La storia di Marco Giampaolo si divide in due parti, come un film. Ed Empoli è il lieto fine. Il primo tempo è quello del tecnico “innovatore”, bravo, fortunato. Che individua un’occasione, sfrutta un corridoio e quasi “aggira” un regolamento per imporsi. Il secondo tempo racconta invece un down che sembra infinito, senza via d’uscita. Se non il solito gioco “contro”, quello dei profeti o dei santoni della panchina. Alla fine, pare l’abbia vinta lui, con quest’Empoli che viaggia a +12 rispetto alla macchina quasi perfetta di Sarri della stagione scorsa. E che viene al San Paolo a cercare di dare (ancora) fastidio al suo primo inventore.
La parte del predestinato si apre con un incarico di osservatore che poi cresce, si evolve: tecnico in seconda, tecnico in prima “nascosto”, allenatore di grido. Le piazze sono Pescara, Giulianova, Treviso. Poi, il luogo della folgorazione: Ascoli. In apertura della stagione 2004/2005, si legge sui giornali il nuovo nome dell’allenatore dei bianconeri, Silva-Giampaolo. Non è un cognome doppio, ma rappresenta una mezza “scorciatoia” per aggirare i regolamenti. Marco Giampaolo, infatti, non possiede ancora il tesserino di allenatore. Ha bisogno di una “balia”, e meno male che Silva c’è: il sesto posto sul campo in Serie B si trasforma in promozione in Serie A perché Genoa, Torino e Perugia, intanto, hanno dovuto rinunciare per diversi motivi alla promozione.
L’esordio nel calcio dei grandi della strana coppia della panchina ascolana si gioca sotto una pioggia torrenziale, è un Ascoli-Milan e finisce con un incredibile 1-1. Segnano Andriy Shevchenko e Mirko Cudini, difensore centrale passato pure per la Campania, con le maglie di Avellino e Salernitana. Su Youtube è possibile vedere la videosintesi di quella partita, che ha un titolo emblematico: “Ascoli Dominio Totale”. Al di là delle iperboli dei tifosi marchigiani, quell’Ascoli è una squadra che, nonostante un vero e proprio apprendistato in Serie A, gioca bene e nasconde tante future gemme di calciomercato. Ci sono Fabio Quagliarella, Pasquale Foggia, Igor Budan e Maurizio Domizzi, che proprio dalle Marche partirà per la sua avventura napoletana. E poi c’è l’uomo in panchina, l’allenatore vero di questa squadra. Marco Giampaolo, a fine stagione, con un incredibile decimo posto finale, è uno degli allenatori più appetiti del campionato. Nulla potrebbe far pensare all’inizio del down.
Napoli-Cagliari 0-2 del 26 agosto 2007 è l’esordio del “nuovo” Napoli in Serie A. Sulla panchina dei sardi siede proprio Marco Giampaolo. Che, nel frattempo, ha finalmente preso il patentino, si è fatto esonerare già una volta da Cellino per poi essere richiamato. È stato confermato dopo la salvezza, e quel Napoli-Cagliari pare confermare la bontà della scelta, insieme a un altro promettente inizio di campionato. Solo che Cellino è Cellino: qualche risultato negativo ed ecco un altro esonero. Quello definitivo, stavolta, e il “merito” è solo dello stesso Giampaolo che rifiuta la richiamata del presidente sardo dopo il benservito a Nedo Sonetti. In una nota affidata al suo legale, dice no al ritorno al Cagliari adducendo che «la dignità e l’orgoglio non hanno prezzo».
