Quarantadue anni e la grinta di una sedicenne. Due figli, Irene, di 9 anni, e Mattia, di 2, e un marito, Salvatore Sorrentino, che non solo porta un cognome pesantissimo, ma che prima della partita è andato pure a rilassarsi in palestra, beato lui. Ma partiamo dall’inizio.
Monica Canale è nata a Napoli, ha vissuto prima in Corso Secondigliano e dopo in via Epomeo e poi, nove anni fa, alla nascita di Irene, ha deciso di ricongiungere la famiglia raggiungendo il marito ad Anzio, dove oggi è impiegata in un call center. Racconta che la città di Caligola è certo più vivibile di Napoli, ma che l’età media dei suoi abitanti si aggira intorno ai 70 anni e che dunque non c’è poi tanta vita. In più, descrive gli “anziati”, o “portodanzesi”, come maleducati, arroganti e presuntuosi, non trova una sola specialità degna di essere citata sulle nostre pagine (“manca proprio una vera cultura del cibo”) e il vino, poi: “Quando mi sono trasferita qui non riuscivo a credere che non ci fossero vinerie dove sorseggiare un buon bicchiere accompagnato da salumi e formaggi, o una birreria degna di questo nome. Adesso comincio a vederne una o due, forse perché è aumentato il numero dei meridionali che si stanno trasferendo qui. A conti fatti, comunque, quasi tutti gli amici che ho qui e che frequento il fine settimana sono meridionali”, chiarisce.
Definisce Napoli una città maledetta e indimenticabile, la più bella del mondo e i napoletani un popolo forte e fiero, altruista come nessuno. È legatissima al bosco di Capodimonte perché lì la portava sempre il padre: “Non aveva molta disponibilità economica per farci fare altre cose, ma per me andare in bicicletta con lui nei viali del bosco era sempre bellissimo”, ricorda.
La sua prima volta al San Paolo fu per un Napoli-Fiorentina che perdemmo 4-1: “Ero con mio marito, che allora era il mio fidanzato. Persi pure il braccialetto di corallo rosa che mi aveva regalato: fu una tragedia”. Per molto tempo, dopo, Monica ha smesso di guardare le partite: “Ogni volta che mi avvicinavo allo schermo segnava la squadra avversaria”, poi però non ce l’ha fatta più e ha ricominciato a guardare il suo Napoli, e per fortuna è andata bene.
La partita la guarda a casa. Il marito deve ancora tornare, Mattia è a letto, i vicini laziali sono tornati a casa “si spera non a gufare”. Appena sintonizzato il canale giusto, Irene le chiede di essere aiutata a fare i compiti di geografia: “Vabbè, eccezionalmente glieli faccio io, così poi posso vedere la partita”. Pochi istanti prima del fischio di inizio torna a casa anche il marito: “Dividiamoci le risposte!” è questo il miglior modo che Monica trova per accoglierlo. E da lì il pensiero sarà rivolto più volte alla maestra: “Deve essere per forza juventina! Come si fa a vedere i tiri di Hamsik mentre devi pensare a un sinonimo per ‘agglomerati di nuvole’?” urla in preda all’euforia da partita. E aggiunge, in direzione del marito: “E tu, che sei rientrato a casa dopo la palestra e con un dito contuso, soffri in silenzio e cucina! Che io ho già dato con geografia!”.
Tra un gol della Lazio avvertito per l’esultanza del vicino e un’imprecazione contro Callejon che si perde davanti alla porta, Monica cena, abbuffandosi di cordon bleu e maionese. Il marito aggiunge il piccante – Palo – No – “Gooool!” urla, ma poi se la prende con il marito che rischia di svegliare Mattia.
Nell’intervallo, la novenne, dopo la geografia, viene presa da un attacco di mammite: vuole essere accompagnata a letto con ninna nanna annessa. “Nuncia facc”, commenta amorevolmente mamma Monica. Che, intanto, cantando cantando, viene presa dai sensi di colpa per la maionese spalmata copiosa sulla cena per il nervosismo della partita: “Domani mio marito resta a casa e in palestra ci vado io”, commenta amorevolmente la moglie che è in lei. Poi si adombra: troppo silenzio nella casa affianco. “Salvatore, mi guardi cosa fa la Lazio?” e, dopo un secondo, “cortesemente guardi anche la Roma, visto che domani vado al lavoro? Scusa, eh, amore, ma mi devo concentrare sul Napoli”. Il marito osa solo dire “Chiudiamo sta partita” parlando ai giocatori in campo e lei si adombra: “Quando fa così pare che porta sfiga”.
Secondo palo di Higuain: “Sorrentino, mannaggia alla miseria” e poi si ricorda che anche suo marito si chiama Sorrentino di cognome: “Salvatò, chist si chiamm cumm a te????”. Intanto nella casa accanto c’è molto silenzio. Informo Monica che la Lazio pareggia causa autogol di Basta, lei mantiene un certo aplomb mentre lancia un urlo di battaglia verso la parete: “TIE’!”.
Al terzo palo Monica urla, e Salvatore non ci prova nemmeno a rimproverarla: “Va bene, ti perdono pure che ti chiami Sorrentino”, gli dice. Poi Mertens chiude la partita. I coniugi sono in un brodo di giuggiole, si godono il Napoli che negli ultimi minuti, sul 2-0, continua ad attaccare rabbioso. “Amore, la Lazio perde”, comunica Monica. “Godo a pazzo”, risponde Sorrentino. That’s amore. Partenopeo.
Ilaria Puglia