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I dettagli che hanno fatto perdere la partita al Napoli

I dettagli che hanno fatto perdere la partita al Napoli

Cominciamo dalla fine che è il momento più brutto ma anche più indicativo. Perché il gol di Nainggolan nasce dalla solita difficoltà del Napoli quando gli avversari aprono il gioco cambiando fascia e da una serie di letture sbagliate, di Koulibaly, Hamsik, Insigne e Ghoulam. Il Napoli – siamo anche all’88esimo – scivola molto lentamente da destra a sinistra e lascia il tempo a Maicon di controllare e a Salah di venirlo ad appoggiare. Primo errore: mancato pressing veloce sul brasiliano e quindi difficoltà per Koulibaly nell’alzarsi su Salah e poi nel dover chiudere, per primo, sul brasiliano. Insigne è fermo sulle gambe, non va a infastidire nessuno nonostante la superiorità numerica in quella zona; Ghoulam e Hamsik sono statici, non riescono a leggere un solo movimento e Totti indovina il corridoio in area per Pjanic. Napoli che ad inizio azione tiene anche bene la linea, riesce ad essere alto, ma poi perde completamente lucidità quando viene attaccato alle spalle dal pallonetto del capitano giallorosso. Dopo, la Roma sfrutta la maggiore capacità di palleggio di tutti i suoi calciatori, fa muovere la difesa all’interno della sua area e libera al tiro quello meno dotato da questo punto di vista, Radja Nainggolan, ben appostato al limite dell’area. Che non sbaglia. 

È un gol balordo ma meritato. Non per la Roma, ma per la mancanza di concentrazione in quella che è probabilmente l’unica disattenzione difensiva del Napoli nella totalità dei novanta minuti. Come a Torino, col gol di Zaza che è la stessa identica situazione: gli azzurri pagano la scarsa lucidità e l’assenza di garra difensiva nel momento decisivo della partita. Si potrebbe equiparare questo episodio con quello di Evra in Bayern-Juventus. Anzi, facciamolo: Juventus a Monaco come il Napoli ieri a Roma, difesa quasi perfetta per tutta la partita e risultato condotto in porto senza nemmeno soffrire troppo. Poi, eccessiva fiducia in un momento di spinta avversaria (Evra in sé stesso con una sanguinosa uscita palla al piede, Napoli tutto in un dispositivo difensivo che non aveva concesso niente alla Roma), stanchezza mentale e bravura degli avversari: gol, frittata fatta e partita buttata nonostante una grande prestazione. 

La cura dei dettagli, quando affronti squadre che sono più forti o hanno valori simili, diventa fondamentale. E Sarri e i suoi, ieri, sono mancati in questo. Come a Torino, come a Villarreal. Le tre partite più importanti della stagione sono state perse tutte allo stesso modo. E non può essere un caso, non deve passare inosservato. Così come, però e d’altro canto, bisogna sottolineare ancora la prestazione di ottimo livello di un Napoli che, al netto dei cantori di una crisi che pare irreversibile e gravissima, ha messo insieme gli stessi identici punti rispetto al girone d’andata. Come non è un caso quello delle tre sconfitte, non lo è neanche questo. Il Napoli non è cambiato molto, ha giocato come sempre contro una squadra dai valori molto alti, soprattutto nella capacità di giocare la palla: tanto che tutte le stats della partita sono dalla parte degli azzurri (7 occasioni a 2, 9 tiri a 4, 5 parate di Szczesny e una di Reina), mentre il possesso palla è in sostanziale equilibrio (48% a 52%).

