Smaltita l’esaltazione totale da “sfida da Premier”, di cui abbiamo parlato a caldo anche qui, resta negli occhi e nella mente l’immagine di una partita bella, innanzitutto. Bella soprattutto a livello di intensità, e questa è già una notizia per il calcio italiano. Un dato, il primo, tanto per gradire e per capire: 47 palle perse a 43, in “vantaggio” la Fiorentina in questa sfida al contrario. Chi ha visto il match sa che questa è una cifra che non descrive gli errori, ma discende direttamente da una partita a mille all’ora e su distanze strettissime, con venti calciatori di movimento su venti a chuidere gli spazi e le linee di passaggio attraverso un pressing asfissiante. Più o meno la stessa partita dell’andata, anche se allora si affrontavano due squadre meno affaticate (quinta partita in quindici giorni per entrambe, ieri sera) e più fresche, e quindi meno “conosciute” e maggiormente entusiastiche, rispetto alla loro proposta di gioco.
Nonostante questa differenza sostanziale rispetto al match del San Paolo di ottobre, la partita è stata più che godibile. Novanta minuti che appagano l’occhio e la passione, ma anche l’intelletto. Merito della Fiorentina, soprattutto. Abbiamo visto lungo l’arco del campionato quanto sia difficile mettere sotto il Napoli in ritmo e qualità del gioco. In realtà l’abbiamo visto solo due volte: all’andata e al ritorno contro la squadra di Paulo Sousa. Che, soprattutto ieri, contro una squadra stanca fisicamente e mentalmente, avrebbe meritato sicuramente qualcosa in più. Lo leggi nei numeri: 12 tiri a 6 per la Fiorentina, possesso palla diviso praticamente a metà (secondo la Lega in vantaggio i viola, secondo whoscored e statszone meglio il Napoli), ed è una delle prime volte in tutta la stagione, e soprattutto la zona del campo dove le squadre hanno giocato la palla, con il Napoli costretto a stazionare nella sua metà campo per il 70% del suo tempo effettivo in controllo della sfera. La Fiorentina ha usato le stesse armi del Napoli, soprattutto in fase di non possesso: baricentro alto (51,35 m, Napoli indietro fino a 50,27), squadra cortissima (24 m tra le due linee, azzurri invece leggermente più lunghi, 29 m) e una pressione continua orientata al portatore di palla. Nei campetti in basso: sopra a sinistra, baricentro e lunghezza media della Viola; ssopra a destra, gli stessi dati riferiti al Napoli. Sotto, invece, le posizioni medie in campo (a colori invertiti).
Il primo campetto posizionale ci fa leggere e vedere un altro importante dato riferito al match del Franchi: quello sulla larghezza media delle due squadre. I viola sono stati molto più aperti sul terreno di gioco, raggiungendo una quota di 35,83 m. Molto più stretta, invece, la formazione di Maurizio Sarri, tutta racchiusa in 30 m di larghezza. Due numeri che rappresentano due scelte: Sousa ha preferito giocarsela sulle fasce, con un modulo asimmetrico con due difensori centrali puri, i bravissimi Rodriguez e Astori, aiutati dal terzino “finto” Roncaglia e dal più fluidificante Marcos Alonso. Volessimo trovare un paragone storico, potremmo scomodare addirittura l’Italia di Bearzot del 1982: due centrali fissi, un terzino destro bloccato che aiuta in marcatura e il cursore mancino in avanscoperta. Similare a quella di Bruno Conti la posizione assunta invece dall’altro esterno viola, l’indemoniato Tello (6 dribbling riusciti, migliore in campo). Un’ala vecchio stampo, svestito o quasi di compiti difensivi. Senza andare troppo indietro, è possibile accostare le scelte fatte da Sousa a quelle di Allegri per il big match di Torino, dove Cuadrado operò nella posizione di Tello ed Evra e Barzagli fecero invece il lavoro di Alonso e Roncaglia. Gli effetti sono stati pressoché identici: dovendo costantemente rincorrere un calciatore bravo tecnicamente quanto veloce, il Napoli ha dovuto in qualche modo rinunciare ad offendere troppo sul suo binario preferito, il sinistro. In quello che di solito è lo spazio più sfruttato dagli azzurri (dall’out mancino sono nate il 40% delle azioni offensive in tutta la stagione), il Napoli ha operato solo per il 36%, sfruttando egualmente la fascia destra (35%).
