La nuova serie di Sky “Mamma Camorra”, ha fatto registrare degli ascolti da Festival di Sanremo. Terminata ieri sera con l’ultima delle cinque puntate, anche in replica ha staccato Montalbano. Girata in segreto a Cinecittà per quattro soldi, sta avendo un ritorno enorme. Per i pochissimi che non l’hanno vista, è la storia di Arena Rosaria: mamma killer che si vede costretta a uccidere dopo che le chiudono la piazza di spaccio e le sparano Pugliese Ciro di anni 21, unico figlio che studiava all’Orientale e aveva anche fatto l’Erasmùs a Londra con tanti sacrifici. Sì, gli sceneggiatori hanno pensato a Vincenzo Cerami e Mario Monicelli di “Un borghese piccolo piccolo” ma facendone una vasciaola grossa grossa, l’ingombro della signora Rosaria è da Bud Spencer più che da Miss Vicolo Speranzella, e ritmo e genere sono più da “Tano da morire” di Roberta Torre che da “Ragazza con la pistola”. A recitare la parte è una Maria Nazionale ingrassata come Robert De Niro di “Toro Scatenato”.
La prima puntata è tutta fatta di lutto, funerali ed elaborazione con scena dell’omicidio (uno scambio di persona) al rallentatore, la musichetta doce doce di Murolo e Scampia piovosa. Nella seconda, c’è il sole, e Arena Rosaria diventa “Mamma Camorra”: ha trovato ‘o killèr di suo figlio Ciro, si è avvicinata e ha chiesto: «Hai mangiato? Hai messo la maglia di lana? Tua madre lo sa che cosa fai?» Poi, avendo avuto come risposta «vafammocca», ma soddisfatta per aver comunque espletato l’inconscia procedura da mamma meridionale (sì, gli sceneggiatori hanno letto Freud), ha sparato in faccia a Fabozzi Francesco di anni 27. Quelli che nella serie si raccontano come ‘o killèr ha raggiunto l’aria dei cardilli non si rendono però conto di aver assistito alla prima scena di una nuova svolta di camorra. I telespettatori sì, e la pubblicità anche. Però solo al secondo omicidio (terza puntata, tempo nuvolo per sfatare i tabù meteo su Napoli), quello dell’altro ragazzo che guidava la moto dell’agguato, Rositano Ferdinando di anni 22, avvenuto con la stessa premurosa attenzione pre-proiettili, i clan si sono riuniti per capire se assumerla o farne un muro del nuovo Cinema di Scampia ‘A Sfogliatella (sì, quello dei soci Nanni Moretti e Gigi D’Alessio). Nella quarta puntata (esce il sole e c’è anche Elvis che canta in sottofondo “It’s now or Never”) un cartello di clan si presenta da “Mamma Camorra” per affiliarla. Rosaria un poco fa la sciantosa, un poco si fa due conti, pensa che dal mercatino rionale può passare a Zara, da Scampia almeno all’Arenella, e la domenica da Scaturchio con le paste oltre a potersi fare l’abbonamento al calcio Napoli. E la quinta puntata (ventosa assaje) si apre con lei che a ripetizione si prende cura di molti giovani napoletani tra Piscinola e Secondigliano, prima di sparargli in faccia (colonna sonora 99Posse rivisitati “Curre curre mamma camò”). Le tre domande sono diventate un tormentone a Napoli (molto più delle precedenti dieci di Repubblica che rifaceva l’Economist), le hanno persino scritte sui muri del Maschio Angioino con riferimento a De Magistris (nella serie è interpretato da Peppe Lanzetta con la barba) e al fratello (che però nella serie non c’è), gesto che ha portato una marea di tweet lamentosi del sindaco e una discussione senza fine che ha favorito il lancio dei gadget di “Mamma Camorra”.
Roberto Saviano si è schierato contro l’indulgenza verso la criminalità «che traspare da ogni scena» e che «una simile inesistente fottuta figura rende amichevole». I due registi, i Manetti Bros, non sono rimasti molto colpiti dall’attacco e hanno dichiarato: «Ma sticazzi». Anche “Il Fatto” ha sprecato pagine e pagine per attaccare la serie che creerebbe «una contiguità culturale capace di favorire l’omertà politico giudiziaria che è già normalità». E Aldo Grasso c’ha visto la banalizzazione del concetto di madre e di camorra oltre che un paio di scene di eccessiva violenza da splatter: «troppo b-movie per la tv». E in molti gli sono andati dietro. Solo Marco Giusti su Dagospia ha difeso la serie, facendo notare le finezze, l’ironia e che i dati non sono cotolette soprattutto davanti a un prodotto culturalmente differente e non omologato. Tutto questo mentre maglie, tazze, leccalecca, la statuina, la pizza, i cappellini, le lenzuola, i preservativi, il gusto gelato di “Mamma Camorra” e la borsa omaggio di Louis Vuitton (nelle due versioni: l’originale e la copia), invadevano Napoli come e più dei tedeschi, a parti inverse, le quattro giornate della critica nulla potevano contro il successo della serie che si faceva realtà.
Maria Nazionale, ormai dimagrita, tiratissima, copertinosa più della Boldrini e pronta per dirigere almeno una corrente di partito se non anche il Senato, era costretta a ingrassare ancora per la seconda serie (acquistata anche dalla Fox), in uno sforzo enorme che ha scatenato interpellanze parlamentari sul maltrattamento degli ex neomelodici e talk show con esperti dei due rami: dietologi e neomelodici. In uno speciale di “Porta a Porta” è intervenuto telefonicamente anche Luigino Giuliano che ha voluto chiarire che farà causa a Sky e alla serie non per soldi ma solo perché voleva nei titoli di testa “da una idea del boss Giuliano” e «non si è fatto perché un camorrista non può firmare un soggetto mentre una legge sì», e poi incalzato da Bruno Vespa su Sarri ha aggiunto «don Maurì voi calcisticamente io ve lo giuro sarebbe ‘no santo e comunque Higuain non vale Maradona». Qualche ora dopo lo sceicco del Paris Saint Germain – Nasser Al-Khelaifi – inoltrava ai clan formale richiesta per l’acquisto di “Mamma Camorra”.
tratto da mexicanjournalist.wordpress.com