ilNapolista

Jeppson e Vinicio fanno la storia, il Napoli di Lauro vince due volte in tre stagioni in casa della Juventus

Jeppson e Vinicio fanno la storia, il Napoli di Lauro vince due volte in tre stagioni in casa della Juventus

15/4/1956 – Juventus-Napoli 0-1

Che anni, quegli anni. Il calcio era lo specchio dei sogni di una società che dieci anni dopo la fine della guerra si avviava al primo, vero periodo di nuova prosperità. Il calcio è comandato dagli squadroni del nord che dopo la scomparsa del Grande Torino (1949) si dividono equamente i titoli di Campione d’Italia: due scudetti all’Inter, due al Milan e due alla Juventus. Mentre cresce il fenomeno Fiorentina, il Napoli è una realtà in ascesa. Nel suo piccolo, ma è in ascesa. Grazie all’opera del Comandante Achille Lauro, presidente “onorario” del club, unico proprietario e padre padrone della città. Tanto per gradire, tanto per capire: un mese e mezzo dopo quella partita a Torino, il Partito Monarchico Popolare di Achille Lauro vinse le amministrative a Napoli con 276.599 voti, pari a 44 seggi in consiglio comunale e al 51,76% dei voti. Lo slogan della campagna elettorale di don Achille fu: «Un grande Napoli per una grande Napoli». Un genio del marketing, un compratore del consenso. 

Un compratore con grossi argomenti economici, comunque. Tipo i 105 milioni versati sull’unghia all’Atalanta per Hasse Jeppson il centravanti svedese che aveva sostituito Nordahl in nazionale e buttò fuori l’Italia dai Mondiali del 1950 con una doppietta decisiva. Era arrivato a Bergamo dopo un passaggio in Inghilterra, poche partite per capire che il calcio poteva essere un’attività professionale vera (e ben remunerata: a Napoli arriverà a guadagnare 30 milioni in due anni) mentre l’altro sport preferito, il tennis, poteva rimanere una pratica di piacere. Siamo nel 1952, e il mercato italiano è letteralmente spaccato da questa clamorosa operazione. Dopo Colombari, di cui abbiamo avuto modo di parlare ieri nella nostra prima puntata, Jeppson fu il secondo “Banco e’ Napule”. Lo svedese arriva insieme a un altro signore che diventerà importantissimo per la storia del Napoli, Bruno Pesaola: un’ala argentina, figlio di marchigiani e emigrato prima alla Roma e poi al Novara. Resterà a vivere a Napoli, in eterno. Nell’estate del 1955, l’ultimo colpo di mercato: Luis Vinicius de Menezes, per tutti Vinicio, per i napoletani “O’ Lione“. È un centravanti, proprio come Jeppson: sognare lo scudetto, con una coppia così, giusto sessant’anni fa, sembra il minimo. Andrà diversamente, ovviamente in peggio. Andò molto peggio.

La Domenica del Corriere del 20 novembre 1955 raconta gli incidenti di due settimane prima allo Stadio Vomero durante il match tra Napoli e Bologna. Il Napoli è in vantaggio 3-0 a un quarto d’ora dalla fine, poi segnano Pivatelli e Bonfain. Durante i minuti di recupero, l’arbitro assegna un rigore dubbio ai rossoblù. I tifosi invadono il campo, i feriti saranno 140. Su Youtube è possibile vedere una sintesi di quella partita, le immagini sono di una qualità non proprio eccelsa. Il Napoli che vivacchia sotto la metà della classifica, durante la stagione, passa da Monzeglio ad Amadeo Amadei che di mestiere farebbe il calciatore. L’ex Fornaretto di Frascati vivrà una stagione con poche soddisfazioni, esattamente come succede a Torino, sponda bianconera. È la Juventus di Sandro Puppo, un allenatore che si insedia a Torino per avviare un nuovo ciclo con una squadra di giovani. Inutile dire che i baby bianconeri, a mo’ di scherno, saranno definiti “Puppanti”. Lo scontro del 15 aprile è tra due deluse del campionato. Il Corriere della Sera lo presenta così: «Il confronto Juventus-Napoli, in altri momenti, sarebbe stato un autentico urto tra squadroni, ma ora è diventato il confronto tra due squadre decadute. Oggi si battono per rinforzarsi in classifica e per non correre rischi, due squadre che erano abituate a lottare per i più ambiziosi traguardi». 

Dopo la partita, vinta dal Napoli per 1-0 con gol proprio di Jeppson al 20esimo minuto, il Corsera dedica appena un trafiletto ai 90 minuti del Comunale. Questo trafiletto qui: «Ci sono state parecchie sorprese nell’ultimo turno: la Juventus si è fatta battere in casa dal Napoli dopo una partita nella quale i partenopi hanno dimostrato baldanza e ricchezza di gioco, mentre gli uomini della Juventus sono apparsi slegati e tecnicamente poveri». La vittoria a Torino vale poco, lo dice anche la classifica finale: Napoli quintultimo a 32 punti, Juve sestultima a 33. Lo scudetto esce dalla direttrice Milano-Torino e sbarca in Toscana: è il primo titolo della Fiorentina.