Il fatto che la zona centrale sia stata, quindi e di conseguenza, sfruttata pochissimo (29%), ci dice due cose: che la partita di ieri sera si è giocata soprattutto sugli esterni, tanto da partorire uno score altissimo di cross, roba da 16 a 15 per il Napoli; e che Sarri continua a percorrere la strada delle ultime partite, forse scoraggiato dalla scarsa brillantezza fisica e mentale dei suoi migliori calciatori, che ora dirottano sugli esterni palloni che prima venivano giocati in maniera diversa anche per via centrale. Il Napoli più stanco dell’ultimo periodo non trova – o non riesce o vuole trovare – più gli scambi veloci, le combinazioni e gli inserimenti frontali o alle spalle dei difensori centrali avversari, e quindi aumenta (ancora di più) la mole di gioco sulle fasce, privilegiando cross che però raramente trovano un inserimento in area, soprattutto da parte di un calciatore offensivo, puramente fisico, che nella rosa azzurra non esiste. Sotto, il campetto posizionale dei cross. In rosso, quelli intercettati dalla difesa.
Le sensazioni e la lettura dei dati ci dicono che ieri sera si sono affrontate due squadre similari per principi di gioco e per qualità media degli interpreti: Fiorentina superiore a centrocampo, soprattutto a causa alla pessima prestazione di Allan (69% di pass accuracy, 3 palle perse e solo 2 recuperate) e alla partita “obbligata” di Jorginho, che registra comunque un’ottima accuratezza nei passaggi (86%) ma è stato costretto ad un gioco elementare, perlopiù arretrato, e soprattutto nel primo tempo. Schiacciato dal pressing della mediana viola, il regista italobrasiliano è venuto fuori soprattutto nella ripresa, e nel momento in cui il Napoli ha alzato pressione e baricentro è riuscito finalmente ad avanzare il suo raggio d’azione. Nei campetti posizionali sotto, la differenza tra il primo e il secondo tempo nei passaggi di Jorginho: sopra la prima frazione, sotto la seconda. Quando il Napoli cresce, perché la Fiorentina è costretta a rifiatare, Jorginho cresce. E viceversa.
Il resto dei calciatori offre prestazioni influenzate dal contesto, da questa partita velocissima e quindi più propensa alle sbavature. Higuain torna al gol e a un’alta media realizzativa, ma il tiro del secondo gol è solo uno dei due del suo match. Un altro grande momento della sua partita è il pallone scucchiaiato per l’inserimento di testa di Hamsik, colpito troppo debolmente dallo slovacco. Il Pipita ha avuto e si è creato quindi poche occasioni, ma è parso di nuovo in palla nei passaggi (85% di percentuale) e disponibile nel pressing sui portatori avversari. Buona anche la prestazione di Hamsik, soprattutto in impostazione (88% di pass accuracy) e in fase difensiva, con un buon 67% di tackle riusciti e un 100% di duelli aerei vinti contro i calciatori in maglia viola. Meno brillante la fase offensiva, con una sola occasione creata lungo tutti i novanta minuti. Un buon 25% di tutto il Napoli, che si è fermato a 4 contro le 10 della Viola, di cui solo una su calcio piazzato e sei in un primo tempo di assoluta sofferenza per la band di Sarri. Che viene via da Firenze con un punto e una certezza: solo la Juventus e il suo slow play posizionale possono davvero mettere in difficoltà questa Fiorentina, soprattutto in versione interna. A meno di topiche clamorose, la squadra di Sousa metterà tutti sotto in relazione al gioco e all’intensità, da qui a fine stagione. Attenti a loro, quindi, ma attenti anche alla giornata numero 35: nel week-end del 23 e del 24 aprile, al Franchi è in programma proprio la sfida tra Fiorentina e Juventus. L’unica trasferta realmente insidiosa per i bianconeri. Occhio.