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Il Napoli si è difeso male e ha attaccato poco. Ma non è colpa di Gabbiadini

Il Napoli si è difeso male e ha attaccato poco. Ma non è colpa di Gabbiadini
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Stavolta l’analisi tattica di Napoli-Inter parte da una fotografia, che è quella che abbiamo scelto come apertura. Manolo Gabbiadini stretto tra Murillo e Miranda. La sconfitta del Napoli contro l’Inter, la più giusta e meritata e “brutta” dall’inizio dell’anno, è tutta in questa istantanea.

Perché Inter-Napoli è una partita che comincia col il gol di Icardi, con i ragazzi di Sarri costretti subito a rincorrere e quelli di Mancini a fare quello che gli riesce meglio: dieci uomini dietro la linea della palla. Stop. Nient’altro. Chi scrive, durante il primo tempo, ha visto giocare una squadra di calcio contro un gruppo di persone che avevano l’unico compito di cercare di recuperare la palla e buttarla il più lontano possibile in avanti, sperando nella sponda o nel controllo di Icardi per poter far salire qualcuno in appoggio. Nulla di più, nulla di meno. Più che ogni altro dato, lo dice questo tweet di Opta Paolo, che è il referente italiano per l’azienda di statistiche calcistiche Opta. [wpca_cookie_allow_code level=”1″]

[/wpca_cookie_allow_code][wpca_cookie_allow_code level=”1″][/wpca_cookie_allow_code]Concedere cinque tocchi nella propria area di rigore, in novanta minuti, vuol dire che il Napoli ha giocato una partita praticamente a zero rischi. Facendo una semplice divisione, possiamo dire che l’Inter è entrata nell’area di Reina una volta ogni 9 minuti (il tweet si riferisce al solo primo tempo). E se questa vi sembra una tesi difensiva per la squadra di Sarri, vi sbagliate. È l’esatto contrario: perché se su cinque ingressi in area hai concesso due tiri a tu per tu con il portiere (due gol) più il colpo di testa a botta quasi sicura di Perisic, vuol dire che non riesci ad essere attento negli unici momenti in cui dovevi esserlo. Certo, non è facile essere concentrati una volta ogni nive minuti di media. Ma è così che le grandi squadre vincono i campionati, magari non perdendo o addirittura vincendo partite dove non meriterebbero i tre punti. Chiedere all’Inter, in piccolo, come si fa. O magari alla Juventus, che da questo punto di vista è un docente leggermente migliore.

Il Napoli ha difeso male nei momenti topici, quei pochi in cui l’Inter è riuscita ad alzare di qualche metro il suo baricentro. È una cosa su cui Mancini ha insistito molto nelle dichiarazioni del postpartita, ed è visibile in due momenti. Nell’azione del secondo gol, e in quella immediatamente precedente costruita da Kondogbia e finalizzata dal colpo di testa appena a lato di Perisic. 

Jovetic è venuto indietro a giocare il pallone, il Napoli è scalato tutto a destra secondo il suo classico schema di scivolamento difensivo. L’errore di lettura dei calciatori azzurri è triplo: Albiol esce troppo in alto per cercare l’anticipo sul montenegrino, che difende bene palla e con una finta di corpo mette fuori tempo l’intero dispositivo del pressing; nessuno dei tre centrocampisti riesce a coprire l’avanzata dello spagnolo e magari a chiudere lo spazio centrale e la linea di passaggio in maniera intelligente e soprattutto veloce (il cerchio arancione); e poi Koulibaly è troppo avanzato rispetto a una linea comunque altissima, con Strinic e Hysaj che tengono bene su Perisic e Brozovic. Il francosenegalese ha estremizzato il concetto di fuorigioco, lasciando troppo spazio tra sé e un bravissimo Icardi, che legge alla grande il pallone di Jovetic e scappa in verticale, costringendo Strinic a un tentativo di chiusura estremo e per questo impossibile. Insigne, forse, avrebbe potuto seguire un po’ meglio Brozovic. Ma le colpe del 24 azzurro nascono solo dall’errore generale dell’intero sistema difensivo. 

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Non è molto diverso quello che succede in questa azione. Kondogbia parte palla al piede, sfrutta la sua fisicità ed evita il pressing di Callejon e quello morbido di Insigne. Jorginho non è deciso nella chiusura, e permette al francese di avanzare palla al piede per vie centrali. Icardi, bravissimo, esce dai due centrali e trova una sponda allo stesso tempo bellissima ed elementare. Jovetic, nella sua consueta posizione ibrida tra le linee di difesa e centrocampo di Sarri, è intelligente a spostarsi in una zona non coperta da un Hamsik in ritardo, costringendo Strinic a chiudere al centro. È un attimo: Brozovic è ben appostato, difesa azzurra in inferiorità numerica e cross sul lato debole dello scivolamento azzurro. Perisic impatterà male di testa e la palla finirà fuori. Ma la parte importante dell’azione è questa qui.

