Dopo essersi preso lo sfizio, e, diciamolo, anche l’ardire di suonare per il presidente del Senato Grasso e per i severissimi professori del Conservatorio San Pietro a Maiella e dopo aver stregato Gino Paoli accompagnandolo quando ha cantato ‘O sole mio nel giorno in cui il sindaco de Magistris e l’assessore Daniele gli hanno conferito la cittadinanza napoletana, dopo tutto questo e tanto altro ancora realizzato in pochi mesi di vita in comune – un vero miracolo – i trentasette scugnizzi dell’orchestra sinfonica dei Quartieri Spagnoli qualche giorno fa si sono presentati ai soci del Rotary nella cornice fastosa del Caracciolo e hanno suonato per loro riscuotendo un ennesimo grande successo. L’orchestra si è schierata al gran completo – trentasette musicisti con la maglietta rossa e il logo stampato sul petto – e hanno eseguito pezzi di musica classica, moderna e popolare: neanche una stecca, un trionfo.
L’one boy show è stato Salvatore, il batterista che ha appena compiuto otto anni, che ha portato avanti da solo il bolero di Ravel: un portento, anche per lo sforzo fisico non indifferente che ha dovuto affrontare. Benissimo è andato anche Michele (nome di fantasia) che soffre di una forma non grave di autismo e ha trovato nella musica la medicina giusta. Michele suona il contrabasso, ha trentasei anni, ma “dentro” è rimasto un bambino, fino a qualche mese fa viveva rinchiuso nel suo mondo e non consentiva ad alcuno di entrarvi. Ora si intravede uno spiraglio e i suoi cari hanno ripreso a sperare. «Questa è la nostra vittoria – dice Enzo De Paola, il presidente dell’Accademia che ha fonato l’orchestra e la sostiene con una abnegazione straordinaria – e Napoli, senza retorica, ci ha aiutato a conquistarla». Se si vuole trovare un significato che vada oltre l’effimero di un concerto sia pure ottimamente eseguito, eccolo servito: la musica può essere scuola di vita e di lavoro. A Napoli più che altrove perché nel dna dei napoletani la musica c’è, la camorra no anche se l’industria del crimine è più florida e spietata che mai.
La città sembra voler assecondare il progetto: l’appello per regalare agli scugnizzi orchestrali uno strumento è stato raccolto e gli ultimi donatori sono stati i soci del Rotary che ne hanno comprati dodici. (E qui ci limitiamo solo a immaginare cosa accadrebbe se Gonzalo Higuain e Lorenzo Insigne firmassero una tromba e una chitarra e consegnassero gli strumenti durante un concerto a Castelvolturno: dai, proviamoci). Per gli scugnizzi, che studiano e provano all’Istituto Montecalvario in via Portacarrese, ospiti della Fondazione Focus di Rachele Furfaro, l’esibizione a palazzo Caracciolo è stato come superare il vero esame di laurea e ci hanno messo tutto il sentimento. E anche qualcosa in più, la voglia di prendersi la rivincita e gli applausi, non di circostanza ma fragorosi e sentiti, dei signori dei piani alti che non sono mai stati teneri con loro. Due mondi che difficilmente si sono incontrati e che ora la musica e la solidarietà sincera ha avvicinato.
«La bella notizia è proprio questa – dicono Enzo De Paola e il maestro Giuseppe Mallozzi, ora sarà più facile passare alla seconda fase del progetto che è quello di una didattica finalizzata al conseguimento di un diploma di musicista professionista». Il compito è arduo, la strada è lunga, ma anche Anna, la cinesina del gruppo ormai perfettamente integrata, suona la carica: «Guagliù non dobbiamo avere paura di nessuno, siamo forti». E sembra proprio che abbia ragione Anna, visto come stanno andando le cose. E alla vigilia di una ennesima prova del fuoco che affronteranno in un teatro romano. I ragazzi sanno di aver preso il toro per le corna e non hanno intenzione di mollare la presa. Hanno fatto così fin dall’inizio quando ebbero la sfrontatezza di affrontare il giudizio del pubblico sette giorni dopo aver scelto, seguendo solo il loro istinto e l’intuito del maestro, uno strumento per cominciare. La sera dell’esordio, nella chiesa della Concordia, c’eravamo ed ancora ci vengono i brividi: il maestro Mallozzi, il folle che aveva accettato la sfida, era terrorizzato e per prudenza piazzò alcuni suoi collaboratori tra gli scugnizzi in modo da correggere in corsa i loro errori. Non ce ne fu bisogno.
Carlo Franco