In apparenza sono rose e fiori. Aurelio De Laurentiis illustra il progetto, qualche quotidiano riporta il virgolettato del sindaco de Magistris: “Firmerei anche stasera”. Però poi, a leggere meglio (in realtà era chiaro anche ieri, come ha scritto Iovene) emergono non poche perplessità.
Il progetto c’è. È quello di cui si è ampiamente parlato, firmato dall’architetto Zavanella. Via le curve, capienza ridotta a 45 mila spettatori, investimento di 30 milioni di euro. Si dovrebbe partire in primavera e terminare entro il 2017. Il condizionale va scolpito a caratteri cubitali. A De Laurentiis sarebbe concessa la realizzazione di un centro commerciale a piazzale D‘Annunzio, dovrà sistemare piazzale Tecchio e realizzare una pista di atletica per il quartiere. All’interno dello stadio sono previsti ristoranti, negozi, il museo del Napoli.
Mentre scriviamo ci viene da sorridere. Per una serie di motivi. Ci sembra logico che lo stadio San Paolo a Napoli non si rifarà mai. Un po’ perché di opere realizzate con soldi dei privati se ne sono viste pochine, per non dire nessuna (guardate cosa sta accadendo a Napoli Est); un po’ perché se De Laurentiis avesse voluto realizzare investimenti a lungo termine, probabilmente si sarebbe mosso da tempo. È una questione che va avanti da anni, a parole. Insomma, è un concorso di cause che fa dello stadio San Paolo il classico Godot. In questi anni di Europa calcistica, abbiamo visto che cosa sono gli stadi all’estero e francamente è ahinoi inimmaginabile raggiungere quegli standard. È proprio la concezione dello stadio che è diversa, la filosofia di base: un luogo per guardare sì il calcio ma non solo. Soprattutto, un luogo dove il calcio viene vissuto in maniera confortevole. Il calcio è considerato un momento di svago, da vivere magari con i familiari in tranquillità. In Italia non è così, non potrà ragionevolmente essere così almeno in tempi brevi (anche se qualcosa si muove, dopo la Juventus c’è la Roma), bisogna essere realisti.
E poi all’estero le città sono in movimento, eterni cantieri, Dusseldorf (per raggiungere Dortmund) come Londra, Marsiglia è stata da poco rivoluzionata. Giusto per fare qualche esempio. Napoli procede lentamente anche se i segnali positivi non mancano: dall’aumento delle presenze dei turisti alla decisione di Easyjet di abbandonare Roma per Napoli, ai progetti di restauro dei monumenti. Ma il mood generale non è cambiato. Non si è ancora creato quel clima (e temiamo che occorrerà tempo) per cui la trasformazione della città e la realizzazione di nuove strutture (come lo stadio) venga vissuta con assoluta normalità, come uno dei tanti cantieri in costruzione. Insomma, siamo sempre al pessimismo dell’intelligenza e all’ottimismo della volontà.
Al di là di queste considerazioni, leggendo Il Mattino emerge che lo stesso sindaco nutre non pochi dubbi sulla sostenibilità economcia dell’operazione. Tant’è vero che si parla subito di sponsor. Magari pensare positivo aiuta. E allora la parola adesso spetta al consiglio comunale. Nel frattempo, la presentazione del progetto ha fatto scattare automaticamente una convenzione ponte tra il Napoli e il Comune per lo stadio.
Massimiliano Gallo