Anche perché ci permette di tornare all’apertura, all’immagine di Gabbiadini chuiso tra Murillo e Miranda. Ripetiamolo: il Napoli ha difeso male in alcuni frangenti, quelli importanti, contro una squadra non impostata, almeno inizialmente, per attaccare. Lo dicono i numeri: la squadra di Sarri ha subito due gol, ma ha dati favorevoli per quanto riguarda possesso palla (40%-60%), azioni manovrate (20-35) e parate dei portieri (2-1). Questo è il dato che deve fare più riflettere. Perché Reina non ha colpe specifiche sui gol, eppure ne ha incassati due. Handanovic, in novanta minuti, è intervenuto due volte. Solo due volte. Contro il secondo miglior attacco del campionato. Poco, troppo poco. Il Napoli, questa volta, non ha mostrato una vera fase offensiva. E se l’Inter ha portato in area il pallone cinque volte in una prima frazione in cui realizza due gol, quello che avrebbe dovuto essere il terminale ultimo del Napoli, Manolo Gabbiadini, l’ha fatto 9 volte durante tutta la sua partita. Una sola volta in area. Sotto, il suo mesto campetto posizionale delle palle giocate. Manca solo l’unico tiro, ribattuto. Non è una mancanza grave.

 

Non è colpa di Manolo Gabbiadini, però, se Manolo Gabbiadini deve giocare così. Chiariamo bene questo concetto: Gabbiadini, l’abbiamo scritto più volte, non è il sostituto di Higuain. Non può esserlo. Contro una squadra chiusa a doppia mandata come l’Inter, serviva come il pane un calciatore in grado di venire indietro a giocare il pallone, in modo da stanare i due bravissimi centrali nerazzurri. La mappa appena sopra è emblematica: gli unici palloni che Gabbiadini è riuscito a toccare, neanche a giocare bene, sono quelli lontani dall’area di rigore avversaria. Il resto dei novanta minuti dell’ex doriano sono stati una partita a nascondino. Solo, in mezzo a due calciatori di grande fisicità e attenzione, e che non hanno lesinato neanche i falli quando c’è stato bisogno. Fanno i difensori centrali, ci sta. Non si può e non si deve recriminare su questo, soprattutto quando crei otto occasioni in tutta la partita e gli unici due tiri in porta arrivano da fuori area. 

Il Napoli non ha avuto alcun impatto offensivo. Perché non c’era Higuain, e non è una croce addosso a Gabbiadini. Lo ripeteremo sempre a costo di diventare insopportabili: l’errore, a monte, è stato quello di considerare Manolo come un centravanti di scorta, tra l’altro di uno che ha realizzato 32 gol stagionali. E non andiamo a ripescare la partita col Verona, per favore: troppo deficitari, i gialloblu, per poter rappresentare una testimonianza credibile di un Napoli in salute o di un Gabbiadini a suo agio come prima punta.

C’è qualcosa da salvare? Sì, assolutamente. L’impianto del gioco del Napoli, anche in una serata così, è ben visibile. Nel primo tempo, subito dopo il gol di Icardi e fino al 40simo, il Napoli ha letteralmente dominato la partita. Qualche sbavatura difensiva di cui abbiamo già parlato, ma anche una prestazione di buona vena da parte di Hamsik (88% di pass accuracy, due occasioni create e pure due tackle vinti e due palle recuperate). Non da disprezzare anche Allan, che ha recuperato un po’ della brillantezza perduta nell’ultimo periodo (il tiro in porta che ha impegnato Handanovic, ma anche una chance creata, 3 cross e un buon 88% di passaggi riusciti). Bene applicati in quel frangente anche i concetti di squadra, con palloni giocati prima in orizzontale e poi in verticale per i movimenti a tagliare dentro di Hamsik, Insigne ed Allan, con Callejon molto largo a destra. Tutto, però, fino ai 16 metri. Dopo, è notte fonda. Lo vedi nel campetto qui sotto, che dice che il Napoli ha giocato il pallone nell’area avversaria per il 2,91% delle volte.

Come l’Inter, forse più dell’Inter. Solo, con una grande differenza: i nerazzurri hanno fatto giocare un centravanti, e che centravanti, nella posizione del centravanti (gran partita di Icardi, che ci piace tanto: lo avevamo scritto noi e ce l’aveva detto pure Sheridan Bird). Il Napoli è salito a San Siro con una seconda punta atipica al posto di Higuain. La differenza, al netto di una difesa poco attenta, è tutta lì.

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