Dopo Milk e Andrews ecco Mancini, Nagatomo, Felipe Melo novelli paladini per i
diritti della comunità LGBT.
Da stasera, grazie alla denuncia di Roberto Mancini, eroe dei nostri tempi e
degno erede di Martin Luther King, il mondo sarà finalmente un posto migliore.
Mancano pochi minuti al fischio finale di Napoli Inter, con i nerazzurri in
vantaggio. Mancini protesta, Sarri pure, la tensione è alle stelle. I due
allenatori litigano, se ne dicono di cotte e di crude e alla fine vengono
espulsi.
A match concluso, durante le interviste di rito, ecco il j’accuse
dell’allenatore nerazzurro: “Sarri è un razzista, mi ha dato del frocio. Non
può stare nel mondo del calcio”. Dopo questa affermazione, uno “scosso ed
emozionato” Mancini si congeda dai giornalisti preferendo lasciare il San
Paolo. Nel mentre la Società di Appiano Gentile imponeva il silenzio stampa ai
suoi tesserati.
Su mamma RAI (Zona 11 pm, trasmissione condotta da Marco Mazzocchi) inizia il
processo mediatico, come se già non bastassero le agenzie di stampa, anche
internazionali, e la rete.
Sarri è messo sulla graticola fin dall’inizio, si chiedono punizioni esemplari
e si sostiene che l’omofobia del tecnico toscano sia “reiterata”. In
particolare Giampiero Timossi, che si distinguerà per tutta la serata
sottolineando il gesto eroico di Mancini e criticando aspramente l’allenatore
toscano, attribuisce a Sarri ulteriori “esternazioni omofobe”. Pronunciate in
epoche passate e in campionati minori e per questo passate inosservate.
Nel frattempo “il becero razzista” interviene in diretta. Visibilmente
contrito e mortificato ripete più volte di aver sbagliato, sostiene di essersi
scusato con Mancini, ricorda il suo passato e ritiene che certe cose potrebbero
pure chiudersi al fischio finale. Apriti cielo, già messo alla berlina da tutto
lo studio (Di Marzio escluso), la dose viene rincarata. Si richiedono
nuovamente pene esemplari, si sottolinea per l’ennesima volta l’eroico
comportamento di Mancini, neppure fosse Libero Grassi e si spera che questo
spiacevole episodio possa servire a qualcosa, essere utile “affinchè qualcosa
cambi nel mondo del calcio”. Peppino Impastato Timossi, supportato egregiamente
da Marino Bartoletti Mujica, chiedeva la scomunica di Sarri, riteneva che
questa volta non si poteva stare zitti e voltarsi dall’altra parte, si
vergognava per come i magazine esteri avessero trattato lo scottante caso. Il
tutto condito da Marco Ponzio Mazzocchi che, tra un balbettio e una banalità,
se ne lavava le mani mentre scorrevano in sovraimpressione i numerosi tweet
degli ascoltatori, campioni del politically correct. Ebbene, una vera e propria
fiera dell’ipocrisia.
Nessuno ha ricordato le numerose interviste di Sarri, da sempre uomo colto,
sensibile e progressista. Nessuno ha ricordato le frasi di Lippi e di Moggi
(che crede di essere un novello Matteotti) sugli omosessuali. Nessuno ha
ricordato i comportamenti dell’ex DS bianconero. Nessuno ha ricordato il coro
di Mandorlini o le esternazioni di Tavecchio sui gay, le donne e gli
extracomunitari (il quale tra l’altro dovrebbe esprimersi con parole non
lusinghiere nei confronti di Sarri in quanto Presidente della Figc. E qui si
ride di gusto). Nessuno ha ricordato le parole di Borriello a proposito di
Saviano, nessuno ha ricordato le frasi Lotito o di Conte sulla magistratura.
Nessuno ha ricordato i casi Sculli e Bari. Nessuno ha ricordato i canti dei
tifosi dell’Hellas all’indomani della morte di Morosini e della strage nel
Canale di Sicilia. Nessuno ha ricordato lo striscione pro mafia esposto a
Palermo. Nessuno ha ricordato il comportamento di una parte della tifoseria
della Roma dopo la morte di Ciro Esposito.
Ma si potrebbe continuare all’infinito, tra tesserati e ultrà, non
propriamente eredi di monsignor Della Casa. Soprattutto sono passate in
secondo piano le offese che tutte le domeniche (e non solo) i napoletani devono
subire in quasi tutti gli stadi (e non solo) della penisola. Ma in questo caso
si tratta solo di goliardia, mica si spera davvero che il Vesuvio “si
risvegli”.
Per il resto nessuna difesa d’ufficio spetta al tecnico toscano. Sarri ha
sbagliato, ha usato parole gravi e inopportune e in certi contesti le parole
hanno un peso specifico non indifferente. Ma si deve anche riconoscere che
l’allenatore azzurro si è assunto le proprie responsabilità, ha affrontato i
giornalisti ammettendo le sue colpe, si è dato in pasto ai media senza cercare
giustificazioni puerili. Non si è dato alla macchia trincerandosi in un
colpevole silenzio come avrebbero fatto alcuni suoi colleghi. Non ha negato a
prescindere.
Viceversa “lo sfogo pubblico” di Mancini e il successivo fuoco incrociato di
alcuni giornalisti sono parsi sospetti. Man mano che passavano i minuti e la
polemica montava è forse balenata nelle menti di alcuni la parola
destabilizzazione? Come diceva Andreotti a pensar male a volte ci si prende.
Sarri ha sbagliato, sue parole gravi e inopportune. Ma è incredibile il processo mediatico che ha subito in Rai
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