ilNapolista

Il Napolista, un intruso per Napoli e la cultura calcistica

Il Napolista, un intruso per Napoli e la cultura calcistica

Caro napolista, carissimo Vito Antonio Maria Romaniello – ho dovuto immagazzinare aria prima di scrivere tutti e tre i nomi e il cognome che, tra l’altro, è vagamente allusivo in questo giorno di vigilia del derby – io sono il meno indicato a parlare dei meriti acquisiti da questo giornale e dai pregi di una informazione senza aggettivi superlativi né disprezzo per l’avversario perché sono l’ultimo arrivato in redazione, ma mi prendo il diritto di farlo non in forza di un atto d’imperio, ma in nome dell’esperienza che mi deriva dall’essere un giornalista di lunghissimo corso. E, allora, visto che me lo avete concesso, dico subito e a scanso di equivoci che non è stato facile “fare il Napolista”, all’inizio, anzi, Max, Fabrizio e poi via via tutti gli altri che hanno suonato e continuano a suonare questi tasti del tutto nuovi per Napoli e per la sua cultura calcistica che spesso, o quasi sempre, finisce con l’identificarsi con il tifo che, com’è noto, è una malattia che porta contagio, fino a qualche minuto fa sono stati considerati alla stregua di visionari o, peggio di “intrusi” dai quali è preferibile stare alla larga. Perché diffondono notizie false e tendenziose tendenti a dimostrare che la verità calcistica non deve essere strillata e che il San Paolo non è un’arena di guerra, ma di pace e, possibilmente, anche di gioia collettiva. Quando poi il Napolista ha preso a predicare il verbo del rafaelitismo, le cose sono andate ancora peggio ma, con il senno di poi, quello è stato, nonostante tutto, un momento magico perché sono state messe le carte in tavola ed è cominciata la conta: tu stai di qua, tu stai di là.

Che t’aggia di’ caro Vito Antonio Maria, quello che è successo ha poco (o molto?) di napoletano: bell e bbuono ci siamo contati e abbiamo visto che il numero di quelli che erano considerati figli ‘e bbona mamma calcistica erano tanti, tantissimi e, soprattutto, in grado di fare opinione. Tutto sommessamente, com’è nello stile della casa, e con il giusto distacco, perché uno dei mali della cultura calcistica napoletana che qui definiamo vecchia per intenderci meglio e non per dare giudizi che è cosa che non ci appartiene è quello di aver generato una dipendenza troppo forte – e, quindi, – dannosa in quanto spesso sconfinante nel delirio. Per non farla troppo lunga siamo stati in qualche modo intercettati, letti, criticati ma anche apprezzati. E, più di recente, addirittura blanditi con gratificanti offerte di lavoro. Tutto bello, ma la vera gratificazione l’abbiamo avuto salendo le scale della redazione all’interno del convento che ospita il marchio Foqus. Siamo nel cuore dei Quartieri Spagnoli, questa è la vera casa del Napolista e qui il nostro radicamento con la cultura più autenticamente napoletana si completerà. E si esalterà perché scriveremo ascoltando la musica degli ex scugnizzi che hanno dato vita all’orchestra di Quartieri Spagnoli.

Ecco, ho detto tutto. Il resto aggiungetelo voi, commentando il numero che avete sotto gli occhi e il modo, oserei dire lo stile, con cui il Napolista ha presentato il derby con la Roma.
Carlo Franco

ilnapolista © riproduzione riservata