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Non vedi Napoli e poi vinci: il segreto di Sarri (e De Laurentiis) è la distanza dalla città

Non vedi Napoli e poi vinci: il segreto di Sarri (e De Laurentiis) è la distanza dalla città
Maurizio Sarri in una foto di Matteo Ciambelli

Un re senza città. Non vedi Napoli e vinci. C’è un dettaglio formidabile nella cronaca della vita quotidiana sarrita di Monica Scozzafava, l’altro giorno sul Corriere del Mezzogiorno. Dopo tre giorni di moderata retorica e di enfasi inzuppata nel nuovo coro ultras (difendo la città, ha gridato con trasporto emotivo Pietro Gargano sul Mattino) per la mezza bestemmia invernale, scopriamo che Maurizio Sarri, l’uomo diventato simbolo di un traguardo conquistato dopo un quarto di secolo, non visita Napoli da cinque anni. L’ultima volta fu quando allenava ancora il Sorrento. Prese l’aliscafo e arrivò a Mergellina. Di lì a Bagnoli. In tutto un’ora. Chiosa poetica di Scozzafava: “Maurizio Sarri sente Napoli, ma preferisce chiudere gli occhi e ricordare l’infanzia. Avvertire sensazioni più che godere della vista di una città che rappresenta il mito di un bambino di tre anni che arrivò in Toscana dove i coetanei chiamavano babbo il loro genitore e lui insisteva con papà”. Appuntiamoci questi due verbi. “Sentire” Napoli. “Avvertire” Napoli. Tutto, ma non vedere. Come se Sarri fosse un cieco dell’anima, un Ray Charles della panchina. È un’immagine molto borgesiana. Napoli come l’Argentina non è un luogo fisico. È una nostalgia, è un’idea, un ricordo.

Di emozione in emozione cambiamo città. Nelle stesse ore in cui l’apologia di Sarri invade la stampa italiana e internazionale, a Roma si è consumato il dramma del francese Garcia. E lo scatto più inflazionato per raccontare la caduta dell’ex fenomeno – che rimise la chiesa al centro del villaggio – è stato il famoso selfie al Colosseo, con la compagna Francesca Brienza. Questa foto è la pietra miliare della narrazione critica su Garcia. L’emblema della sua romanizzazione nel senso peggiore del termine. Un cambiamento che sconta anche vizi atavici, rivelati dal serio Burdisso in una recente e clamorosa intervista alla rosea Gazzetta: “A Roma non ci si allena. Noi eravamo la disperazione di Zeman e Montella”. Non a caso, il Corriere dello Sport ha celebrato l’atteso ritorno di Spalletti come l’uomo che portò “la cultura del lavoro” a Trigoria.

Due uomini, dunque. Uno che non vede la città e vince. L’altro che ci si tuffa dentro e viene esonerato. Una simmetria casuale, senza dubbio, ma le coincidenze aiutano a riflettere e nel caso di Sarri la riflessione è doppia. Perché non vive la città e perché quella città è Napoli: città unica al mondo, ex capitale di un regno, musa e ispirazione di ogni arte umana eccetera eccetera eccetera. Il ragionamento si allarga e diventa più suggestivo se si considera che anche l’artefice, il mecenate di questo rinascimento azzurro non vive a Napoli. Aurelio De Laurentiis, in tutti questi anni, è sempre rimasto romano e nella Capitale il suo quartier generale è in via XXIV Maggio, scelta appositamente perché è anche il giorno del suo compleanno. Ecco il punto: il napolicentrismo di tanti autorevoli osservatori come spiega questa anomalia? Una sorta di terza via tra il fuitevenne eduardiano e il coraggio di restare? Una delocalizzazione con il marchio “Napoli”? Far vincere e amare Napoli senza abitare a Napoli, questo il tema.

Sarri risiede in una villetta a Lago Patria. Ogni giorno fa venti chilometri all’andata e altrettanti al ritorno per l’allenamento a Castel Volturno, in provincia di Caserta. La sua vita è questa. Quando poi ci sono gli impegni al San Paolo chissà cosa vede, oltre a sentire e avvertire, nel percorso blindato fino a Fuorigrotta. L’unica cartolina napoletana di Sarri, dal vivo, è questa. È un pendolare. Vive e allena in provincia. Come fecero anche Mazzarri (vicino a Pozzuoli) e Benitez (che abitava nel centro di Castel Volturno). Il Napoli di De Laurentiis coltiva questa distanza tra i vertici e la città da più di un decennio. Forse un significato c’è. Alla didascalia ideale della foto del vino regalato a Sarri da Adl per il suo cinquantasettesimo compleanno si nota la mancanza dei tarallucci. Vino toscano e basta. Qualcosa è cambiato. Aggiornando l’enfasi cittadina, relativa a Sarri: “Difendo la città ma non la vedo”.

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