«La mentalità italiana è chiusa: se vuoi capire le cose devi partire, vivere lontano. Prendi Benitez. In tanti, a Napoli, non lo gradiscono perché è un salto di qualità, un modo diverso di vedere il calcio, troppo difficile per una città come la nostra». Condensa il tutto così Marcello Buono, trentanove anni, capo del dipartimento audiovisuale dell’Hotel Paradisus Melia di Punta Cana, Repubblica Dominicana.
Originario del Vomero, via Simone Martini, ha vissuto a Londra, in Spagna, a Manchester e infine, circa tre anni fa, si è trasferito ai Caraibi. Confessa che ammazzerebbe per una parmigiana di melanzane e che la tradizione napoletana a cui è più affezionato è il casatiello pasquale: «Ultimamente sono ossessionato dal cibo. Mi manca. E mi manca la mia famiglia». Il caffè lo beve «da solo, forte, lo amo quando mi sveglio la mattina», un rito imprescindibile.
Legatissimo a San Martino, allo stadio Collana e ai luoghi dove giocava a pallone da ragazzo, dice che il Napoli rappresenta le sue origini ma anche la rivincita per i torti subiti e le assurdità che dicono di noi: «Quando vengo a Napoli vado sempre al San Paolo, è un luogo dove la strafottenza che c’è in città scompare e 60mila persone diventano una sola. Allo stadio mi piace gridare, dire parolacce, sfogare, abbracciare il vicino di posto che non conosco». Si augura che il Napoli vinca l’Europa League e agguanti il terzo posto, «così tutti taceranno su Benitez, che è un signore». Adora Callejon: «Mi ricorda il mio modo di giocare e poi ho scoperto che di cognome fa Bueno, come me!», sorride.
La partita la vede a casa con la fidanzata, seduto sul letto. A Punta Cana sono le 14.45, Marcello si è svegliato tardi e ha preso solo un caffè. Il rigore di Higuain lo guarda attraverso uno spiraglio tra le dita delle mani chiuse a coprire gli occhi: «Lo sapevo!» urla quando Lopez lo para. Gode per la palla servita da Insigne, dichiara il suo amore per i cross di Ghoulam, non smette un secondo di incitare, gli piace come giochiamo, si esalta per l’attacco che abbiamo. Soffre, perché non finalizziamo. Quando finalmente Hamsik la mette dentro, Marcello urla, dà pugni, lancia cose attorno, salta: una trasfigurazione. Con il gol di Higuain urla ancora e poi, su Gabbiadini… si spoglia. Si leva i bermuda davanti alla sua ragazza: «Lo faccio sempre quando segniamo», dice. E ride di una gioia che ubriaca anche noi.
Ilaria Puglia