Napoli-Genoa è stata risolta da Gonzalo Higuain, e su questo non possono esserci dubbi. Però, c’è un altro key moment importante che potrebbe mutare il finale di stagione del Napoli. È il 74esimo minuto, e Sarri chiama il secondo cambio di giornata: fuori Insigne, dentro Gabbiadini.
Qualcosa è già diverso, in effetti: l’ultima volta che Gabbiadini era entrato in una partita ancora aperta, e per un certo numero di minuti, fu Napoli-Milan. Allora, si trattò di una sostituzione diversa, più una scelta “della disperazione” che un reale tentativo tattico di cambiare qualcosa in campo. Gabbiadini entrò in campo e divenne il secondo attaccante accanto a Higuain e insieme a Mertens e Insigne, con Hamsik e Jorginho a centrocampo. Una sorta di 4-2-4 che lo stesso Sarri, nel dopopartita e in altre occasioni successive, sconfessò subito e retrocesse a schema per le emergenze.
Contro la squadra di Gasperini, abbiamo assistito a qualcosa di completamente diverso. A una novità sostanziale, innanzitutto: Gabbiadini è entrato e ha giocato in un ruolo che non aveva mai occupato in questo Napoli, terzo d’attacco a destra al posto di Insigne. Usiamo il corsivo perché dire al posto di Insigne è, semplicemente, un errore: Gabbiadini ha interpretato questa posizione a modo suo, da attaccante e non da esterno offensivo. Offrendo profondità a partire dalla destra e un appoggio in più in area. Roba che Insigne, già solo per semplici caratteristiche fisiche, non è in grado di offrire. Per Manolo, questo ruolo non è una novità. Anzi, è un remake della sua avventra sampdoriana, certo con tutte le differenze genetiche tra la squadra di punta e fioretto di Sarri e il collettivo tutto grinta e intensità costruito a Genova da Sinisa Mihajlovic.
Chi scrive ha bocciato subito la scelta di Sarri. Contro un Genoa messo in campo benissimo, con le linee strette e la difesa in grado di bloccare le linee di passaggio, mettere un attaccante classico al posto di un calciatore in grado di saltare l’uomo era sbagliato. E invece ci siamo sbagliati: perché con Gabbiadini il Napoli ha aumentato i suoi riferimenti offensivi, ha costretto i tre centrali in rossoblù a rimanere comunque schiacciati e a coprire su due uomini. Ha reso asimmetrico lo schema, “azzoppando” la fascia destra ma limitando la superiorità del Genoa al limite della sua area. Tutte cose che si possono vedere nella sequenza del secondo gol di Higuain. L’eventuale e “canonica” presenza di un Callejon più largo a destra in questa azione avrebbe permesso ai difensori del Genoa di scendere anche in tre sull’argentino, data la posizione più lontana dalla porta – da esterno più che da punta – e quindi meno pericolosa, dello spagnolo. Poi, esiste anche la componente tecnica: se Higuain non era Higuain magari il tiro a giro non va in porta, ok. Ma intanto la linea a quattro si divide tra il Pipita e un Gabbiadini che gli sta molto vicino. E che quindi, anche solo con la sua presenza, gli dà una mano.
Sarri è stato di parola. Aveva detto che Gabbiadini avrebbe potuto dare molto, anche da subentrato, nel momento in cui avesse recuperato la condizione. E, aggiungiamo noi, nel momento in cui fosse entrato in campo con la grinta di chi vuole davvero mostrare di poter essere importante per una squadra che ha Gonzalo Higuain. Molto spesso, Gabbiadini è infatti entrato in campo mostrando la rassegnazione di chi si sente privato del diritto divino di giocare. Per carità, ha il talento e la caratura per poter coltivare un pensiero del genere. Ma l’atteggiamento non si (è) giustifica(to), soprattutto perché l’allenatore, tutte le volte che ha potuto, ha avuto parole di elogio per le sue qualità. E poi, Gabbiadini non va in campo solo perché vittima di un equivoco tattico: non può giocare con Higuain nello schema che ha portato il Napoli a giocarsi il titolo con la Juventus, e di giocare al posto del Pipita figurarsi.
Sarri l’ha riproposto in una nuova veste, cambiando (ancora) e scoprendo una nuova possibilità. Gabbiadini a destra per rinfrescare un po’ uno schieramento che resta bellissimo e inattaccabile, ma che ormai è pure carta conosciuta, potrebe rappresentare una soluzione importante per questo finale di stagione. Un’alternativa tattica, a gara in corsa ma non solo, che potrebbe rivalutare la stagione fin qui sottotono di un giocatore che ha ritrovato una buona condizione e il giusto approccio alla partita. Lo vedi anche nel terzo gol, nel movimento in profondità che libera El Kaddouri e nel tocco di fino per il tiro del compagno. Una giocata che è valsa un gol, anche se il nome nel tabellino è quello del compagno. Una giocata che dà ancora ragione a Sarri e dimostra come il tecnico azzurro abbia saputo trovare una variante in un momento decisivo.
Del resto, il Napoli ha un precedente storico che potrebbe in qualche modo invogliare ancor di più Sarri a credere in questa nuova impostazione per Gabbiadini: nell’estate del 1986, il Napoli acquista un attaccante dall’Udinese. Uno stangone, uno a cui piace fare il centravanti classico ma che però, sotto il Vesuvio, si scontra con una coppia intoccabile formata da Maradona e Giordano. Gioca il girone d’andata da titolare ma incide poco. Poi perde addirittura il posto, Bianchi gli preferisce Caffarelli. Ma dopo il tremendo tre a zero di Verona, torna titolare e arrivano i gol decisivi per lo scudetto. Il 10 maggio 1987, il primo gol di Napoli-Fiorentina 1-1 lo sigla Andrea Carnevale, che nel frattempo ha saputo reinventarsi attaccante di manovra senza dimenticare il suo vero mestiere: metterla dentro. Se ne ricordò pure contro il Milan in casa e nella trasferta di Como, in cui pareggiò il gol di Giunta. Gol decisivi per lo scudetto. Cambiarsi un po’ per diventare determinante nel momento decisivo. Una scelta vincente per Carnevale, una possibilità per Gabbiadini. Provarci, perché no?