Una brutta storia. Lettere anonime, ricatti, presunti festini a base di droga con gente della camorra e persino pedofilia. Fabio Quagliarella racconta la sua verità, e lo fa in un’aula di tribunale a Torre Annunziata: il calciatore si è costituito parte civile ed è stato ascoltato ieri nel processo a carico di Raffaele Piccolo, che negli organi di informazione viene definito come “il poliziotto stalker dei vip”. E che si sarebbe reso protagonista di continue pressioni nei confronti dell’attaccante stabiese.
Tutto inizia attorno al 2006, l’anno che cambia la vita e la carriera di Quagliarella, cresciuto nel Torino e passato pure per la Fiorentina durante i suoi primi giri da promettente cacciatore di gol. L’avventura in viola. poi ancora il Torino e infine l’esordio in A con l’Ascoli, ultimo domicilio prima della grande occasione genovese. Ecco la Sampdoria ed ecco pure un nuovo Fabio Quagliarella: i gol impossibili da centrocampo, le giocate raffinate e la percezione che la Serie A abbia trovato un nuovo prototipo di attaccante, tecnico ed efficace allo stesso tempo. Mentre avviene questo cambiamento in campo, ecco le prime avvisaglie di quanto succederà in futuro. Lo racconta lo stesso Quagliarella: «Ho conosciuto Piccolo nel 2006, ero alla Samp. Era un presunto esperto di indagini informatiche, mi aveva aiutato a risolvere alcuni problemini con computer e cellulare in cambio di magliette e autografi. Qualche tempo dopo, sono iniziate ad arrivare alcune lettere in cui venivo accusato di partecipare a festini organizzati dalla malavita, persino a degli incontri sessuali di gruppo con delle ragazzine».
Durante il suo periodo alla Samp, Quagliarella mette insieme 13 gol in 35 partite e si toglie pure lo sfizio dell’esordio in Nazionale. Alla seconda partita in azzurro, Italia-Lituania 2-0 del 6 giugno 2007, realizza due gol da fuori area. Lo cercano tutti ma la sua situazione contrattuale è delicata: Fabio ha il cartellino diviso a metà tra i liguri e l’Udinese, e proprio quest’ultima la spunta alle buste e compone un tandem da sogno con Di Natale. Due stagioni, 25 gol in 73 presenze e l’Europeo del 2008 con Donadoni, l’allenatore che ritroverà quando, nell’estate del 2009, è il primo colpo “costoso” del Napoli di Aurelio De Laurentiis, che per lui investe 19 milioni di euro sull’unghia. Riavvicinandosi a casa sua, però, Quagliarella finisce per impelagarsi ancor di più nel rapporto con Raffaele Piccolo: le lettere minatorie aumentano, arrivano anche a Castelvolturno, dove l’aria diventa irrespirabile. «A casa di mio padre – continua Quagliarella -, un giorno, arrivò una busta con dentro due foto, in cui eravamo raffigurati io e una bara. Prima che De Laurentiis sapesse di questa situazione, ci sentivamo tutti i giorni al telefono. Dopo, mi consigliò di lasciare Castellammare, di andare a vivere in albergo. Non mi ha mai più richiamato».
Il Mondiale del 2010 poteva essere il Mondiale di Quagliarella. Non lo fu: Lippi, ritornato ct dopo Euro 2008, si fece bendare dalla riconoscenza verso gli uomini di Berlino, e preferì lasciare in panchina sia l’attaccante stabiese che l’altro azzurro Maggio, convocati a furor di popolo dopo un buon campionato con il Napoli, passato da Donadoni a Mazzarri e in lotta Champions fino alle ultime giornate. Quagliarella gioca sempre, non segna tantissimo (solita media gol: 34 partite, 11 realizzazioni), fa discutere ma in realtà non si discute, come calciatore e come napoletano. Almeno fino al giorno del “tradimento”, in cui decide di abbandonare Napoli e abbracciare addirittura la Juventus nemica storica della tifoseria. L’addio arriva nel giorno del preliminare in Europa League in Svezia. Ieri, durante l’interrogatorio tenuto dal pm Barbara Aprea della Procura di Torre Annunziata, Quagliarella parla anche della decisione di trasferirsi a Torino: «Sono stato malissimo. Dopo le lettere e gli sms fui costretto a lasciare la mia città. Quando andai alla Juve, nelle lettere c’era scritto che avrebbero picchiato la mia famiglia per il mio addio al Napoli». (Fonte: Salvatore Piro, lostrillone.tv)
Il primo anno a Torino inizia alla grande, con 9 gol in 17 partite e un ruolo di primissimo piano in una stagione interlocutoria per la Juventus, con Delneri in panchina e una rivoluzione che tarda a dare i suoi frutti. L’infortunio contro il Parma, 6 gennaio 2011, mette fine al suo primo campionato. Le lettere continuano ad arrivare anche a Vinovo, sede della Juve, ma poi la persecuzione cessa. Vittorio Quagliarella, padre dell’attaccante, nell’udienza del 18 febbraio scorso, confessa che «Fabio ha più volte denunciato le minacce subite, le continue e pressanti richieste di benefit di Piccolo in cambio di un aiuto nelle indagini».
La carriera riprende a singhiozzo: quando rientra, la Juventus è un’altra squadra. Ci sono Matri e Vucinic, in panchina c’è un Antonio Conte che lo stima ma non può garantirgli il posto fisso. Tre stagioni, più che altro di spezzoni, tredici gol (uno al Napoli nel 3-0 dell’aprile 2012) ma pure tre scudetti e i fischi e gli insulti ad ogni sfida contro gli azzurri. I tifosi non dimenticano. Poi è ancora Torino, però in maglia granata, quella del suo percorso giovanile. Arriva per sostituire Immobile, si impone come uomo decisivo dell’attacco di Ventura, segna ancora al San Paolo, non esulta. L’anno scorso, quest’anno. Le polemiche del 6 gennaio incorniciano il suo momento negativo pure in campo, perché nella vita privata il processo è andato avanti a rilento: di male in peggio, perché lo stalking ha una prescrizione breve, sette anni e mezzo. La corsa contro il tempo della procura di Torre Annunziata cozza pure contro un rinvio, quello del settembre scorso. Quagliarella era atteso per testimoniare, non si mosse da Torino. Cambio di giudice, inutile la sua presenza. Il rinvio fino all’udienza di ieri, alla sua versione anche del suo addio al Napoli.