Proprio su quest pagine, ieri, abbiamo notato e cercato di far notare come la ormai famosa “seconda squadra”, ovvero le riserve all’altezza o quasi dei titolari in ordine numerico e soprattutto qualitativo, siano un’esclusiva di pochissimi club. Lo abbiamo scritto qui, sostenendo la nostra tesi con una lettura delle rose della Serie A e giungendo a una conclusione: in Italia, solo la Juventus ha la possibilità di ruotare i suoi effettivi senza alterare (troppo) la qualità dell’undici mandato in campo. Ebbene, ci hanno smentito subito. Il calcio, ci ha smentito subito. La verità è diversa, forse anche peggiore: neanche la Juventus può prescindere da alcuni suoi calciatori. Sennò poi pareggi 0-0 a Bologna.
Come dire: il turnover logora chi lo fa, comunque e ovunque. Il Napoli a Bologna ci ha perso, la squadra di Donadoni viaggia con un ritmo da Champions e quindi in realtà un pareggio dopo 15 (!) vittorie consecutive in campionato, tra l’altro alla vigilia di un’amichevole qualsiasi come Juventus-Bayern è un risultato da non disprezzare assolutamente. Però, ovviamente, fa rumore. E offre degli spunti, e conferma degli interrogativi, e in qualche modo accorda al vero l’assioma non scritto dei titolarissimi, che siano della Juventus, del Napoli o di qualsiasi altra squadra.
Le quindici vittorie consecutive della Juventus, pensiamoci, cominciano il 31 ottobre. Juve-Torino 2-1, gol di Cuadrado dopo il 90esimo. Quattro giorni dopo, i bianconeri pareggiano a Moechengladbach e poi battono Empoli, Milan e Manchester City, in quello che è il loro primo vero scatto stagionale. Qualificazione in Champions e prima serie di tre successi messi in fila in campionato. Da qui, i bianconeri non si fermano più. C’è solo un’altra partita di Champions (tra l’altro persa, a Siviglia), pensandoci, a disturbare il cammino. Il resto è una discesa, con le gare di Coppa Italia contro Torino e Inter come unica alternativa al campionato. In quei giorni, Allegri recupera in primis gli infortunati, poi soprattutto le certezze tattiche e quindi, infine, quella che Sarri definisce la «solidità storica» dei bianconeri. Vincere aiuta a vincere, il Napoli tiene duro fino alla sfida dello Stadium e poi perde come abbiamo visto, come sappiamo. Applausi alla Juve, ci mancherebbe.
Però, forse, non tutti hanno notato come le contingenze siano andate in una direzione favorevole alla rimonta-campionato dei bianconeri. La Champions che va in letargo, soprattutto, ha permesso ad Allegri di individuare un undici di base e di modificarlo solo in base alle esigenze dettate dal caso (infermeria) o dalla necessità (squalifiche). Il turnover non ha avuto più ragione d’essere, ed ecco allora quindici vittorie in serie e un primo posto meritato proprio alla luce di questo filotto. Emblematico, però, che tutto ritorni alla “normalità” (ripetiamo: il pareggio di Bologna è un risultato da apprezzare) quando dietro la collina si scorga di nuovo il paesello della Champions, con la banda che suona la musichetta e il comitato-di-benvenuto-Bayern guidato da Pep Guardiola ad accogliere Allegri e i suoi.
Ieri sera il tecnico livornese è stato costretto, di nuovo, dopo due mesi e rotti, a cambiare davvero la sua formazione. Si è presentato con Pereyra, Sturaro e lo spauracchio Zaza. In panchina Dybala e Cuadrado, Khedira nemmeno convocato. Le famose seconde linee al potere in una partita complicata contro una squadra aggressiva, ben messa in campo, vogliosa di far bene davanti a un pubblico numeroso e orgoglioso per un campionato di assoluto livello. Il Bologna ha giocato la sua partita, la Juventus è stata contenuta ed è stata pure costretta a rivedere le sue rotazioni: Cuadrado è entrato all’inizio della ripresa, Dybala al 68esimo. E poi, i componenti della seconda squadra: male proprio Zaza (zero tiri in porta, zero occasioni create), e male pure Pereyra, però con l’attenuante del rientro dopo un lungo stop per infortunio.
Allegri, nel dopopartita, ha parlato così: «Martedì c’è questa partita col Bayern, non scordiamoci poi che abbiamo l’Inter domenica, è un periodo intenso. Poi abbiamo da raggiungere la qualificazione in Coppa Italia, un altro obiettivo, Rientreranno gli infortunati, quindi un passo alla volta e arriveremo in fondo. Senza farsi prendere dall’ansia perchè oggi abbiamo pareggiato a Bologna, sarebbe piaciuto anche a me vincere stasera, poi martedì, domenica, mercoledì, fino alla fine. Se si vincessero tutte, non ci sarebbero problemi: arriveremmo in fonda alla Champions e vinceremmo la Champions, arriveremmo in fondo alla Coppa Italia e vinceremmo la Coppa Italia, idem in campionato. Ma siccome qui ci sono anche le avversarie, e a calcio non si può sempre perdere, come all’inizio, nè vincere sempre, come adesso». Come dire: guardate che anche la Juventus pareggia o può pareggiare, soprattutto quando ci sono all’orizzonte tante partite e devo cambiare la formazione per forza. E nonostante un parco-riserve che è superiore, e nettamente, a quello del Napoli come di qualsiasi altra squadra del campionato italiano.
Questa, poi, è l’ultima considerazione. La nostra Serie A, storicamente, rifiuta le squadre che cambiano molto e finisce per premiare chi riesce a trovare un undici base, una squadra di certezze tecniche e tattiche. Basta scorrere l’albo d’oro per rendersene conto: la Juve di Conte, l’Inter di Mourinho, il Milan di Allegri giù fino a Mancini, Capello, Lippi. Forse, l’ultima squadra in grado di vincere mixando molto i suoi uomini in campo fu la Lazio di Eriksson, scudetto 2000. Persino il Milan degli Invincibili, quello dei primi anni Novanta dichiaratamente basato sulla rotazione dei suoi calciatori (soprattutto quelli stranieri), difficilmente rinunciava al quartetto Tassotti-Baresi-Costacurta-Maldini. In Italia, il turnover non paga. Non lo dice la classica massima autoreferenziale italiota, lo dice la storia. E lo ha detto anche Bologna-Juventus di ieri sera. Che è finita zero a zero nonostante la seconda squadra a disposizione di Allegri. Oppure, forse, proprio a causa della seconda squadra a disposizione di Allegri.