24/11/1957 – Juventus-Napoli 1-3

L’incipit di questo video dice tutto, o quasi: «Insieme, Pesaola e Vinicio compiono imprese strabilianti». Juventus-Napoli, un anno e mezzo dopo quella di Puppo e Amadei, Boniperti e Jeppson, è una partita completamente diversa. Intanto abbiamo citato i due allenatori e i due alfieri dello Juve-Napoli del 1956, che hanno destini diametralmente opposti: Puppo è stato mandato via quasi a calci, Amadei è ancora allenatore azzurro; Boniperti e Jeppson, invece, fanno l’inverso, con lo svedese emigrato al Torino e lo juventino costretto a reinventarsi mezzala per far spazio alla nuova coppia gol della Juventus. Che coppia, poi: John Charles e Omar Enrique Sivori. Un tandem che, in appena due mesi e mezzo di campionato, ha già riportato la Juventus a ridosso delle prime. Il Napoli, da par suo, ha cambiato poco ma bene. Di Giacomo per Vitali, Comaschi retrocesso a libero e poi quei due davanti a fare il bello e il cattivo tempo, un argentino e un brasiliano che diventeranno amici per la pelle, sempre e solo a Napoli. Lo racconterà anni dopo Vinicio, di sei anni e mezzo più giovane: «Ho trovato in Bruno una persona meravigliosa, un compagno sincero che mi ha molto aiutato nei miei primi tempi a Napoli. Di solito, brasiliani e argentini non si possono vedere. Io, invece, ho trovato un amico».

Lauro, e chi sennò, è ancora sul ponte di comando. La metafora perfetta per un armatore, anche se il suo potere è in realtà cadente: nel 1958, pochi mesi dopo quella partita, il suo consiglio comunale sarà sciolto a causa di irregolarità amministrative. Nessuno, a novembre, può ancora saperlo: la squadra gira che è un piacere, arriva a Torino per la dodicesima giornata dopo 6 vittorie, 3 pareggi e 2 sconfitte. La Juventus, se possibile, va ancora meglio: 9 vittorie, un pareggio e una sola sconfitta dicono che il campionato, in pratica, è già, come si suol dire, “ammazzato”. Il Napoli, per i più, è un’altra vittima sacrificale sull’altare di un nuovo dominio bianconero. Andrà diversamente.

Così Eveno Visioli sul Corriere della Sera: «La Juventus è cadua per la prima volta in casa. Il Napoli ha giocato il più bel catenaccio della sua carriera, se si può utilizzare tale aggettio per una tattica di gioco che in genere mortifica lo spettacolo. La squadra bianconera ha trovato un muro contro il quale alla fine è caduta tramortita senza aver avuto la forza di superarlo. […] Il Muro ha rappresentato un sistema duttile, capace di manovrare in modo razionale ance nei momenti più difficili. La juventus non si aspettava una resistenza così intelligentemente organizzata. La rete subita verso il quarto d’ora di gioco con un preciso colpo di testa di Vinicio su errore di Ferrario ha cominciato a mettere i bianconeri in apprensione, ma essi credevano ancora di poter passare con una certa facilità. La sensazione delle crescenti difficoltà l’hanno avuta quando Bugatti ha iniziato a togliere dalla rete palle che sembravano imparabili. […] La pressione violenta della Juventus si concretava all’inizio della ripresa con una rete di testa del solito Charles, che con uno stacco di un metro superiore a quello di tutti gli altri giocatori del mucchio, metteva in rete senza che il febbricitante Bugatti avesse tempo di muoversi». Ci voleva un briciolo di fortuna: gli “scugnizzi” di Lauro hanno trovato anche quello. Mancavano meno di dieci minuti al termine quando Novelli su centro lungo di Gasparini metteva in rete. Era la fine, i bianconeri sbigottiti si domandavano perché il destino era stato cattivo. Poi il colpo di grazia alla nuca di Di Giacomo: ma era inutile. La partita era già finita e con essa la nobile Juventus».

Il titolo del Corsera, “Al Napoli tutti dicono grazie”, è lo specchio di un campionato simile a quelli degli anni duemiladieci, dominati da una squadra nettamente più forte delle altre. La Juventus, appunto, che vincerà il titolo del 1958 e poi nel 1960 e nel 1961 con Sivori e Charles sugli scudi. Il Napoli vivrà un campionato positivo, quasi esaltante: quarto posto dietro i bianconeri, la Fiorentina e l’altra rivelazione Padova. Anche nel ritorno del Vomero, la Juventus sarà destinata a capitolare. Fu 4-3, una partita storica con i tifosi assiepati a bordocampo per l’eccessiva affluenza. Sarà il punto più alto di Achille Lauro presidente, sarà l’inizio della fine. Nel 1959 un altro Napoli-Juventus inaugurerà il San Paolo, l’anno dopo Vinicio e Pesaola saluteranno e il Napoli scivolerà in Serie B. Per un’altra vittoria a Torino, ripassare nel 1986.

Qui la puntata numero uno pubblicata ieri.

ilnapolista © riproduzione riservata