In fin dei conti, Napoli-Milan non ci ha detto granché di nuovo.
Ci ha confermato che il campionato non è finito, che il Napoli è secondo a un punto dalla capolista Juventus (è bene ricordarlo), che Juventus e Napoli se la giocheranno ancora per un bel po’ e che, se dovessero abbassare il ritmo, dietro non scherzano. La Fiorentina è a meno sei dai bianconeri e a meno cinque da noi, la Roma è due punti indietro. A tredici giornate dalla fine i giochi sono tutt’altro che completati. Comincia un altro campionato in cui vincerà chi avrà più energie fisiche, risorse mentali e spregiudicatezza. Un campionato equilibrato come non se ne vedevano da tempo, probabilmente da quello che si chiuse tristemente per l’Inter il 5 maggio del 2002.
Ci ha confermato che le squadre, anche blasonate, vengono al San Paolo per chiudersi, e del resto al posto loro lo faremmo anche noi visto che chi ha provato giocare – l’Empoli – ne ha presi cinque. E qui ne approfittiamo per ricordare che lo scopo del gioco è sì vincere ma anche provare a non perdere con ogni mezzo che sia lecito. Conoscono il nostro modo di giocare e cercano di arginarlo, così come montano una gabbia su Higuain. Gabbia che ieri sera ha funzionato, il che – ovviamente – non vuol dire che il capocannoniere abbia imboccato lo stagionale viale del tramonto.
Ci ha confermato che il Napoli ha un paradossale difetto: è ancorato all’estetica, produce essenzialmente bel gioco e va in gol quasi esclusivamente in maniera pregevole. Anzi, ieri sera abbiamo assistito all’eccezione che conferma la regola con una rete di Insigne agevolata da una deviazione. L’eccezione, ovviamente, è rimasta tale.
Ci ha confermato le difficoltà del Napoli a vincere le partite in quella che abbiamo definito la maniera sporca. Non sempre si riesce a fare la differenza solo attraverso il gioco. Come detto, nel calcio ci si difende anche. Ieri il Milan lo ha fatto bene. Chiudendosi ma anche correndo. Ce n’erano sempre quattro attorno al pallone, segno che la fase difensiva era stata curata nei minimi particolari. In serate come quella di ieri, in cui qualche elemento chiave era sotto tono, a fare la differenza dev’essere la determinazione che talvolta viene confusa con la fortuna. Ieri sera, nel secondo tempo, non ho mai avuto la sensazione di poterla vincere, nonostante il palo di Mertens e la zampata di Higuain che ha sfiorato la porta. Perché il Napoli sembrava avanzare in modo vagamente rassegnato verso un destino già scritto. È stata probabilmente una percezione, nulla di più. Non si avvertiva nell’aria che prima o poi avremmo comunque segnato. Perché noi ancora non riusciamo a vincere con un gol di Giacchetta al 93esimo o con una punizione di Guidetti da difendere con i denti con un uomo in meno.
(Napoli-Milan) ci ha confermato che dobbiamo continuare a lavorare – come stiamo facendo – sul tassello mancante: la forza mentale. Magari ci mancherà anche culo, come ha detto Sarri, ma inoltrarsi nel pianeta fortuna è esercizio troppo azzardato. Il gol del Milan, come ha ammesso lo stesso allenatore in conferenza stampa, non è sfortuna: è un errore di Callejon e di Allan che hanno creduto terminata l’azione quando hanno visto il pallone sulla testa di Koulibaly. I dettagli fanno la differenza. Soprattutto quando sei in alto. Un dettaglio a Torino (aver lasciato a Zaza la possibilità di girarsi), uno a Villarreal (il fallo commesso da cui è nata la punizione) e uno anzi due contro il Milan (prima Koulibaly poi chi doveva seguire Bonaventura). Lima due dettagli su tre, il primo e il terzo, e cambia tutto. Va comunque notata una differenza. La domenica successiva alla sconfitta di Bologna, il Napoli affrontò la Roma in casa con un certo timore; avemmo poche occasioni (meno di ieri) e alla fine dalle parole di Sarri si capì che il Napoli era stato giustamente attento a non scoprirsi troppo per paura di una seconda sconfitta consecutiva. Ieri sera questo timore non si è visto.
Per qualcuno, la partita di ieri sera ha confermato che la rosa del Napoli è a ranghi ridotti. A mio avviso ha confermato, come ha dichiarato lo stesso Sarri, che non si può essere sempre al massimo della condizione. E che, come ha spiegato ancora l’allenatore in conferenza, questo Napoli è difficilmente modificabile almeno come impianto di gioco. «Gabbiadini vicino a Higuain estrometterebbe Hamsik, Jorginho e Valdifiori; il centrocampo a due è stato un esperimento possibile nel finale di partita ma azzardato per novanta minuti». Poi, ovviamente, ci può essere il timore che questa presunta – e qui spieghiamo perché presunta – mancanza di brillantezza sia l’inizio di un inesorabile declino ma questo rientra nell’universo della paura, un pianeta in cui la matematica non esiste: se sei a un punto dalla Juventus, è finita; se sei a più cinque sulla Fiorentina, ci hanno presi.
Infine, la partita di ieri sera ha confermato che lo sport è imprevedibilità, che nello sport si può vincere all’ultimo secondo o all’ultima giornata. Che aveva ragione Umberto Eco, quando nel 1973, scrisse che «lo sport non esiste più, esiste la chiacchiera sportiva». Il campionato finirà il 15 maggio, mancano ancora tre mesi. E noi siamo secondi in classifica a un punto, col capocannoniere, il miglior attacco e la seconda miglior difesa. Non proprio malissimo.