Vuol dire che la squadra di Sarri ha ancora una volta offerto una prestazione positiva (a differenza di quanto avvenuto a Bologna, Udine e Milano sponda Inter), solo che ha affrontato una squadra di pari livello che ha saputo contenerla e ha avuto fino alla fine la possibilità di provare a vincerla. Giocando “sul” Napoli, però, come confessato da Spalletti: «Abbiamo rubato questa vittoria centimetro per centimetro, provando a fermare una grande squadra». Un attestato di stima, ma anche una verità. Solo che la Roma è forte, e ha saputo soffrire pur nell’ambito di una partita equilibrata dal punto di vista del baricentro, un dato sempre indicativo. Sotto, nel campetto, la quasi parità di posizioni in campo tra le due squadre (49,5 m la Roma, 52 m il Napoli) e la maggior compattezza romanista (22 m di lunghezza media per i giallorossi, 30 m per gli azzurri). Come dire: Roma fortunata, sicuramente, a trovare le parate di Szczesny e il gol a tempo quasi scaduto. Ma anche brava a saper rimanere umile e stare in campo in funzione di un avversario che, in linea generale, gioca meglio a calcio.

A differenza del solito, gran parte delle occasioni costruite ieri dal Napoli sono nate da azioni per via centrale. Soprattutto nel secondo tempo, infatti, la Roma ha sofferto molto la palla giocata tra le sue linee di difesa e centrocampo, alla ricerca di Hamsik o di Higuain temporaneamente retrocesso nella posizione di trequartista e regista offensivo. A riprova di ciò, il fatto che tutti i 16 cross tentati dal Napoli durante la partita sono falliti, e che comunque la squadra azzurra sia riuscita a tirare cinque volte verso la porta di Szczesny. Un altro dato a supporto di una gara più verticale e meno in ampiezza del Napoli è dato dalla heatmap di Dries Mertens, schierato al posto di Insigne. Il fantasista belga, soprattutto nel primo tempo, ha lavorato molto poco sulla fascia mancina e si è fatto trovare tantissimo in zona centrale, con Higuain spesso largo a sostituirlo nella zona di sinistra. Il belga ha giocato una partita intermittente, buona nei concetti tattici ma poco efficace dal punto di vista strettamente tecnico. L’unico passaggio chiave riuscito, infatti, parte proprio dalla zona di centro sinistra e dirige la palla verso la fascia. Per il resto, molti appoggi sbagliati (62% di pass accuracy, il peggior dato della squadra) e il record di palle perse (9). Sotto, nelle due immagini, la heatmap del belga e tutti i passaggi della sua partita (in verde quelli riusciti, in giallo l’unico tocco chiave e in rosso quelli errati).

Al di là di questa variante, Napoli simile a sé stesso. Solo, come detto, limitato nel possesso da una squadra capace di tenere il pallone per molto più tempo rispetto a gran parte delle squadre del campionato di Serie A (terzo posto in classifica generale dopo Napoli e Fiorentina). Per il resto, solita propensione nello sviluppo del gioco a sinistra (36% delle azioni) e attraverso azioni manovrate (19 pre gli azzurri, 10 per i giallorossi). Nel giudizio dei singoli (oltre a Mertens), da segnalare un Hamsik molto impreciso in fase di possesso (7 palle perse, 73% di pass accuracy) e assente in fase di interdizione (nessuna palla recuperata e 3 interventi difensivi a togliere il possesso alla Roma in tutti i 90 minuti). Qui, il raffronto col suo dirimpettaio giallorosso Pjanic si fa eloquente: 8 infatti, i palloni recuperati dal bosniaco, che Spalletti sta reinventando mezzala completa. Da segnalare, di converso, la solita ottima prova di Koulibaly (8 palle recuperate, miglior prestazione sui 22 in campo insieme a Pjanic) e 85 palloni giocati con una pass accuracy dell’88%. Per i giallorossi, importante prestazione difensiva di Perotti, che ha seguito come un angelo custode Jorginho: l’ex genoano ha limitato il numero di palle gestite dall’italobrasiliano (solo 68, terzo dopo Albiol a 91 e koulibaly) e ha saputo anche adoperarsi nella fase di cucitura, da vero e proprio falso nueve. Sotto, la sua heatmap, a tutto campo. E ben lontano dall’area di rigore del Napoli, al di là della zona rossa sulle bandierine dei corner, tutti battuti da lui. Sembrano dettagli. Esattamente quelli che ti fanno vincere le partite.


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