Dopo ventotto partite, 58 gol e un supercannoniere che doppia i suoi secondi e si avvicina alla quota record dei 30 gol che marca la differenza tra un bomber e un fuoriclasse, il Napoli ha ancora qualcosa che non convince fino in fondo gli opinionisti tv. Riassumo alcune delle critiche più ricorrenti. È forte, ma non schiaccia gli avversari e corre qualche rischio in più del dovuto. È bello da vedere, ma molte volte si compiace e non finalizza quanto produce. Ha un tecnico che ha aperto nuovi orizzonti di gioco, ma avete visto che miracolo ha fatto Spalletti? E Mihailovic come è risorto dalle ceneri?
Roba da ridere. O da piangere. Ma è storia vecchia che l’Italia petalosa oltre il Garigliano non accetta che l’italietta gomorrosa (cit.) possa tenere il pallino del gioco del calcio e continua a pensarla come il signor Marchisio il quale con molta onestà ebbe a dichiarare: «Che volete da me io quando me li trovo di fronte vedo rosso». Non vogliamo niente signor Marchisio e abbiamo l’onestà intellettuale di ritenere che alcuni dei rilievi che vengono mossi al Napoli hanno un fondamento di verità. Sarri, tra l’altro, già pretende molto dai suoi ragazzi e il fatto che lo ottenga – con qualche pausa di rendimento che ci sta tutta soprattutto se accompagnata da un pizzico di mala suerte – ci mette tranquilli e ci consente anche di fare spallucce e di applaudire alla lucidità critica di Mario Sconcerti che cointinua a ripetere di aver visto finora più Napoli che Juventus.
Spigolando all’interno di una vittoria che giustamente Max Gallo ha definito all’olandese per la qualità del gioco e la straordinaria capacità di rendere facili anche le cose più difficili, si riescono a trovare risposte che mettono a tacere gli opinionisti, anche quelli teoricamente di fuoco amico come Mauro che, obiettivamente, sa vendere molto bene la sua mercanzia. Anche se, a volte, lascia perplessi per certi giudizi a differenza di Ambrosini che per una vita in campo le ha date e le ha prese e ha imparato ad avere rispetto degli avversari. Ma torniamo a Sarri alla sua linguaccia toscana risciacquata in quel che resta del putrefatto Sebeto. A chi gli ha chiesto se e quali indicazioni attendeva dalla prova della Juventus sul campo di Bergamo, il tecnico che dio ce l’ha dato e guai a chi lo tocca ha così risposto: «Ho la febbre, torno a casa e mi immergo nella visione dei filmati del Palermo. La partita della Juve? Qualcuno mi dirà il risultato e me ne farò una ragione». In realtà, la ragione se l’è già fatta ed è quella di infilare un filotto che superi anche le prossime quattro partite giudicate più abbordabili rispetto a quelle che attendono i bianconeri. Elementare Watson, ma questa è la lezione che Sarri ha impartito alla squadra. E l’ha corazzata anche rispetto alle insinuazioni secondo le quali Gonzalo Higuain si sarebbe rifiutato di salutare il pubblico a fine partita. Puntualmente e clamorosamente smentita, all’istante, dall’allegria genuina che traspariva dalla felicità che esplodeva sul viso del nostro cannoniere. Che poi in cuor suo Gonzalo abbia maledetto quella traversa e almeno altre due occasioni non trasformate, beh mi pare del tutto normale. O no?
Pensierino del mattino. Siamo tutti felici e speranzosi, abbiamo steso la nostra bestia nera e ricaricato le pile, ma, per carità, non dimentichiamoci di Manolo Gabbiadini. Facciamo fatica a vederlo abbandonato sulla panchina e, quando, nell’intervello,lo abbiamo visto correre a bordo campo ci siamo detti: ora gioca. Alleluja. Dopo un attimo, però, lo abbiamo ritrovato nuovamente in veste di spettatore non pagante. Ci dispiace molto e, ne siamo certi, il più amareggiato è proprio Maurizio Sarri. Anche perché la lista per gli Europei non è stata ancora definita e Manolo una speranziella ancora la coltiva. Forza allora, riprendiamoci la scena.