Tiki taka visto lunedì.
L’inviato della trasmissione sportiva attende l’arrivo all’aeroporto di Caselle del calciatore Cuadrado, nuovo acquisto della Juventus. Una tipica scena di un piccolo aeroporto in agosto: padri abbronzati, mamme con scialletti, bambini con magliettina e ciabatte che zompettano sullo sfondo. Al centro dello schermo, l’inviato sorride: infagottato in una giacca a vento impermeabile, vestito come fosse dicembre, ci mostra il filmato esclusivo: Cuadrado in t-shirt sorridente circondato da tifosi in tenuta estiva.
Il collegamento ritorna in diretta e dallo studio un ospite prorompe in una risata fragorosa: l’inviato è vestito come fosse inverno ma siamo al 24 agosto. Un ospite in studio chiede all’inviato che tempo faccia all’aeroporto di Caselle, il giornalista si guarda intorno smarrito e afferma: caldo non fa.
Tutti ridono in studio, già sudati per i riflettori bollenti che li illuminano a giorno. L’ex allenatore, l’attore, l’ex professore, l’ex arbitro, l’ex di un calciatore.
Nel torpore della tarda notte, continuo a vedere questa gente sovrappeso e ingrigita inveire contro la cattiva forma di questo o di quell’atleta professionista. Le figure sullo schermo mi sembrano personaggi di Hieronymus Bosch: trasfigurati, intrappolati in un fermo immagine.
L’ex calciatore è diventato un giovane anziano con un accenno di tintura ai capelli e un paio di lenti con una montatura improbabile, ambizioso ma smarrito tra i corpi e le cosce delle modelle che narrano le generose prestazioni degli atleti criticati: forse in campo non corre, mio caro ex arbitro (ex cornuto?) ma ha un’energia, caro il mio ex allenatore, che non ti immagini. E il presentatore si umetta le labbra con la lingua, si passa la lingua tra i denti, cominciando all’improvviso a urlare che le cose a Napoli non vanno bene. Mi ridesto. Il Napoli.
Io tifo Napoli. Preceduto da una nuvola di zolfo appare un giornalista tifoso, nuova categoria professionale, che ci ricorda che la sua squadra, il Napoli, è in un momento di rinascita, e ha fatto vedere cose buone. Ma il Napoli ha perso, mi dico a mente. Me lo domando, anche. E infatti, da un servizio, le testimonianze raccolte in città parlano di scoramento per la sconfitta. Un presepista, che ha già fabbricato centinaia di Sarri a dimensione naturale, paventa la possibilità di avere fatto un investimento sbagliato. Natale è lontano, ma per il presepista contemporaneo, che trasforma anche il presepe in un programma televisivo, le scelte vanno fatte subito, in estate, e un esonero a novembre equivale a una perdita economica notevole. Il presepista prevede lo scollamento solo dopo l’8 gennaio.
Rifletto sulla caducità del presepe nella società liquida, lo studio tv ribolle. L’attore ospite riferisce di un precedente allenatore borioso e superbo, che non dava forse la carica giusta. Il giornalista tifoso rincara la dose, e attribuisce a questo spagnolo anche la sconfitta della squadra guidata adesso dal nuovo allenatore, Sarri appunto.
Un ex esperto, che appare solo a mezzobusto incollato su un tavolo in studio, ricorda che il Napoli ha fatto 204 gol in due campionati, ma il giornalista tifoso continua a parlare di macerie, di spagnoli, di disastro.
Ripasso a mente che il Napoli ha vinto la Coppa Italia ed è arrivato terzo, e poi è arrivato quinto, vincendo una Supercoppa di lega, approdando alle semifinali di Coppa Italia ed Europa League. Il resto del racconto lo fanno le percezioni e gli interessi contingenti. Il giornalista tifoso reciterà la parte dell’adepto del nuovo corso, e la difenderà, forse non perché ami il Napoli, ma perché deve difendere se stesso e la sua scientifica giornalistica verità di tifoso.
Ho amato un giornalismo che racconta le percezioni e le piccole fratture emotive dei calciatori, le trappole del divismo, la dimensione dello sport in una società così influenzata dal risultato, e vedo da anni giornalisti che riverberano le proprie percezioni sul pubblico alterando addirittura i dati, i fatti.
E così non si sono messi d’accordo su cosa fosse successo a Reggio Emilia e come fosse maturato il fatto.
All’aeroporto di Caselle non hanno chiarito se era l’inviato a sentire freddo o i turisti a sentire caldo.
In studio tutti, simpatici, antipatici, belli, tristi, ex questo ed ex di quell’altro, prossimi ex e futuri già qualcosa, sudavano.
Tutti agitati, su di giri, a vendere la propria percezione come assoluta, e a scommetterci. A beneficio di chi? Di cosa?
Si muove un’industria considerevole intorno ai calciatori. Ci sono centinaia di esperti, mezza serie A dal 1985 al 2010 impiegata negli studi televisivi, fotomodelle, professori emeriti che ci raccontano la propria percezione del gioco, della finanza, dei rapporti negli spogliatoi, senza parlarci dei fatti e declinando se stessi al plurale come espressione della totalità delle voci dei tifosi. Un ospite parlava di “noi” che facciamo sempre così, o che pensiamo cosà. Percezioni soggettive. Scostumatezza quasi.
Da tifoso, sono preoccupato perché la squadra ha giocato male ma non mi interessa avere un capro espiatorio. Spero che domenica contro la Sampdoria il Napoli giochi bene e che i nostri tornino ad essere felici di giocare nel Napoli. L’unica verità è il campo, e sarebbe bello riempire gli stadi per vedere il fatto e per non farsi rovesciare addosso le percezioni alterate di alcune persone mosse da interessi che non riguardano il tifo, non riguardano la passione nostra e il nostro modo di viverla, ma solo interessi che tutto sommato fanno male solo a noi tifosi e ai calciatori, i quali, ne sono convinto, amano ancora giocare a calcio e sentire dei bei cori di sostegno mentre scattano, e , sì, sudano, felici, per farci felici a noi.
Lo strafatto quotidiano