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Il record di Gigi Buffon è giusto e meritato

Il record di Gigi Buffon è giusto e meritato

Questa mattina, la prima pagina del Corriere dello Sport ospita un pezzo con questo titolo: «Sono felice sia stato lui a battermi». La firma è bella, è prestigiosa: Dino Zoff. Il riferimento, ovviamente, va al record di Buffon, arrivato a 926 minuti di imbattibilità in Serie A. Tre meno di Sebastiano Rossi, detentore del record assoluto; ma anche 23 in più rispetto a Superdino, che aveva stabilito il primato precedente, sempre in maglia Juventus, nella stagione 1972/73. Nel piccolo articolo-omaggio dell’eroe del Mundial 82, leggiamo: «Sono contento per Buffon, ho fatto il tifo durante Juventus-Sassuolo. È un campione e merita di avere questa ennesima soddisfazione».

Ci accodiamo a quanto scritto da un vero monumento calcistico nazionale, ma non ci limitiamo solo a questo: vediamo e rilanciamo. Noi non solo siamo contenti che sia toccato a Buffon superare Zoff e praticamente anche Sebastiano Rossi nella classifica all-time, ma pensiamo che sia anche giusto. Per la dimensione storica di Buffon, per il suo essere fuoriclasse indiscusso e assoluto nonostante un’epoca di attaccanti-star che monopolizzano l’attenzione collettiva. Pensateci: nell’Italia che affrontava il Mondiale 1998, quello di Ronaldo, Zidane e Davor Suker, Buffon era il terzo portiere già designato titolare per il biennio successivo. A quelli del 2014, con Cristiano Ronaldo e Messi rispettivamente 29enne e 27enne, c’era ancora lui. E ci sarà anche nei prossimi Europei e forse persino a Russia 2018, per affermare una longevità che riporta la mente e la storia, per l’appunto, al mito di Dino Zoff e ai suoi quarant’anni all’epoca del trionfo iberico.

Buffon sta vivendo la sua terza vita da grande portiere: l’esordio à la Donnarumma, a 16 anni, in un Parma-Milan 0-0 che era una sfida scudetto; poi l’inizio di una precoce maturità, che possiamo identificare nel miliardario passaggio alla Juventus, estate 2001, e proseguita fino alla vittoria di Berlino 2006; e infine il Buffon versione 3.0, rinato dopo i problemi alla schiena che avevano in qualche modo fatto gridare al fenomeno finito. Siamo tra il 2008 e il 2011: 23 presenze nella stagione 2008/2009, 27 e 16 nelle due successive. Poi l’arrivo di Antonio Conte in panchina e una nuova splendida epopea, sua e della Juventus: quattro stagioni e altrettanti scudetti da titolare pressoché fisso, il ritorno ad altissimi standard di rendimento e poi l’anno dei record, questo, di Buffon e di una difesa dai numeri spaventosi. Gli zero gol nelle ultime dieci partite, ma anche i 19 incassati in 36 match stagionali. Di questi, cinque in Champions League e due dal solo Bayern. Come dire: solo i grandi segnano a Buffon e a questa Juventus. 

Buffon merita questo record, con o senza l’investitura anacronistica e solo platonica di “Miglior Portiere italiano di sempre”: lo merita per la carriera che ha fatto, per i trionfi che ha collezionato, per l’esempio di longevità e attaccamento alla maglia. E poi per la bravura assoluta, noblesse oblige: esplosività, reattività, perfetta sensibilità nella gestione della difesa e nel controllo dell’area di rigore. 



E poi una vicenda personale vera, autentica, al di là degli scivoloni: i riferimenti all’estrema destra negli anni di Parma, una scritta “Boia chi molla” e un numero 88 che avrebbe rimandato alla simbologia nazista; le presunte scommesse clandestine prima del Mondiale 2006, che indignarono l’opinione pubblica prima delle parate su Nedved, Podolski, Zidane; l’uscita un po’ a vuoto sui «due feriti meglio di un morto» in riferimento alle combine di fine campionato e i pareggi più o meno concordati. Il tutto, forse, si bilancia con l’umanità e il sorriso di chi, a 38 anni, va in televisione dopo Juventus-Napoli e dice che ai bianconeri sarebbe andato bene anche il pareggio. Buffon può piacere o non piacere – e forse il giudizio è abbastanza influenzato dal colore della maglia dei compagni -, ma resta un grande personaggio, un grande portiere e un vero monumento nazionale. Esattamente come Zoff, con cui condivide un numero impressionante di analogie: la carriera scintillante in bianconero, la vittoria di un Mondiale, l’impressionante longevità e il cruccio di una Coppa dei Campioni che non riesce ad arrivare. Una sola differenza importante è che Zoff è “nato”, come grande portiere, proprio sotto il Vesuvio. Buffon no, da qui non è mai passato e difficilmente potrà mai passare se non per giocare con la sua Juventus o, al massimo, con la Nazionale. Un vero peccato.

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