Si può scrivere un pezzo alla vigilia di Milan-Napoli senza essere banali e retorici? No. Quindi, rassegniamoci e rassegnatevi. Si può dire qualcosa che non sia scontato? Nemmeno. Ci proviamo. Quest’anno Milan-Napoli è vissuto con particolare attenzione a casa nostra. È una partita da cui il Napoli cerca un lasciapassare per l’alta quota. Perché se è vero che le squadre sono appaiate in classifica al decimo posto, i nove punti del Napoli di Sarri “pesano” di più rispetto a quelli di Mihajlovic. Nonostante un bel po’ di soldoni in meno spesi in campagna acquisti. Oggi non contano tanto i novanta bigliettoni del signor Bonaventura (non il calciatore eh) anticipati da Berlusconi nella messianica attesa di mister Bee, quanto il saper stare in campo, le avversarie battute (Lazio e Juventus per gli uomini di Sarri, Empoli, Palermo e Udinese per Mihajlovic e soci), i gol fatti e subiti (sta messo meglio il Napoli con un rapporto di 12 a 7 contro quello di 8 a 9 dei rossoneri).
Insomma il decimo posto percepito del Napoli è diverso dal decimo posto percepito del Milan. Dopo le iniziali titubanze (due pareggi e una sconfitta tra Sassuolo, Sampdoria ed Empoli), Sarri ha virato sul 4-3-3 e su cinque partite ne ha vinte quattro (solo il Carpi è uscito indenne), ha segnato 14 gol e ne ha subito uno solo (Lemina, Juventus) e soprattutto ha esibito un gioco spettacolare relegando gli avversari a modesti sparring partner. Il Milan, invece, ha perso tre partite (Fiorentina, Inter e Genoa) e si è distinto per un gioco modesto. I gioielli del mercato estivo non brillano: Romagnoli è squalificato perché espulso a Marassi per doppia ammonizione e Bertolacci è già stato fischiato a San Siro. Il resto è una difesa pericolante, un centrocampo che non brilla e un attacco che finora ha tenuto a galla i rossoneri. Assente Balotelli – nemmeno convocato – domani Mihajlovic si affiderà al duo Bacca-Luiz Adriano, l’unica certezza di questo avvio di stagione.
È una delle poche volte che Napoli si spinge a Milano non diciamo sicura di sé ma certamente molto speranzosa. Vincere a Milano, in quello stadio che tutto è tranne che un cesso, rappresenterebbe il biglietto da visita che finalmente porterebbe l’Italia a puntare i fari su Castel Volturno e Fuorigrotta. E anche questa è un’arma a doppio taglio. Meglio finire sotto i riflettori o continuare a lavorare nella penombra?
Milano evoca di tutto. Di fatto non è più vicina all’Europa (sia Inter che Milan sono fuori dalle coppe mentre noi siamo il quindicesimo club nel ranking Uefa) eppure nell’immaginario calcistico nazionale resta un luogo che incute timore. Il Napoli non ha battuto i rossoneri in casa loro per ventotto anni prima che Britos, Gonzalo Higuain e Pepe Reina mettessero il loro sigillo nel primo anno di Benitez. Trent’anni fa, ovviamente, ci pensò Maradona. Con un gol che fu un passo di samba, esterno sinistro da fuori area e Terraneo beffato. Delle tante troppe sconfitte meglio non parlare. Di Sacchi, però, non si può fare a meno. E a casa dell’Arrigo il nostro Maurizio Sarri sogna di far pentire Berlusconi che a giugno non ebbe il coraggio (anche per motivazioni politiche) di puntare su di lui. Finì con lo scegliere l’uomo che sembrava destinato alla panchina del Napoli, quel Sinisa Mihajlovic che finora si è distinto soprattutto per aver fatto scaldare oltre trenta minuti il secondo portiere (lo stabiese Donnarumma) a Marassi per mettere pressione a Diego Lopez.
Il sacchiano ce l’abbiamo noi. Così come Gonzalo Higuain, reduce dal gol in slalom di Varsavia con palla all’incrocio dei pali. Loro hanno la tradizione. Sacchianamente non ci sarebbe partita, ma oggi l’Arrigo commenta. La verità è che non è la partita della vita. Devono avere più ansia di noi perché sono loro quelli a rischiare di più. Domenica scorsa la Fiorentina di Paulo Sousa ha mortificato i nerazzurri di Mancini. Noi ci si vede alle 20.45.
Massimiliano Gallo