al San Paolo fu nel 1971, Napoli Varese 1-0, la seconda Napoli Juve 2-0 con gol di Cané e Clerici, l’ultima a Swansea: «Che freddo!». Rimpiange lo stadio prima della copertura fatta per i Mondiali, quando, dice, «era bellissimo».  È sicuro che non avremo mai  uno stadio nuovo di proprietà e che neppure ci serve: «Basta dare alla società un ‘long lease’ di 70-90 anni, con regole precise di mantenimento ed utenza e i soldi per rimetterlo a posto si trovano». 

È rafaelita perché di Benitez gli piace l’approccio al calcio, la comunicazione sportiva ed umana: «Come sempre, a Napoli, lo si rimpiangerà quando andrà a vincere altrove. A proposito – aggiunge – grasso è bello». Dice che nel campionato «può ancora succedere di tutto, si può vincere e perdere, non è questo il problema, purché l’impegno sia massimo».
Il giocatore azzurro che preferisce è Hamsik, ma ritiene che Lorenzo possa diventare un fuoriclasse, «dobbiamo solo coccolarlo», e non bisogna sottovalutare Jorginho, «un bravo ragazzo».

La partita la vede al bar di Felice, “Italia Uno”, il ritrovo del Napoli Fans Club London in Charlotte Street: «Il mio posto è riservato, devo avvisare se non vado altrimenti si preoccupano. Potrei restare a casa, e vederla tramite i network internazionali, ma i vicini poi si impressionano», spiega. Il bar di Felice è come uno stadio, mancano solo i fumogeni e i tracchi:  «Gli abbiamo già rotto due plasma, ma Felice salta con noi quando esultiamo». Tanti i riti scaramantici: il giorno della partita si fa tutto quello che si è fatto il giorno della precedente vittoria, cibo, vestiti, mezzo di trasporto, e si evita tutto ciò che si è fatto il giorno dell’ultima sconfitta. 

Il Club ha poche regole che chi vuole vedere la partita qui deve accettare: si tifa solo a favore; niente discriminazioni; rispetto; non si fischia il Napoli, si è sempre positivi, fino alla fine del match. Espedito e Marco spingono perché tutti siano portatori sani di napoletanità: «Non guardiamo all’episodio singolo, ma alle fondamenta che reggono il progetto, se il progetto c’è, altrimenti ci chiediamo quale progetto serva».
Per il Napoli Fans Club London, il bene del Napoli lo possono fare i tifosi, se illuminati: «Il bene di Napoli invece lo devono costruire i napoletani, tutti, senza scuse né alibi, evitando le autocelebrazioni, la retorica, gli stereotipi, senza urlare. Facendo anche le cose piccole, ma facendole». Un ideale splendido. 

Al gol di Mertens si alzano cori da curva cantati all’unisono. A quello di Marek arriva la poesia di Espedito: «Innamorati, Marek, perché si gioca anche con la testa».  


Ilaria Puglia

ilnapolista © riproduzione riservata