Tre giorni sono lunghi da passare…figuriamoci sette che già all’avvio si sono annunciati insensatamente caldi e carichi di aggressività – sono stati proposti anche ricorsi al tribunale amministrativo contro l’arbitrario divieto di acquistare il biglietto imposto ai tifosi di una delle due squadre che, ad onor del vero, non sarebbe venuto in mente neanche a Ponzio Pilato buonanima – e nei giorni a venire faranno di sicuro salire la tensione oltre i limiti del consentito anche per un evento calcistico di questa portata. E Juve-Napoli di sabato sera è sicuramente una sfida che la Premier Liga e la Bundesliga invidiano all’Italia che per anni ha recitato la parte di Biancaneve al gran ballo del calcio.
Troppa foga e, soprattutto, troppi soloni a pontificare. E a spararle grosse. Un’atmosfera che non promette nulla di buono, insomma, e ad essere sinceri, ai “napolisti”, che si ritengono tifosi normali e, nei limiti, anche razionali, l’enfasi assordante dà molto fastidio perché riporta indietro i discorsi e, in qualche modo annacqua i progressi tecnici della squadra azzurra, della società e, continuiamo ad augurarcelo, anche dei tifosi. Non bisogna cadere nella trappola che ci è stata tesa, questa sì sarebbe una sconfitta pesante e non recuperabile. Per esorcizzare il rischio di lasciarsi trascinare nella mischia, il rimedio giusto è affidarsi alla saggezza di Maurizio Sarri che all’enfasi ha ceduto giusto un minuto (il tempo di pronunciare una frase che immediatamente ha bucato l’audience: «A Torino porteremo l’orgoglio di un popolo intero»), ma immediatamente dopo averla pronunciata si è rimesso nei binari giusti. L’orgoglio c’è ed è sacrosanto – se ripercorriamo il cammino del tecnico mezzo napoletano e mezzo toscano balza agli occhi che la sua maglietta è stata sempre bagnata di sudore – ma il Sarri doc è quello che rispondendo a cronisti assillanti che chiedevano come avrebbe cambiato gli allenamenti in questa settimana decisiva, ha atteggiato il viso ad una smorfia di dispetto e poi ha risposto così: «O ragazzi non cambierò nulla, per un allenatore, anzi, la vigilia di una partita così importante è paradossalmente meno stressante delle altre nelle quali devi sforzarti per motivare i giocatori e richiedere la giusta concentrazione. Qui siamo tutti concentrati al massimo – se ci concentriamo di più scoppiamo – e consapevoli del nostro valore. Sarò presuntuoso ma io oggi la firma per un pareggio a Torino non la metto, voglio giocarmeli dal primo all’ultimo questi novanta minuti. E vinca il migliore».
Gli sfracelli mediatici, poi, discendono dal viziaccio di voler ad ogni costo sorprendere, anche ricorrendo a bugie. Pep Guardiola, che pure stima il calcio di Sarri, non si è mai sognato di rimbrottare i critici nostrani di parlare poco del Napoli – in effetti è così ma a noi hanno insegnato che i panni sporchi è meglio lavarli in famiglia – ma di sicuro lo “zio” Bergomi ha detto, nel salotto di Sky, che il Napoli gioca meglio della Juve perché è più corto e più lucido anche perché si stanca meno. Noi sappiamo che è vero, ma, al solito, dirà il campo se basterà a battere la Juve nel suo covo. Sempre che la cornice sarà degna dello spettacolo e che a dirigere la partita venga designato un arbitro che, a differenza di Doveri, non espella il giocatore che non ha commesso il fallo, conceda i rigori quando è il caso di concederli e non annulli i gol regolarissimi.