Siena e Catania sono le esperienze successive: in Toscana conclude il campionato con il record di punti in A, 44, dei toscani; in Sicilia viene esonerato dopo 20 partite. La parabola discendente prosegue a Cesena, e c’entra ancora (un po’) il Napoli. La prima giornata del campionato 2011/2012 vede contrapporsi bianconeri romagnoli e azzurri e finisce 1-3. Quel match è il preambolo di un inizio pessimo, roba da 3 punti in 9 partite e appena tre reti segnate. Giampaolo scende in B, col Brescia. La scelta di allenare le Rondinelle si rivela subito controversa, anche perché il tifo organizzato del Rigamonti vorrebbe la conferma di Calori. In un’intervista a Repubblica, Giampaolo racconta così quell’esperienza: «Gli Ultras non volevano Fabio Gallo, che avevo scelto come vice. Me lo dissero subito, durante la presentazione. Io accettai questa decisione, e sbagliai. Il problema era che mi sentivo molto legato a Iaconi, il direttore sportivo. Così rimasi e Fabio, per non crearmi problemi, si fece da parte. Il presidente parlava di promozione in due anni, ma altri dirigenti pretendevano cose diverse, pù grandi e subito. I tifosi iniziarono a fischiarmi dopo il secondo pareggio, perdemmo la sfida interna col Crotone e fui invitato, dalla Digos, a un incontro chiarificatore con la curva. Per me fu un’umiliazione tremenda, anche se, l’ho confermato anche alla Digos, non subii nessuna minaccia». A quell’episodio, Giampaolo risponde con una decisione storica, rifiutandosi di allenare ancora la squadra e presentando dimissioni irrevocabili, confermate poi nel febbraio successivo quando Corioni lo richiama sulla panchina delle Rondinelle. L’ultima tappa è Cremona, ed è vecchia appena di un anno: parliamo di lega Pro, di Gigi Simoni direttore tecnico grigiorosso e di un anonimo ottavo posto.
Manca un momento, in questa storia prima di Empoli. La grande occasione mancata. Estate 2009, subito dopo l’ottima annata a Siena: Giampaolo viene contattato dalla Juventus che ha licenziato Ranieri a due giornate dalla fine ma non crede troppo nel suo successore, Ciro Ferrara. In un’intervista, ha raccontato la sua delusione per quella grande occasione mancata: «La mia carriera poteva avere una svolta se fossi andato alla Juventus dopo il primo anno di Siena. Allora mi chiamò l’ex ds Secco a fine campionato per un primo contatto. Meritavo la Juve in quel momento ma poi i dirigenti scelsero Ferrara che fu esonerato. Chissà, forse con me in panchina la squadra bianconera avrebbe fatto un altro cammino nella stagione 2009/10».
Quando viene nominato allenatore dell’Empoli nel post-Sarri, qualcuno sorride di gusto. Oggi, il suo Empoli è una delle squadre più belle da vedere dell’intero campionato. Giampaolo ha lavorato nel solco di Sarri, innestando sugli automatismi del suo predecessore una maggiore predisposizione alle combinazioni centrali, soprattutto tra i giocatori di centrocampo. Meno verticalità “pura” alla Valdifiori, un maggior circolo di palla nel triangolo delle meraviglie Saponara-Zielinski-Paredes. Il gol al Milan, realizzato proprio da Zielinski, potrebbe essere il manifesto della squadra toscana che giace tranquilla a tre punti dalla zona Europa League e con un rassicurante +12 sulla zona salvezza. Per la gioia di Giampaolo, ovviamente, che però resta con i piedi ben ancorati a terra. «Sarri ha svolto un lavoro eccezionale qui, non potevo alterare quanto di buono fatto da questa squadra negli ultimi due anni. L’anno prossimo ancora all’Empoli? Devo ancora guadagnarmi del tutto la fiducia, il cammino è lungo».
La Juventus è lontana. Sulla Gazzetta di oggi, Paolo Condò parla così dell’Empoli e di Giampaolo: «La forza di un gioco coraggioso e offensivo è testimoniata da un altro dato, quello delle classifiche “spezzate”: contro le squadre che in classifica sono dietro l’Empoli, Giampaolo viaggia a una media da scudetto. Con quelle che lo precedono, ha messo insieme appena tre punti. L’Empoli gioca sempre a calcio, e per farlo commette degli errori: i campioni non glielo perdonano, i giocatori normali non sanno approfittarne e vengono subissati. […] Se Sarri ha dimostrato a Napoli che il suo talento è universale, adatto a ogni dimensione, su Giampaolo è logico avere qualche dubbio. In attesa che anche lui abbia la sua grande occasione, perché se la merita». Non possiamo che concordare.