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La Gazzetta trova il modo di elogiare l’Inter dopo lo 0-0 col Chievo e noi storciamo il naso per un 3-0 (in ritardo!) al Milan

La Gazzetta trova il modo di elogiare l’Inter dopo lo 0-0 col Chievo e noi storciamo il naso per un 3-0 (in ritardo!) al Milan

“L’Inter ingrana la sesta”, titola così la Gazzetta dello Sport dopo il deprimente pareggio interno della squadra di Mancini. Che però è alla sesta partita senza sconfitte. Il quotidiano sportivo più importante d’Italia, nonché milanese, anche in una domenica infausta trova conforto in Pollyanna e riesce nell’impresa di trovare un dettaglio positivo della squadra nerazzurra. Vale sempre la pena sottolinearlo nel giorno in cui la stampa cittadina storce il naso dopo il tre a zero rifilato al Milan. Storce il naso perché il Napoli, pur avendo giocato tutta la partita un uomo in più, ha sbloccato il risultato solo nella seconda parte del secondo tempo. Peraltro con Hamsik che ha eguagliato il record stagionale di gol col Napoli: tredici (tutti partendo dalla nostra area piccola, eh, tranquilli). Avrebbe dovuto segnare prima il Napoli. E, per carità, si potrebbe anche essere d’accordo, ma le partite finiscono al novantesimo, i cavalli si contano al palo, e al palo il Napoli ha vinto tre a zero, ha tirato 27 volte in porta (insomma, un assedio), è giunto a 95 gol segnati in stagione (a nove dai 104 dello scorso anno).

Insomma, di aspetti positivi ce nesarebbero e ce ne sono, eppure non riusciamo a vederli. Siamo afflitti dal cronico vizio di guardare il bicchiere mezzo vuoto. Tra l’altro, solo per fermarci alla partita di ieri, la storia del calcio è densa di squadre che con un uomo in meno sono riuscite a portare qualcosa a casa. 

Il concetto di vittoria ritardata è francamente una novità storica nel panorama giornalistico che non può passare sotto silenzio. Perché spalanca le porte a una differente visione degli eventi. Seguendo questo parametro, il Manchester United di Ferguson non ha mai battuto il Bayern di Monaco in finale di Champions; o, ancora, è dimezzata la vittoria del Barcellona di Rijkaard nel 2006 in Champions perché impiegò oltre un’ora per piegare un Arsenal in dieci uomini. Per non parlare di Alan Wells che potrebbe richiedere indietro la medaglia d’oro di Mosca ai danni di Mennea o della riabilitazione del povero Bitossi. E potremmo proseguire all’infinito.

Ma torniamo alla partita. Pronti via, ci siamo guadagnati un rigore dopo quaranta secondi. Splendida palla di Insigne per Hamsik che viene abbattuto da De Sciglio. Rigore e cartellino rosso. Tre minuti dopo, Higuain si fa parare il tiro da Diego Lopez. Quello del rigore sta diventando un problema per il Napoli che, paradossalmente, quest’anno ha vinto la Supercoppa italiana proprio ai rigori. Sembrava che il Napoli dovesse fare un solo boccone della squadra di Inzaghi e invece non si riusciva a sfondare. Il Napoli non si è praticamente mai reso pericoloso nel primo tempo, pur provando a invertire gli esterne e pur avendo un Insigne in vena (al contrario di un Higuain che comincia a innervosirsi un po’ troppo con i compagni, qualcuno dovrebbe moderare questa cavanizzazione di Gonzalo). Bonaventura, in uno dei due tiri verso la porta di Andujar, ha scheggiato il palo di testa. 

Piano piano, però, il Napoli ha compresso il Milan sempre di più. Nella ripresa Callejon ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare, Hamsik ha colpito un palo. E quando sembrava che la partita fosse maledetta, il Napoli ne ha segnati tre in sei minuti (do you remember Istanbul?). Hamsik (gran gol), Higuain (gran velo di Gabbiadini) e lo stesso Gabbiadini. Pratica archiviata.

Lo ricorderemo fino alla noia, il Napoli ieri ha giocato la sua 53esima partita della stagione (nessuno come noi). Benitez ha di fatto rinunciato al turn over davanti, ha “solo” sostituito la coppia di centrocampo. Con Jorginho che ha sbagliato tanti, troppi passaggi. Ma con un Insigne che sembra sempre più in palla e un Hamsik che ha ripreso la falcata dei bei tempi, sempre testa alta e anche il tiro. Ah, sono tornati i teorici dell’arretramento. Sì, Benitez lo ha portato in mediana al posto di Jorginho per fare spazio a Gabbiadini; lo ha fatto anche a Empoli e anche altre volte. Ma ieri parlare di arretramento è risibile, si è giocato a una sola porta, in quaranta metri di campo, e il Napoli ha avuto il grande merito di non perdere mai la pazienza, di continuare a far girare palla e attaccare senza smarrire la convinzione. Per carità, è un gioco che può non piacere (ci mancherebbe, Rummenigge “odia” il tiki taka di Guardiola, ad esempio) ma è un gioco, è il nostro gioco. Il Napoli ha un’identità ben definita, nel bene e nel male.

Poi avremmo un’altra domanda: com’è la storia? Se le sostituzioni non incidono sulla partita, le ha sbagliate; se invece cambiano il match, ci si chiede: ma perché non li ha messi dall’inizio? Mah.

La corsa alla Champions si è riaperta, perché solo nelle favole le squadre vincono tutte le partite, anche se quattro punti (dalla Lazio) a quattro giornate dalla fine non sono affatto pochi. Il Napoli ha ancora due strade per raggiungere la qualificazione alla competizione più prestigiosa e più redditizia economicamente 

Giovedì arriverà il Dnipro per la semifinale d’andata. Avviso ai naviganti: il Dnipro non è il Cittadella. Ha un’ottima difesa ed è una squadra ostica, altrimenti non sarebbe lì. Non si capisce perché a Napoli ci si debba far male da soli. A Milano si esaltano o fingono di esaltarsi per la sesta partita senza sconfitte dell’Inter e noi non riusciamo a goderci una semifinale che mancava da 26 anni.

Il finale è dedicato a un momento di goduria. Dopo tanti e tanti anni, il Napoli dal punto di vista mediatico ha smesso di essere la squadra simpatia. Le frecciate non mancano mai. È una bella sensazione. Non la provavo da tempo. Ed è il segnale più eloquente per comprendere quanto siamo cresciuti.
Massimiliano Gallo

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