Sarri, ormai è carta conosciuta, non lascia niente al caso e all’improvvisazione. Ogni parola che filtra dai suoi pensieri calcisticamente profondi è stata attentamente soppesata e quando “cade” è una pietra che fa male. O fa bene, dipende dalla direzione che prende: quando è “caduta” su Gonzalo Higuain e su Hamsik, ad esempio, ha fatto sicuramente bene. A loro e al Napoli. Fatta questa premessa, ci tocca riconoscere che con l’esternazione del “coso” ha colpito ancora.
A beneficio di qualcuno che non l’avesse capito, ci riferiamo alla frase pronunciata dal tecnico nei sotterranei del San Paolo. Quando ha detto: «Il popolo napoletano considera la Coppa uno sfizio ma è il coso che gli interessa». Coso. Altre volte aveva cercato di non nominare l’innominabile, cedendo anche alla volgarità. Stavolta no, gli ha trovato una definizione impeccabile e divertente.
In fatto di scaramanzia, in Sarri prevale il quarto di dna napoletano rispetto ai tre quarti di toscanità. E ci piace pensare che sia stato un espediente dialettico per uscire il più in fretta possibile dalle considerazioni tristi indotte dalla partita e da una sentenza profondamente ingiusta. Come ha riconosciuto il tecnico del Villareal, Marcellino, concedendo agli avversari l’onore delle armi e tenendosi tutta per lui la fortuna per quel gol-non gol che ha determinato il pareggio e, più ancora, la gratitudine per l’arbitro che ha consentito ai suoi giocatori di godere una sorta di immunità rispetto ai falli che commettevano.
Era già successo all’andata, ricordate?, e qualcuno aveva anche azzardato che il designatore massimo Pier Luigi Collina avrebbe rimediato per la partita di ritorno mandando al San Paolo un fischietto capace di amministrare con equità. Una pia illusione come tante altre di questo calcio sempre più in balia di se stesso e dei suoi intrighi.
Ritorniamo al “coso”, allora, e consideriamolo un diversivo che è servito a riportare l’ambiente con i piedi a terra: la Coppa non c’è più, ma il campionato può ancora riservare sorprese di straordinario interesse.
E qui soccorre la dialettica di Maurizio Sarri che, dopo il sasso scagliato nello stagno della depressione, è tornata immediatamente lucida e stimolante. Soprattutto per Higuain che ha bisogno di ritrovare il gol. Il tecnico è stato lapidario: se mi ascolta ritrova subito il gol. Fin da Firenze: questo non lo ha detto ma lo ha intensamente pensato. E noi con lui perché siamo fiduciosi che l’intervento del tecnico che è riuscito a far breccia nella sua considerazione darà i suoi frutti come li ha dati fino al 7 febbraio, cioè fino a venti giorni fa. Anche se a sentire qualche Cassandra sembra che l’astinenza duri qualche anno luce.